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18/05/2018

Governo 5 stelle-Lega: il falò delle vanità

Merita usare il titolo del romanzo più conosciuto del grande Tom Wolfe, che ci ha raccontato nel 1987 uno spaccato di Stati Uniti nell’anno della prima grande caduta di Wall Street dal ’29. Uno spaccato che ci ha rivelato poi un mondo a venire. Il falò delle vanità si adatta bene ad un eventuale nuovo governo leghista-pentastellato. Già perché se l’indirizzo di governo è quello che emerge in questi giorni – tra dichiarazioni ufficiali e rivelazioni una generazione, nuova, di ceto politico sta velocemente mettendo al rogo il proprio patrimonio di consenso politico così velocemente conquistato. 

Certo, si tratta di un falò delle vanità – dello status, dei simboli del potere che si candida ad essere accelerato e doloroso. O, in alternativa, doloroso con lentezza. Ma, in ogni caso, il falò è certo. Si tratta di capire solo quando sarà acceso il cerino. E quali effetti avranno i suoi bagliori sulla società italiana.

Perché? Per due motivi opposti ma dall’esito simile: se il governo leghista-pentastellato nasce e si fa condizionare dall’“Europa” finisce soffocato dall’abbraccio mortale di Bruxelles, Berlino, Francoforte etc. Se invece entra in conflitto con l’ “Europa” finisce umiliato dalle forze preponderanti del mainstream finanziario e politico. In ogni caso, quindi, si tratta di un governo destinato a perdere consenso perché connivente con l’Europa o sotto attacco del mondo. Verrebbe da dire che lo schieramento leghista-pentastellato non ha assimilato bene le, peraltro difficili da digerire, lezioni della breve esperienza di governo Tsipras-Varoufakis. Se non fosse che queste esperienze dovevano esser assimilate da una sinistra che, invece, le ha semplicemente rimosse. Resta poi il dettaglio dell’effetto, sul tenore di vita delle popolazioni, del rapporto critico, che si annuncia, tra governo nazionale e governance europea. Cosa accadrà è intuibile: ogni dettaglio sul peggioramento delle condizioni di vita della popolazione in questa incertezza verrà mediaticamente brandito come la prova provata della legittimità politica di questo o quel comportamento da parte di questa o quella fazione in campo.

Ma cosa è cambiato da quando, circa due mesi fa abbiamo scritto che un governo 5 Stelle-Lega avrebbe importato la guerra finanziaria nel nostro paese?

Il semplice dettaglio che siamo passati dalla teoria alla pratica. E’ bastata la pubblicazione di una bozza della possibile intesa tra 5 stelle e Lega che il giorno dopo la borsa di Milano ha lasciato sul campo oltre il 2% in un giorno, perdendo specie nei titoli bancari che dipendono comunque molto dalle scelte dei governi, “guadagnando” 150 punti di spread dai bund tedeschi (e quindi la possibilità di aumentare il debito pubblico).

Ora, intendiamoci, Milano quest’anno è andata bene, qualche perdita ci può stare, e 150 punti di spread non sono moltissimi. Ci sono dinamiche di salvataggio dei bond nazionali, attuabili da Francoforte, che nella crisi dello spread del 2011 non c’erano. E, per le tensioni che si sono accumulate sull’Italia, come hanno detto diversi analisti, in fondo è andata bene. Ma è la dinamica che si è innestata in questi giorni che è da mettere sotto osservazione. Intendendosi, prima di tutto, su un concetto. Quello di guerra finanziaria. Si tratta un conflitto, che si basa sull’uso aggressivo delle dinamiche di compravendita di azioni ed obbligazioni, per mettere in difficoltà uno stato e per trarre seri profitti dalle difficoltà del suo debito, del suo sistema bancario o di quello delle imprese. La guerra finanziaria può essere mossa da alcuni stati contro altri, vedi l’attacco al rublo del 2014, da grandi corporation finanziarie contro stati in difficoltà, vedi la crisi europea del debito sovrano, oppure da una miscela tra i due soggetti. Gli effetti collaterali di questa guerra toccano direttamente la società, l’economia, ciò che rimane dello stato sociale.

La guerra finanziaria non avviene mai per caso, ci sono delle debolezze strutturali che un paese mostra che finiscono per attrarla. Debolezze che mostrano che lo stato in questione può, o deve, essere finanziariamente messo in condizioni di criticità o per motivi strettamente politici o di vera speculazione.

Nel caso dell’alleanza 5 stelle-Lega la guerra finanziaria si può attrarre sia per condizionare l’Italia riportandola nelle regole della governance Ue oppure perché i fondi speculativi hanno trovano un bersaglio che, una volta colpito, genera uova d’oro. Perché il capitale non perdona i figli più deboli, alto debito, crescita bassa, bilancio dello stato messo in forse dalle politiche possibili del governo del “cambiamento”: si addensano molte delle condizioni di attacco. Diversi analisti dicono che, rispetto al 2011, l’Europa è strutturalmente più forte. Possibile, ma non l’Italia che dal 2014 a oggi, in termini di ripresa, ha fatto meglio solo della Grecia. E se la “crescita” globale allenta i rischi, un paese cosi’ debole, ne intravede al proprio orizzonte.

La pubblicazione a mezzo stampa della bozza d’intesa di governo è un benchmark per capire che, così procedendo, per ora si sta porgendo il fianco a entrambe le possibilità. Quelle dell’attacco istituzionale e quelle delle dinamiche di predazione del mercato finanziario. Perché si chiede l’applicazione delle regole europee per la sterilizzazione del debito pubblico, 250 miliardi, che non ci sono (anche quelle una intervista a Borghi che rettificava il documento sono scritte tutte sulla sabbia) perché i rumors sul referendum consultivo sull’uscita dall’euro sono, contestualmente, pericolosi per un paese che ha bisogno di trovare 400 miliardi l’anno di debito pubblico da rifinanziare ogni anno. E hai voglia di spararla e poi minimizzare: come si è visto, alla prima tensione mediatica su governance europea e euro, l’Italia brucia miliardi in borsa e potenzialmente alimenta debito pubblico con l’allargarsi dello spread. Poi su chi ha fatto questo danno, sparando missili fatti di disinvestimento, la discussione è aperta.

Ed è questa dinamica, che rivedremo in caso di governo leghista-pentastellato, che è destinata a ripetersi nel futuro. A volte in modo più drammatico. Ed è lo ribadiamo, questa dinamica che passa tra il comportamento del governo, le risposte della governance europea, l’infiammarsi dei conflitti finanziari che comporrà il falò delle vanità, e delle conseguenti aspirazioni, di questo ceto politico che si candida a classe dirigente. Ceto che finirà per bruciarsi in questo gioco. Le sparate di Borghi, economista vicino a Salvini, sui mercati che disinvestono in Italia perché “non capiscono nulla di economia” finiranno per essere pagate care e tutte. Naturalmente cercheranno poi di compensare questa potenziale perdita di consensi con un martellamento mediatico fatto di immagini e spot che andranno a colpire inesorabilmente i più disperati con un contorno di qualche tonnellata di retorica su ordine e legalità.

Certo, una buona parte della popolazione italiana subirà questa situazione. E’ già accaduto nel 2008, poi con la crisi del debito sovrano. Accadrà di nuovo fino a quando le sinistre vedranno la realtà come un qualcosa che vola via, velocissimo, inafferrabile, incomprensibile. Balbettando formule deboli, logore e inadeguate.

Redazione, 17 maggio 2018


Quando si parla e si vuole organizzare una raccolta firme per una legge d'iniziativa popolare che renda possibile l'indizione di un referendum consultivo sull'UE e l'Euro bisognerebbe tener da conto il discorso dei compagni livornesi, in Italia per il momento gli unici a battere e dedicarsi alla questione del braccio armato finanziario, di come viene esercitato e come si muove

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