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16/05/2018

Europa, utili idioti e idioti inutili

Dopo innumerevoli tentennamenti, ipotesi di governi tecnici o di ritorno alle urne è tornata in auge la carta di un governo 5Stelle – Lega. Le due formazioni sono impegnate, ormai da alcuni giorni, in estenuanti trattative. Lo spettacolo offerto è grottesco ed imbarazzante e con il passare delle ore aumenta lo scetticismo su di un eventuale sbocco positivo di queste negoziazioni. Nel momento di maggiori difficoltà, tuttavia, arriva una insospettabile cavalleria a dare nuova linfa a 5Stelle e Lega: le istituzioni europee tuonano contro la minaccia che questi due partiti rappresenterebbero per la stabilità del sistema e per la sicurezza dei conti pubblici. Sembra quasi di assistere ad un gioco delle parti: è esattamente grazie a questo tipo di interventi e prese di posizione che partiti come 5stelle e Lega (e varie destre estreme in giro per l’Europa) acquistano credibilità agli occhi dell’elettorato, venendo presentati artificiosamente come alternativi ad un sistema di relazioni di potere ed economiche, giustamente percepite come ingiuste ed inique dalle popolazioni europee.

Artificiosamente, dicevamo, perché 5Stelle e Lega sono due partiti che, in modo simile e diverso, rispecchiano perfettamente il paradigma della falsa alternativa. Presentati entrambi come populisti, agitatori di popolo, anti-sistema, sono forze in verità del tutto integrate nel sistema che a parole minacciano, con più o meno prosopopea a seconda delle circostanze.

Non si discute qui di certo della totale e ovvia assenza di una critica coerente al sistema economico capitalistico in generale. Si tratta di una semplice ovvietà, essendo la Lega e i 5Stelle da sempre esplicitamente favorevoli al libero dispiegarsi del mercato e dei rapporti di potere espressi dal capitalismo. Si discute invece dell’esistenza o meno di margini superficiali di critica all’assetto attuale del capitalismo, nel contesto brutale e opprimente delle politiche europee di austerità. Su questo punto, infatti, potrebbe apparire, ad una lettura superficiale, che i due partiti abbiano almeno un potenziale di critica, seppur debole, in grado di far paura al sistema di potere che fa capo alla Commissione Europea e che esprime chiaramente oggi uno dei peggiori attacchi alle condizioni di vita delle classi subalterne avvenuti negli ultimi 70 anni.

La Lega salviniana, piuttosto diversa dalla vecchia Lega secessionista della mera protesta antifiscale e antistatalista, è, ormai dagli anni del governo Monti, portavoce di un progetto del tutto simile a quello lepenista in Francia. Quello cioè di un capitalismo liberista nazionale meno stritolato dal vincolo esterno, a parole più incline a fare uso di spesa in deficit al bisogno, favorevole ad un moderato protezionismo a tutela del mondo delle medie e grandi imprese non esclusivamente esportatrici. Solo in questa misura la Lega (come i frontisti in Francia) è morbidamente critica verso il progetto europeo. Basterebbe un pizzico di flessibilità di bilancio e qualche norma più restrittiva sui flussi migratori per far tornare la Lega un partito euro-entusiasta, come del resto è sempre stata nella sua storia. In tema di liberismo economico e fiscale, riforme del lavoro e dello stato sociale, infatti, l’impostazione ultra-liberista europea non sembra certo infastidire il Carroccio. Non dimentichiamo che la Lega, dentro i governi di centro-destra, ha votato tutte le controriforme sociali varate dalla metà degli anni '90 al 2011. La Lega, insomma, incarna un semplice tentativo di alleggerire l’austerità a favore del capitale industriale, alla ricerca di un compromesso tra esigenze vitali del capitalismo produttivo interno in crisi profonda e sostanziale accettazione del contesto di deregolamentazione finanziaria promosso dal capitale finanziario internazionale. Se il suo blocco sociale è costituito oggi dalla somma tra piccoli imprenditori e parte del mondo del lavoro in crisi di identità, devastata dalla crisi e alla ricerca di protezione sociale dai meccanismi distruttivi della globalizzazione, in realtà il suo referente effettivo è il grande capitale industriale insofferente verso un eccesso di austerità fanatica, ma entusiasta nel definire un nuovo contesto meno rigido di attacco alle classi subalterne nel loro insieme.

Il sostegno a riforme come la Flat Tax dimostra chiaramente qual è l’idea di società e di conflitto distributivo della Lega di Salvini. Una Flat Tax che, tra le altre cose, sembra uno strumento perfetto per fare concorrenza al ribasso in un contesto di libera circolazione dei capitali, quale è l’Unione Europea.

Per quanto riguarda i 5Stelle, è bene ricordare come, al di là delle dichiarazioni di facciata, siano convinti sostenitori del progetto di austerità europea e perfettamente compatibili con la stretta sui conti pubblici che soffoca gran parte dei paesi europei. Ogni misura espansiva, nel loro programma, è accompagnata da tagli di egual misura alla spesa pubblica, come il dibattito su clausole di salvaguardia ed IVA ci ha mostrato.

Se la situazione non fosse seria, farebbero ridere anche le roboanti dichiarazioni, di cui 5Stelle e Lega si sono affrettati a riempirsi la bocca dopo le ingerenze di eurocrati vari, in merito alla necessità di rivedere i Trattati Europei. Non ci vuole molto acume per capire che sono semplicemente dichiarazioni di facciata. Un eventuale governo giallo-verde non ha nessun margine di trattativa, nessuna possibilità reale ma soprattutto nessuna volontà di strappare alcunché, al di fuori di un po’ di pubblicità da parte del Financial Times o di Repubblica. Nel momento stesso in cui i due partiti mettono nero su bianco che non hanno e non avranno nessuna intenzione di mettere in discussione la moneta unica, nel momento stesso in cui si tessono le lodi della spending review diventa chiaro che ogni proposta di 5Stelle e Lega può essere iscritta, senza particolari problemi, dentro una cornice di compatibilità con l’attuale assetto europeo.

In questo meraviglioso gioco delle parti, 5Stelle e Lega sembrano in realtà avere soltanto un ruolo da recitare, quello di spauracchio da agitare per turbare i sonni dei benpensanti e rinfocolare uno spento sentimento europeista nell’elettorato italiano, spaventato dalla calata dei barbari. È per questo che 5Stelle e Lega sono del tutto strumentali al mantenimento dello status quo. Da un lato, contribuiscono ad incanalare in maniera innocua il disagio espresso dal blocco sociale subalterno. Dall’altro, sono funzionali al mantenimento della centralità e del protagonismo dei partiti dell’austerità liberista tradizionali (PD, centro-destra in Italia), i quali possono usare lo spauracchio dei barbari per crearsi una nuova credibilità e verginità politica. Il fatto che poi questo ruolo venga impersonato, soprattutto dal PD, ergendosi di nuovo a difensori dell’austerità e della responsabilità, dalla difesa della Legge Fornero in giù, la dice molto lunga sull’inutilità e la pericolosità anche di questi soggetti.

Il vero problema dell’Italia oggi non è lo stallo politico in sé, un semplice e salutare ritardo nell’applicazione delle politiche di macelleria sociale che ci chiede – con sempre maggiore insistenza – l’Europa. Il problema è che questo stallo è popolato da pagliacci che non hanno alcuna volontà politica di cambiare l’esistente. La Casaleggio Associati può arruolare i migliori notai in circolazione e può far redigere loro un contratto articolatissimo per ammaestrare il prossimo Governo e la sua maggioranza, la Lega può apparecchiare i suoi gazebo a Milano, ma nessun espediente tecnico-amministrativo può sostituire la volontà politica di rottura, che non c’è. Lega e 5Stelle hanno due possibilità: o non faranno niente, e si tornerà all’opzione del governo tecnico di Mattarella, o faranno il niente, amministrando l’Italia per conto delle istituzioni europee come i loro predecessori, a dispetto delle fanfare con cui sono arrivati al governo. Un eventuale Governo 5Stelle-Lega nasce sotto il segno dell’austerità, e non ha alcuna intenzione di lottare per deviare il corso della storia; nessun accordo notarile può sostituire una battaglia politica contro quelle istituzioni europee che, governo dopo governo, stanno abbattendo il modello sociale europeo ed imponendo un sistema economico fondato sullo sfruttamento e la disuguaglianza.

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