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21/02/2017

Ancora privatizzazioni in Russia

Secondo l'agenzia riafan.ru, nel 2016 in Russia sono aumentate le vendite di auto di lusso. In testa le Bentley (+150% rispetto al 2015), seguite da Rolls-Royce (pur con un -26% rispetto al 2015), Maserati, Ferrari, Lamborghini e, in ultimo, Aston Martin. Questa era una notizia del 20 febbraio; una decina di giorni prima Interfax titolava che i russi, negli ultimissimi anni, sono passati da carne e pesce a patate e zucche. Il fenomeno pare si spieghi con una maggiore attenzione, più che alle diete, al portafoglio, per l'aumento dei prezzi e la diminuzione dei redditi reali. Il Comitato statale per le statistiche (Rosstat) calcola, tra il 2013 e il 2015, una diminuzione media ad abitante di 2 kg di carne, 5 kg di pesce e 9 kg di latticini, e un aumento di 1 kg di ortaggi consumati (112 kg); ciò, a fronte di una diminuzione dei redditi reali nel 2016 di circa l'8%, con un salario medio mensile di 34mila rubli, che in alcune regioni e per alcune professioni (insegnanti, ad esempio) precipita a meno di 8mila: vale a dire, circa 32 anni di stipendio medio per l'acquisto di una Rolls-Royce Phantom di seconda mano del 2008, quotata a Mosca sui 13 milioni di rubli.

Fortunatamente, dal 1 febbraio sono aumentati del 5,4% (pari all'inflazione del 2015) gli assegni dei pensionati non più occupati: oltre 31 milioni di persone, che ricevono ora una pensione media di 13.620 rubli, cioè 467 rubli annuali in più rispetto al 2015. Dal 1 febbraio, la misura riguarda anche 15 milioni di invalidi, veterani di vari conflitti, persone esposte a radiazioni, eroi dell'Unione Sovietica, della Russia e del Lavoro socialista, ecc. In generale, l'indicizzazione peserebbe per 21,3 miliardi di rubli sulle casse dello stato, con un esborso complessivo di 451 miliardi.

Il rovescio della medaglia, è il progetto di innalzamento dell'età pensionabile: secondo le Izvestija, il governo avrebbe deciso la “riforma” per il 2018 e starebbe discutendo varianti e parametri; si parla di 63 anni per uomini e donne, o, in alternativa, di 63 anni per le donne (oggi 55 anni) e 65 per gli uomini (oggi 60). Difficile dire quale effetto avrà il mutamento sulla pensionata della regione di Ivanovo (circa 350 km a nordest di Mosca) condannata a un anno con la condizionale per aver rubato alla propria vicina ketchup, zucchero, due scatolette di carne, un pacco di pasta, tè e biscotti, per una somma di 630 rubli. All'anziana, con una pensione di 7.300 rubli, tolte le rate per il frigorifero e i conti di acqua, luce e gas, rimanevano appena mille rubli per mangiare; ma pare che i giudici siano stati irremovibili, nonostante la “vittima” non avanzasse pretese.

E' così che Irina Badmaeva, su Moskovskij Komsomolets, a proposito del congelamento dal 2014 dei fondi accumulati per la pensione, parla di “furto ai danni dei pensionati”, con “lo stato che gestisce il racket”. In pratica, di fronte al forte deficit di bilancio, dato in primo luogo dalla caduta dei prezzi dei prodotti energetici, si stanno pagando le pensioni attuali attingendo dal fondo dei futuri pensionati. In questo modo, lo scorso anno il governo avrebbe risparmiato 342 miliardi di rubli e, dal fondo pensioni, dal 2014 sarebbero già stati prelevati un trilione e mezzo di rubli. Per ora, è stato deciso di continuare il congelamento fino al 2019, con le imprese che verseranno il 22% al fondo e il lavoratore che però, nei piani governativi, dovrà preoccuparsi di un proprio fondo individuale, fino al 6% del salario.

Così, nella frenesia di far cassa, osserva radioslovo.ru, vicino al PC di Gennadyj Zjuganov, si selezionano uscite e entrate con criteri a dir poco discutibili. La Duma della regione di Sakhalin ha stabilito di realizzare gli edifici federali destinati a Guardia nazionale e Distretto militare (280 milioni), sottraendo fondi locali destinati alla ristrutturazione del Centro di riabilitazione infantile e all'eliminazione dei doppi turni scolastici a Korsakov, nonché al funzionamento del riscaldamento centrale di Ilinsk, mentre nella regione mancano reparti chirurgici e centri oncologici infantili.

Ma intanto “si vendono all'incanto e al ribasso aziende strategiche, con la minaccia di distruggere il paese”, scrive radioslovo.ru, in riferimento al piano di privatizzazioni 2017-2019, che comprende 477 società per azioni, 298 imprese federali, quote statali in una decina di società e altre 1.041 diverse proprietà statali. Tra queste, quote nei principali porti e nelle più grosse compagnie marittime (“Sovkomflot”), consorzi agrari che controllano decine di imprese, industrie di metalli preziosi e diamanti (“Alros”), banche, ferrovie e poste. Secondo l'ufficiale Rossijskaja Gazeta, già un anno fa l'ex Ministro (ora agli arresti) per lo sviluppo economico, Aleksej Uljukaev, aveva discusso con l'ambasciatore USA a Mosca l'aumento della partecipazione di banche americane alle privatizzazioni russe. Già nel 2010 era stato stilato l'elenco delle banche intermediarie (Credit Suisse, Deutsche Bank, JP Morgan, Goldman Sachs, ecc.) e a fine 2016 il Ministero delle finanze ha avanzato la possibilità di mantenere quote anche inferiori al 50%+1 delle azioni, scendendo fino al 25%+1. Ancora lo scorso 17 gennaio, il nuovo Ministro per lo sviluppo economico Maksim Oreškin dichiarava al Financial Times che la concorrenza di cui sono capaci le grosse imprese di stato russe, è più importante per il paese della loro privatizzazione. Ma, appena due settimane dopo, si decideva la privatizzazione appunto di alcune imprese leader mondiali nel proprio settore: per intascare 1 miliardo di dollari oggi, nota radioslovo.ru, se ne perderanno 10 tra qualche anno, ricordando come già ora, in alcuni settori economici, la quota di capitale straniero superi il 50%.

Di “svendita” di ricchezze nazionali, a proposito della nuova “ondata” di privatizzazioni, parla anche Valentin Katasonov su Svobodnaja Pressa, notando come le stime ufficiali per gli oltre 1.800 obiettivi da privatizzare prefigurino un introito, in tre anni, di circa 17 miliardi di rubli: poco più di 9 milioni l'uno – il costo di un modestissimo appartamentino a Mosca. Le voci di uscita nel solo bilancio 2017 sono di 16.241 miliardi di dollari; quelle di entrata dalle privatizzazioni, di 5,8 miliardi di rubli, cioè circa 100 milioni $, pari al 0,03% delle uscite: meno dei profitti annuali di singole aziende da privatizzare. I profitti della “Sovkomflot” (su cui il 100% di controllo statale precipiterà al 25%+1 azione) nel 2015, ad esempio, sono stati di 400 milioni di $; quelli di “Alros” (¼ dell'estrazione mondiale di diamanti) di 3 miliardi di $ solo nella prima metà del 2016: “il governo è pronto a dar via la gallina dalle uova d'oro praticamente gratis”, scrive Katasonov, ricordando come “nemmeno le banditesche privatizzazioni dei malvagi anni '90 avessero visto” simili passi e come, sicuramente “si sia già formata una lunga coda di beneficiari a cui sono stati promessi grossi pezzi di proprietà statali”.

Se gli ambienti liberali del governo gridano al “pericolo statale” giurando che nel 2005 il settore pubblico contribuiva al 35% del PIL, mentre nel 2015 sarebbe arrivato al 70%, lo stesso Ministero per lo sviluppo economico parla di non più del 50%. Su circa 5 milioni di imprese in Russia, meno del 7% sono di proprietà pubblica; a inizio anni '90, prima delle privatizzazioni di Čubajs, il settore statale contava oltre il 90% delle imprese, sceso al 25% intorno al 2000, al 19% al 2010 e a circa il 18% oggi. Dunque, il 18% delle imprese (settore pubblico) contribuirebbe come minimo al 50% del PIL, mentre il restante 80% (settore privato) all'altro 50%: la conclusione, scrive Katasonov, è che il settore privato non è efficiente e la Russia ha perciò bisogno non delle privatizzazioni, ma delle nazionalizzazioni. E se la vice premier Olga Golodets propone di sanare il bilancio introducendo un'Irpef progressiva trova la “ferma opposizione” del primo ministro Dmitrij Medvedev: sembra che “l'attuale governo rappresenti gli interessi del capitale oligarchico”, conclude Katasonov.

Si tratta non a caso di quello stesso governo Medvedev, ricorda ancora radioslovo.ru, che nel frattempo, con un decreto del 10 febbraio, ha ridotto di quasi un terzo (12 miliardi di rubli nel triennio 2017-2019) i finanziamenti agli istituti di istruzione superiore, dopo che, pochi giorni prima, aveva ridotto di 25 miliardi (tra il 2017 e il 2025) quelli destinati al settore scientifico-tecnologico, mentre calano di anno in anno i finanziamenti alla sanità. In tal modo, scrive radioslovo.ru facendo un tutt'uno dei gabinetti liberali dall'epoca di Eltsin in poi, il “potere liberale del governo Gajdar-Kasjanov-Kudrin-Medvedev taglia gli investimenti nel capitale umano della nostra Patria” e continua “ad acquistare buoni del tesoro americano e dollari della Federal Reserve non coperti dall'oro, mentre priva di "sangue" finanziario il settore reale dell'economia russa”.

E' in questo quadro, scrive Sovetskaja Rossija, che la società New World Wealth pone la Russia al primo posto, tra le maggiori economie mondiali, con il più alto grado di disuguaglianza sociale: il 10% dei russi, con redditi e dividendi miliardari, detiene il 90% della ricchezza nazionale, pagando un'imposta sul reddito delle persone fisiche identica (13%, contro una media europea del 37%) a quella pagata da quei 5 milioni di persone che percepiscono salari di 7.500 rubli. Nella maggior parte dei paesi, scrive Ljubov Bukatina, l'imposta sul reddito costituisce circa il 50% dei gettiti di bilancio; in USA, circa il 40% e, di questo, l'80% è dato dal 20% dei cittadini più ricchi, mentre in Russia, secondo il Tesoro, l'Irpef (uguale per tutti) rappresenta appena il 10,5% del bilancio consolidato. E così, per far fronte al deficit di bilancio, non si innalzano le tasse sui ricchi, ma si taglia su pensioni, sussidi di invalidità, agevolazioni sulle tariffe comunali alle categorie disagiate. E con lo stesso “obiettivo”, come scrive Maja Mamedova su Svobodnaja Pressa, si “ottimizza” il servizio sanitario riducendo di oltre 4 volte i finanziamenti e tagliando posti letto e personale medico, così che oltre 17mila comuni e villaggi sono rimasti privi di infrastrutture mediche, mentre si costringe la popolazione a rivolgersi al settore privato, rendendo a pagamento i farmaci prima gratuiti: la Corte dei conti ha registrato un 25% annuale di aumento nelle prestazioni a pagamento.

Lo “specchio ideologico” di tale situazione sociale è quello che Pavel Gortakov, su rusvesna.su chiama il “pomo della discordia” rappresentato dal Centro Eltisn di Ekaterinburg che, con la sua attività di mostre dedicate a generali bianchi, “master class” sulle attività dei leader liberali, ecc. è diventato uno dei perni della “guerra ibrida” ideologica USA contro il patrimonio sovietico della Russia, fianco a fianco con il museo statunitense sulle “repressioni staliniane”, quello sul “golodomor” in Ucraina o sulla “occupazione” in Georgia. Il Centro Eltsin, scrive rusvesna.su, dietro la spinta USA, è chiamato a mostrare un Boris Nikolaevič “quale "liberatore" e non una semplice pedina di passaggio nel "Grande Gioco" per far crollare prima l'Unione Sovietica e poi la Russia”. Al Centro, cui vengono quotidianamente condotte scolaresche un po' da tutta la Russia, sono adottate praticamente “tutte le possibili forme di falsificazione, disinformazione, demonizzazione, tutte le tecnologie psicologiche, storiche e sociali” che, senza una seria informazione da parte di centri culturali statali, minacciano di trasformare quelle scolaresche “in prossimi adepti di majdan”.

Qual è l'autentico ruolo svolto da Eltsin nella nostra storia, si chiede rusvesna.su? Qual è la verità vera su di lui, “non quella liberale o geneticamente modificata? Contro chi spararono i militari russi nel '93 alla Casa dei Soviet? Con chi stavano? Ora è chiaro che stavano dalla parte di chi sosteneva il terrorismo internazionale in Cecenia; di chi ha tradito Milosevič e Gheddafi; di chi era contro il sostegno ad Assad o si opponeva alla riunificazione della Crimea alla Russia; di chi sosteneva i nazisti ucraini e ha gettato il paese nelle riforme economiche distruttive; di chi oggi chiede l'inasprimento delle sanzioni occidentali; di chi, infine, definisce vittoria e liberazione la catastrofe umanitaria causata dal golpe del '91 e la colonizzazione della Russia”.

Eltsin si trovò casualmente a essere la pedina di un gioco altrui e sorprende, conclude Gordakov, l'efficienza della tecnologia antiumana USA nella gestione degli Eltsin in Russia e dei Porošenko, oggi, in Ucraina. O forse, non sorprende poi così tanto.

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