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28/11/2016

Mister Renzi: ecco il modello universitario americano

Nella Bologna del Pd si organizza – a porte chiuse o semichiuse – una parte importante dl massacro sociale. Il primo episodio degno di nota – ha scritto la Campagna noi restiamo – si svolge alla periferia cittadina ma nel cuore del mondo istituzionale. L'Opificio Golinelli ospita la seconda Conferenza Nazionale del PD dedicata ai temi dell'Università, la Ricerca e l'Alta Formazione Artistica e Musicale dal titolo “Più valore al capitale umano”. Sono presenti, oltre ai rettori di Bologna, Padova, Udine e Lecce, il presidente dell'Anvur, il direttore della fondazione Agnelli, il vice presidente di Confindustria Education e nientemeno che il ministro dell'istruzione Giannini: la crème de la crème, insomma... Nonostante venga spacciata come “un'occasione di confronto per valorizzare i capaci e meritevoli” e per discutere di “semplificazione e reclutamento”, risulta evidente come questa convention si inserisca nel progetto di rendere l'Università sempre più simile al modello americano – parole di Renzi, non nostre.

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Mister Renzi: ecco il modello universitario americano

Giordano Sivini

Negli Stati Uniti quarantadue milioni di persone hanno debiti pendenti che hanno dovuto accendere per seguire gli studi universitari. Si tratta complessivamente di 1,3 mila miliardi di dollari, più del debito complessivo relativo alle carte di credito e di quello per l’acquisto di automobili. Il debito medio per persona è di 57 mila dollari, una cifra che, variando da 5 mila a 100 mila dollari, “può gettare un’ipoteca sull’intera vita”1. In un recente Policy Paper questo tipo di debito è considerato sostenibile se lo si può ripagare entro dieci anni dal termine degli studi utilizzando la metà dell’incremento di reddito realizzabile con il conseguimento del titolo di studio. Ma le stime mostrano che per oltre un quarto dei casi questo non è prevedibile. Il ‘debito eccessivo’ ha un impatto negativo sugli eventi più importanti della vita, acquistare una casa, sposarsi, avere figli, trovare un lavoro adeguato2.

Nel 2015-16 sono iscritti all’università 27,6 milioni di studenti, di cui il 61 per cento in corsi quadriennali. Il costo medio annuo per la retta e il mantenimento nei colleges è di 22 mila dollari nelle università pubbliche dello stato di residenza, altrimenti varia tra 32 mila e 40 mila3. Le rette sono in aumento a causa della riduzione dei contributi federali e statali alle università, che nel dopoguerra coprivano l’80 per cento dei costi e ora appena il 15 per cento. Le università hanno attivato numerosi canali per rimpiazzare i fondi pubblici, ma quello principale resta la tassa di iscrizione, e per pagarla e mantenersi negli studi i due terzi degli studenti deve indebitarsi. Mark Kantrowitz, uno dei maggiori esperti del settore, già nel 2010 aveva avvisato che si stava andando verso una situazione in cui uno studente di oggi si troverà ancora in debito quando i suoi figli si dovranno iscrivere all’università4.

La speculazione finanziaria sui prestiti agli studenti

Il governo eroga agli istituti cui gli studenti si iscrivono prestiti che devono essere da loro rimborsati dopo gli studi, con gli interessi. Il sistema – come se si trattasse di un credito per l’avviamento di un’impresa – venne attivato nel 1965. Le banche concedevano agli studenti mutui alle condizioni fissate dal governo, che si faceva carico degli interessi durante gli anni di università e ne garantiva il rimborso nel caso di insolvenza dei mutuatari. Venivano concessi per la frequenza a tutti gli istituti di istruzione post secondaria, pubblici e privati, purché accreditati a livello federale o statale. Nel 1973 venne costituita la National Student Loan Marketing Association (in gergo Sallie Mae), paragovernativa, esente da imposte, che, al pari di Ginnie Mae, Fannie Mae e Freddie Mac presenti sul mercato immobiliare, liberava le banche private dei crediti erogati in modo che ne finanziassero altri. Sallie Mae li acquistava da colossi bancari come Citicorp e Chase, che erano i principali erogatori, e faceva utili incassando gli interessi dai mutuatari o dal governo se i mutuatari erano insolventi.

Il presidente Clinton aveva proposto che i mutui non venissero erogati più dalle banche ma direttamente agli studenti. Per l’opposizione dei repubblicani si arrivò soltanto ad affiancare al vecchio un nuovo sistema di erogazione diretta, lasciando alle università la scelta di orientarsi verso l’uno o l’altro. Poiché queste si mostravano favorevoli a quello nuovo, più semplice e rapido, le banche e Sallie Mae (che dal 1996 aveva iniziato un processo di graduale privatizzazione) si erano impegnate a contrastarlo con un marketing aggressivo e con l’offerta di condizioni migliori, ma l’Education Department federale venne autorizzato da Clinton a competere. Le banche e Sallie adottarono allora un’altra strategia, puntando al coinvolgimento delle università che orientavano gli studenti: potevano trattenersi le prime due o tre rate di interessi, e ottenere ‘opportunity loans’ da distribuire agli studenti meno abbienti e fondi per la sponsorizzazione di eventi5. Ne nacque uno scandalo, che nel 2007 coinvolse Citibank, Sallie Mae, ed altre istituzioni. Avevano corrotto con doni, incarichi retribuiti, compartecipazioni azionarie, alcuni funzionari universitari; furono rimossi alla Columbia University, alla Johns Hopkins, alla Texas at Austin, tra le più note – e anche all’Office of Federal Student Aid dell’Education Department federale6. Dopo di allora è aumentato sensibilmente il numero di università che indirizzano gli studenti al prestito federale diretto.

Nel 2010 Obama ha infine eliminato l’erogazione dei prestiti federali attraverso le banche. Ora sono erogati tutti direttamente. Nessun’altra misura è stata intrapresa per impedire che l’indebitamento fosse l’unica via di accesso al titolo universitario. Nel 2016 è stato adottato un provvedimento per tutelare gli studenti da abusi e da perdite dovute alla chiusura imprevista di alcune istituzioni educative.

Nel 2008 Sallie Mae aveva in portafoglio 82 miliardi di dollari di crediti, e altri 39 fuori bilancio, cartolarizzati e ceduti ad investitori. Aveva anche allargato le attività, acquistando i crediti privati di diverse banche e rafforzando un sistema articolato di raccolta del denaro dei debitori, riuscendo a conseguire alti tassi di rimborso. Il metodo è così esemplificato da uno studente ‘debitore’: “Per dieci anni sono stato sottoposto ad una persecuzione quasi costante; talvolta mi telefonavano tre volte al giorno”7.

Sallie Mae ha speso milioni in attività lobbistiche per evitare la decisione di Obama, sostenendo che avrebbe provocato la perdita di posti di lavoro e peggiorato il servizio. Le è rimasto l’incarico di incassare i debiti per conto del Department of Education, funzione che nel 2014 essa ha attribuito ad una nuova entità, la Navient Corporation.

Indebitarsi o smettere di studiare

Ci sono diversi tipi di crediti federali, alcuni per i meno abbienti, con interessi che decorrono dal mese successivo all’erogazione o dalla conclusione degli studi, con tempi di rimborso da 10 a 30 anni. L’entità delle somme erogate varia a seconda dei livelli di formazione universitaria, e, con il tempo, è sempre più insufficiente rispetto all’aumento dei costi. Le banche hanno coperto questo crescente vuoto con l’erogazione agli studenti di prestiti non garantiti dal governo a tassi più elevati, determinati anche da indici di solvibilità finanziaria delle famiglie, alle quali sono spesso richieste fideiussioni.

Conclusa la scuola secondaria, tranne che per i giovani di famiglie abbienti, non c’è alternativa tra l’indebitarsi e lo smettere di studiare. Alle famiglie viene però data la possibilità di accantonare, fin dalla nascita di un figlio, somme finalizzate a sostenerlo negli studi universitari. Dal 1996 il risparmio collocato nei College Saving Plans è esente da imposte statali, e gode di un trattamento federale fiscalmente privilegiato. I piani sono proposti dagli Stati e dalle istituzioni universitarie, e il più delle volte vengono gestiti da fondi di investimento; la recente crisi ne ha intaccato il valore accantonato8.

Le università sono formalmente corresponsabilizzate nel rimborso dei debiti dei propri studenti. Se i tassi di insolvenza sono alti perdono l’accreditamento che consente di accedere al credito governativo. La rilevazione dei tassi di insolvenza tiene tuttavia conto solo dei mancati rimborsi nei primi 2-3 anni dopo la conclusione degli studi; questa è la ragione per cui appaiono relativamente bassi, il 7 per cento nelle università pubbliche e in quelle private no profit e l’11-12 in quelle for profit. Aumentano però sensibilmente con il tempo: a quindici anni dall’accensione del mutuo arrivano rispettivamente al 20 e al 30-40 per cento9.

I crediti avuti dal governo diventano un incubo. “Sono uno statistico. Ho fatto un debito di 100 mila dollari e ogni mese compilo un assegno di 660 dollari per Sallie Mae. Sul mio libretto di assegni scrivo SM, e mi fa rabbia. Ho 46 anni. Da 15 ho finito il dottorato e devo ancora 9 mila dollari”10. I giovani si trovano invischiati nel debito quando non è ancora chiaro il percorso di studio che riusciranno a fare, e che spesso viene condizionato da questo debito. “Oggi mi chiedo se ero realmente pronto a studiare e ad applicarmi e se il mio titolo di studio è davvero adeguato per un futuro globalmente incerto. A 18 anni avevo tante fantasie sulla vita, che non mi inducevano a prestar attenzione a indebitarmi per continuare gli studi. Il denaro per me era immateriale, ora invece è una cosa davvero materiale”11.

Il rimborso insegue nella vita il debitore, perseguitato dagli agenti incaricati di riscuoterlo, condizionato nell’accesso al credito, limitato nelle prospettive di lavoro, impossibilitato ad ottenere una borsa o un altro prestito per riprendere gli studi. Al rimborso del mutuo pubblico non si può sfuggire, se non entrando in un programma promosso dal governo: volontariato, insegnamento in scuole di recupero, attività sanitarie comunitarie, e servizio militare. Lo si può scalare nel tempo caricandosi degli ulteriori interessi. Non se ne può invece ottenere la cancellazione neanche in una situazione economicamente disperata quando il giudice riconosce lo stato di bancarotta.

“I debitori insolventi possono perdere una parte dei salari, dei crediti di imposta, dei contributi della Social Security anche in caso di disabilità. Sono costretti a pagare interessi più alti su altri prestiti, possono essere cacciati dall’impiego pubblico e possono aver revocate le licenze professionali”12. L’Educational Department federale può chiedere ai datori di lavoro di dedurre dallo stipendio il 15 per cento fino a che il debito non viene saldato.

Le università quotate in borsa

Un sistema di speculazione sui prestiti agli studenti è venuto alla luce negli anni recenti, avvolto negli scandali, e riguarda il fenomeno delle università private for profit, quotate in borsa.

Apollo Group è una società cui fa capo l’Università di Phoenix, che serve più di 400 mila studenti in una novantina di campus ed ha 150 learning centres in tutto il mondo; il Center Education Corporation ha 95 mila studenti e 75 campus nel mondo; Education Management Corporation, a Pittsburgh conta 136 mila studenti: Goldman Sachs possiede il 36 per cento delle sue azioni. Nel 2010 erano quotate in borsa 14 società, per un valore di 26 miliardi di dollari13.

L’espansione del settore è stata legata ad un marketing martellante. Apollo Group spende più in attività promozionali che nell’insegnamento. Propone programmi di studio legati ad opportunità di lavoro, di durata flessibile e modalità online. “Vende la speranza per un impiego migliore”. Nei colleges dell’Apollo Group, che ha una grande influenza nel modellare il settore for profit, pochi docenti sono full-time, quasi tutti persone a cui viene consegnato il programma di insegnamento da svolgere. Non lo possono decidere autonomamente e non fanno ricerca. “Sono poco più che funzionari”14.

Gli studenti for profit sono 2,8 milioni. Si iscrivono verso i 25 anni anziché a 18-19, e provengono da famiglie con reddito più basso della media. Le tasse di iscrizione si aggirano sui 16 mila dollari, il costo complessivo sui 30 mila. Se frequentassero altri tipi di colleges si indebiterebbero di meno, ma sono spesso oggetto di promesse ingannevoli, a volte incoraggiati da pratiche fraudolente per ottenere il sostegno finanziario pubblico. Nel 2016 il Department of Education ha deciso di perseguire per frode Corinthian Colleges e ITT Technical Institute, due rilevanti istituzioni universitarie for profit.

Con la crisi dei subprime è stato intensificato il reclutamento degli homeless, particolarmente qualificati per borse di studio e mutui federali. I contributi pubblici non coprono interamente le rette, molto più alte che nei colleges pubblici, e i mutui aggiuntivi accesi dagli studenti sono forniti da banche e, soprattutto, da Sally Mae.

Michael Clifford spiega come si è espanso il sistema for profit. Si autodefinisce educational entrepreneur che investe in istituzioni universitarie in rovina, le raddrizza mobilitando capitali privati, le colloca in borsa e le vende. Ha fatto così con la Grand Canyon University, l’Interamerican College, la Chancellor University. Questa è la sua testimonianza. “Wall Street mi dice: ’Ci mettiamo i nostri soldi, entriamo in questo affare. E’ nostro, facciamolo andare avanti’. Il sistema di accreditamento mi dice. ‘Queste istituzioni sono parte del complesso pubblico. Erano no profit, convertile in for profit, affinchè possano continuare a svolgere la missione sociale di educare (...). Ho speso sette od otto anni in giro per il paese, parlando con chi si occupa degli accreditamenti per trovare scuole in difficoltà economiche ma in ordine con i requisiti (...). L’accreditamento è segno di approvazione accademica, e ... quando hai l’accreditamento, sei qualificato per il programma federale di prestiti. Senza prestiti agli studenti il nostro sistema educativo non funziona. Non c’è verso che a 17, 18 o 19 anni, quando non si può dimostrare di essere solvibili, di lavorare, e di avere la capacità di pagarsi la scuola, si possa andare in banca e ottenere un prestito di 20, 30 o 40 mila dollari all’anno per 4 o 5 anni...”. “I colleges falliscono perché consentono alle facoltà di prendere decisioni che spettano a chi si occupa di affari (...). Noi diamo alle facoltà un anno di tempo. Dopo un anno, chi ci lavora decide se vuole stare in affari con noi (...). Non ci sono né sindacati né ruoli permanenti” 15.

Il sistema for profit è un affare redditizio. “Wall Street di solito valuta il profitto come percentuale sulle entrate. Questo può variare da una impresa all’altra, e, alla metà del decennio, per alcune si aggira sul 25-30 per cento (…)”. I margini di profitto del sistema universitario for profit sono generalmente “at the high end”. Gli investitori sono anche attratti dalla sua crescita potenziale. “Penso che tutti riconoscano che più ci sarà istruzione nella vita, più denaro ci sarà da guadagnare, e questo, nella prospettiva del mercato, è un fatto attraente”16.

Note
1 O’Leary L, Mills E., When going to college becomes a financial risk, Marketplace, 30 settembre 2016.

2 Kantrowitz M., Why the Student Loan Crisis Is Even Worse Than People Think, Money, 11 gennaio 2016.

3 National Center for Education Statistics, Postseondary Institutions, novembre 2026.

4 Kantrowitz M., Student Loans, New York Times, 26 marzo.2010.

5 Beaver W.,The Student Loan Scandal, Society, n. 45, 2008.

6 Pardo R.I, Lacey M.R., The Real Student-Loan Scandal: Undue Hardship Discharge Litigation”, American Bankruptcy Law Journal, vol. 63, n. 1, 2009.

7 PBS (Public Broadcasting Service), He’s done better than most, Frontline, 2006.

8 Hanson J., A Teachable Moment for Student Loan, Credit Union Magazine, giugno 2009.

9 Kraft S., Killer Loans, Valley Advocate, 14 ottobre 2010.

10 Williams J., Pedagogy of Debt, College Literature, vol. 33, n. 4, 2006.

11 PBS, cit.

12 Kraft, cit.

13 Kutz G.D., For-Profit Colleges: Underciver Testing Finds Colleges Encouraged Fraud…, Testimony before the Committee on Health Education, US Senate, 4 agosto 2010.

14 PBS, Interview with Daniel Golden, editor at large for Bloomberg News, Frontline, 21 aprile 2010

15 PBS, Interview with Michael Clifford, investor, Frontline, marzo 2010.

16 PBS, Interview with Jeffrey M. Silber, senior analist at BMO Capital Markets, Frontline, 17 febbraio 2010.


Fonte

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