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26/10/2016

I Teatri Nazionali, il modello Marchionne e il principe De Fusco

I Teatri Nazionali – evoluzione aziendalistica degli stabili – con i loro direttori, rappresentano il "modello Marchionne" applicato al Teatro e alla Cultura tutta. Luca De Fusco, sovrano del Nazionale di Napoli, è la quintessenza d quel sistema. Potere assoluto, nessun vincolo di controllo, grandi spese in faraonici progetti – il cui opinabilissimo spessore artistico è sempre più nascosto e sempre più spesso equiparabile ad un prodotto di fabbrica – inadempienza nei pagamenti di maestranze e lavoratori, sfruttamento, clientelismo e disprezzo per la qualità, in nome del dio mercato.

Un padrone assoluto, insomma, che opera in violazione di molti diritti, con l'arroganza di chi sa di essere protetto da padrini potenti, con l'avallo del Ministero e del Decreto Nastasi, ma soprattutto con la copertura legislativa dovuta a quelle nuove regolamentazioni del mondo del lavoro -leggi Jobs Act- grazie alle quali sono state soppresse, nel complesso, le tutele giuridiche dei lavoratori, in ogni comparto della società italiana.

Questo Eliogabalo teatrante, decisamente narcisista – tanto da creare un premio, "Le Maschere", per auto assegnarselo ogni anno – ha avuto il coraggio di dichiarare che: «Il teatro non è in crisi»- Per poi aggiungere: «C’è tanto narcisismo nelle proposte teatrali al punto che le presenze, a teatro, in molti casi, sono scemate». Ci sarebbe da ridere, se non fosse tragico. Ma non è tutto. Il culmine, De Fusco lo ha raggiunto durante un'intervista rilasciata al Corriere del Mezzogiorno, a firma di Natascia Festa: «Voglio rassicurare tutti. Certo siamo in affanno, ma vendiamo gli abbonamenti e siamo sicuri che riusciremo ad uscire dalla crisi sia pure tra mille ansie. Ci tengo molto a tranquillizzare gli allievi della scuola: il 20 ottobre inizieremo l’anno accademico e così come, col cuore in gola, porteremo a compimento la stagione, così andremo avanti fino all'ultima lezione. È vero, i professori del primo anno non sono stati retribuiti, ma mi sento di poter dire che nessuno inizierà la sua docenza prima che siano almeno iniziati i pagamenti degli stipendi pregressi. Purtroppo la vita del Nazionale è quella di un’azienda che è raddoppiata in quattro anni. L’utilitaria è diventata una Ferrari e la mutazione comporta un trauma. E ci scusiamo con tutte le persone che aspettano di essere pagate». Sconcertante.

Va altresì detto che il Mercadante, nei nuovi contratti partiti a settembre, è stato costretto ad inserire una dicitura ad hoc che suona più o meno così: "eventuali ritardi nei pagamenti non sono dovuti alla nostra responsabilità ma alla lentezza con la quale i soci erogano il dovuto". Il signor De Fusco guadagna 150 mila euro all'anno; spende 700.000 euro e più per allestire i suoi “grandiosi” spettacoli e ha accumulato, nel tempo, conflitti di interesse: fino allo scorso anno cogestiva la Fondazione Campania dei Festival ed era anche il direttore artistico del Napoli Teatro Festival, altro carrozzone misterioso che, lungi dall’essere un’occasione di crescita culturale ed economica per la città di Napoli, ha finito per sperare denaro pubblico, scadendo, quest’anno, addirittura nel ridicolo per alcuni gravi episodi di disorganizzazione, verificatisi durante la programmazione estiva del Festival, con il vergognoso scaricabarile delle responsabilità tra il nuovo direttore artistico, Franco Dragoni, e il presidente della Fondazione, Luigi Grispello.

Una situazione, quella della cultura e del teatro, allo sbando, tanto a livello nazionale che locale, di cui si parla sempre troppo poco. Al Sud, in Campania e a Napoli, poi, le cose, come al solito, vanno peggio che altrove. Qui, la Regione accumula ritardi enormi nei pagamenti e nell’erogazione dei fondi a sostegno del teatro, la programmazione culturale, lungi dall’essere pianificata e razionale, continua ad affidarsi ai grandi eventi, dispendiosi e poco utili, mentre il Comune di Napoli, De Magistris in testa, poco fa per contrastare questo scempio. Anzi, il sindaco corre a Barcellona, dove De Fusco portava in scena la sua costosissima Orestea, per sostenerlo ed applaudirlo. Il primo cittadino di questa città, che con decisione e fermezza si oppone alle distorsioni istituzionali e sociali e alle pulsioni autoritarie che attraversano il Governo Renzi e l’intera classe dirigente italiana, dovrebbe capire che cultura e teatro non sono elementi sganciati da quell’involuzione reazionaria del sistema politico ed economico, che si sta abbattendo sul nostro paese ma, anzi, ne rappresentano l’aspetto più pericoloso perché infido e sotterraneo, andando ad agire direttamente sulle intelligenze e sulle coscienze dei cittadini.

Comunque, per tornare al Mercadante ed ai contratti stipulati a settembre, alcuni lavoratori hanno ritenuto di non firmarli, quei nuovi contratti, nonostante avessero bisogno di lavorare. Ecco, è questo l'unico modo per combattere e sperare di sovvertire questo sistema fondato sullo sfruttamento e il sopruso. Non lavorare, scioperare, opporsi. In una parola, lottare. Ma lottare non soltanto contro De Fusco, ma contro l’intera struttura che ha provocato lo sfacelo culturale che opprime l’Italia. In anni caldi, questi signori avrebbero pagato caro il loro comportamento fraudolento, la loro arroganza padronale.

Ma oggi, nell'epoca n cui anche la classe operaia ha parzialmente deposto le armi, i lavoratori dello spettacolo – attori, registi, autori – spesso arroccati sulla propria autoreferenziale egolatria, inebriati dalle luci dello "Spettacolo trionfante", dove apparire è più importante che lavorare, si chinano al principe di turno. E così, con la complicità dei sudditi affamati, i Principi regnano. Il Mercato Trionfa. E La Cultura si spegne.

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