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24/10/2016

Basta con le pensioni… Comincia la Spagna?

La Spagna avrà dunque un governo, grazie all'acquiescenza del nuovo gruppo dirigente socialista (in realtà quello vecchio). Ma qual'è il programma? Quello che dice l'Unione Europea, su questo non c'erano dubbi.

La domanda che ai vertici del governo Rajoy (in attesa del necessario rimpasto per dare qualche poltrona anche ai “tecnici” di area socialista) si fanno da tempo è: come conciliare la ricerca della “crescita” economica con le draconiane misure di rientro imposte dalla Ue? Vietato spendere per investimenti pubblici e sostegno alla domanda, aumentare i tagli alla spesa che hanno come conseguenza anche una diminuzione dei consumi. Anche la Spagna, bisogna ricordare, sta in queste ore aspettando la lettera di “chiarimenti” su una legge di stabilità forse meno fantasiosa di quella Renzi, ma altrettanto fuori dai target stabiliti da Bruxelles.

A forza di pensare un'idea l'hanno trovata: schiavizziamo i pensionati!

Non è molto originale, diciamolo, ma a Bruxelles hanno probabilmente disteso un gran sorriso. La ministra del Lavoro Fatima Bañez, evidentemente decisa a tenersi il posto anche dopo il rimpasto, l'ha spiegata in modo molto semplice: dopo i 65 anni di età i neo-pensionandi potranno prendere il 100% dell'assegno pensionistico, se continueranno a lavorare. In pratica si aboliscono le pensioni...

Questa sì che è un'idea nuova! Certo, per quel 46% di giovani senza occupazione (il 22% è considerato ninis, ossia neet in lingua locale, insomma non lavorano e non studiano) si tratta di una notizia disperante, perché qualche posto di lavoro potrà liberarsi solo a seguito della morte – sul lavoro, probabilmente – degli anziani padri e/o nonni che li mantengono. In Spagna, da tre anni, era consentito proseguire l'attività lavorativa percependo il 50% dell'assegno.

La ragione era strettamente finanziaria. Il Fondo di riserva della previdenza – istituito dal governo Zapatero e arrivato a totalizzare 70 miliardi di euro – si sta rapidamente prosciugando a causa dei continui prelievi effettuati dal governo Rajoy. In cassa restano forse meno dei 25 miliardi dichiarati e di questo passo non saranno pagate le pensioni a partire dal 2018. Dopodomani, insomma...

Ma c'è un guadagno per le casse dello Stato se i vecchi continuano a lavorare anche da pensionati? In molti ritengono di no. Il guadagno è tutto per le imprese, che come minimo non versano più i contributi previdenziali. Ma proprio per questo il Fondo di riserva non riceverà più versamenti... Anche perché – come in tutti i paesi di antica industrializzazione – la popolazione invecchia rapidamente e i giovani entrano sempre meno, e sempre più tardi, nel mondo del lavoro retribuito in modo decente. Come in Italia e altrove, infatti, per loro c'è quasi soltanto l'inferno dei lavoretti precari, pagati pochissimo e naturalmente senza alcun contributo previdenziale.

Invece di metter mano a questa situazione premoderna, la signora ministra (una Poletti in gonnella...) ha fatto il ragionamento opposto: lasciamo tutto com'è e facciamo lavorare a vita chi già lavora, ovviamente obbligandoli a versare lo stesso un po' di contributi. Che saranno anche inferiori a quelli versati in passato, ma sempre più alti dello zero versati dai datori di lavoro dei giovani precari...

Un ragionamento da analfabeti anche sul piano contabile, c'è poco da dire. Non ci vuole molto a capire che, davanti a minori contributi versati, anche quelle pensioni in atto rischiano presto di non poter essere pagate...

E' una condizione generale, nel mondo occidentale e non solo (anche la Cina comincia a vedere il problema piuttosto da vicino), che potrà solo peggiorare davanti alla forbice divaricantesi: sempre più anziani (progressivamente disabili a qualsiasi lavoro, anche obbligandoli), sempre meno posti di lavoro (la rivoluzione tecnologica dell'”industria 4.0”, fondata sulla massificazione dei processi produttivi automatizzati) e quindi sempre più persone di qualsiasi età senza una fonte di reddito stabile e continuativo. Ovvero su cui impostare un progetto di vita al di là della mera, e difficile, sopravvivenza.

I criminali che ancora spingono il tasto del “conflitto generazionale” sono e vanno trattati come i criminali nazisti, perché al fondo della loro argomentazione c'è lo sterminio degli “inutili”. Ossia di tutti quelli che, per varie e crescenti ragioni, non sono profittevolmente impiegabili nei processi produttivi o nei lavori servili.

E' una situazione globale mai verificatasi prima nella storia dell'umanità. Sarebbe il caso di cominciare a ragionarci sopra, dalla nostra parte della barricata...

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