Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

23/09/2016

Usa. Rivolte a Charlotte e Tulsa contro il massacro dei neri da parte della polizia

Più che negli Stati Uniti sembra ormai di vivere nel Sudafrica dell’apartheid. Cittadini neri uccisi ripetutamente dalla polizia e “neri” in piazza per protestare contro la brutalità poliziesca. “La vita dei neri conta” è ormai non solo una campagna (Black live Matter) ma è un allarme disperato sulla discriminazione razziale rivelatasi plateale in un paese che fino a novembre avrà ancora il suo primo, unico e forse ultimo presidente nero. Quella che sembrava l’ennesima dimostrazione del sogno americano – anche un “nero” può diventare presidente – si è trasformato in un incubo.

A Charlotte, dopo la seconda notte consecutiva di scontri e devastazioni, il governatore del North Carolina ha dichiarato lo stato di emergenza, dando il via libera all'intervento della Guardia Nazionale. Nelle prossime ore non si esclude il coprifuoco. Negli scontri – durissimi, questa volta ci sono stati anche 12 poliziotti feriti – è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco un manifestante, che è morto in ospedale dopo ore di agonia in circostanze ancora tutte da chiarire. Le autorità si sono affrettate a dire che gli agenti non hanno sparato, ma sull'episodio si sta ancora indagando.

I manifestanti a Charlotte si sono radunati nei pressi della Università del North Carolina subito dopo la notizia della morte per mano della polizia di un uomo di 43 anni di nome Keith Lamont. La polizia dice di aver sparato perché l'uomo rappresentava una grave minaccia. Sull’episodio esiste però un video che la polizia si è rifiutata di rendere pubblico. Dalle immagini, come ha ammesso il capo della polizia, non si capisce se Scott punti davvero una pistola verso i poliziotti, come finora raccontato dalle autorità. Secondo i familiari in mano aveva un libro.

Intanto anche a Tulsa un altro afroamericano è morto per mano della polizia. È il terzo caso del genere in pochi giorni negli Stati Uniti. L'ultima vittima si chiamava Tawon Boyd, aveva 21 anni ed era disarmato. Cinque agenti, sono piombati nel suo appartamento dopo una segnalazione, lo hanno pestato e immobilizzato a terra. Dopo alcuni giorni di agonia il ragazzo è morto. I familiari accusano la polizia, secondo loro c'è stato un uso eccessivo e ingiustificato della violenza.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento