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27/09/2016

Prodi a Livorno: 40 anni di macerie

La decisione dell'associazione Don Nesi di invitare questo pomeriggio Romano Prodi a Livorno fa parte di quei comportamenti che volendosi ecumenici, finiscono per imbarcare personaggi sinistri. Personaggi che hanno un solo pregio: essere famosi. Romano Prodi questo pregio lo ha. Ma senza assumere quel valore etico, di esempio, per il quale una persona dovrebbe essere invitata a prescindere dalle proprie opinioni, opere e contraddizioni. Prodi, assieme a personaggi come Ciampi, rappresenta pienamente l'Italia che si è consapevolmente incamminata verso il declino economico e sociale. Ad una condizione: mantenere, anzi accrescere, il potere delle reti di cui si fa parte scaricando il costo, e il dramma, delle ristrutturazioni sulla società italiana.

Non vogliamo buttarla sul gossip, Prodi diventò docente di una università di cui il fratello era rettore ed ha comunque esercitato uno storico potere, e anche su questo ci sarebbe da dire. Ma andiamo alla sostanza: il debutto politico di Prodi avviene in un governo Andreotti al dicastero dell'industria. Per tutti gli anni '80 Prodi, quando è alla guida dell'Iri, si occupa del lungo processo di smantellamento dell'industria pubblica italiana. Perde decine di migliaia di posti di lavoro e produce decine di milioni di ore dei cassaintegrazione.
 
Il risultato, a metà degli anni '90 il bilancio è impietoso: banchetto dei privati, pil in decrescita, settore pubblico senza peso economico, smantellamento della ricerca in tecnologie, comunicazione, trasporti, servizi complessi (ciò che conta nel mondo di oggi, insomma).

Viene chiamato in politica, l'antiberlusconismo compulsivo gli concederà un credito enorme, e comincia a preparare il paese all'"entrata in Europa": beni comuni locali passati ai privati (tra cui l'acqua, oggetto del referendum 2011), finanziarie pesanti etc. Dal taglio di servizi, pensioni, scuole, diritti all'introduzione del lavoro interinale Prodi, con i voti della sinistra del genere "ma non vuoi mica che torni Berlusconi", non si fa mancare nulla. Il governo cade, per una congiura di palazzo, e per l'Italia Prodi lavora da commissario Ue. Nel senso che l'entrata nell'euro, concertata con Ciampi, prepara la più spettacolare discesa agli inferi dell'economia italiana. Lo stesso Prodi ammetterà, qualche anno dopo, che il prodotto tanto reclamizzato (la mitica Europa), in realtà era un salto nel buio. Proveranno, nel 2013, a farlo Presidente della Repubblica, un'altra congiura di palazzo lo frena.

Nel 2006 era tornato da presidente del consiglio, con Mastella ministro della giustizia, di fronte all'approssimarsi della crisi globale impone un'idea geniale: l'austerità (votata, ad onor del vero, anche dal Prc). Prepara un paio di finanziarie procicliche, austerità in prossimità di una crisi, raccontando favole: "la crisi degli Usa verrà compensata dalla Cina". Come no, l'Italia dovrebbe ritrovare il ritmo produttivo pre crisi tra una ventina d'anni, cosa vuoi che sia.

Oggi gira il mondo facendo il conferenziere. A Livorno il tema è l'immigrazione. Già, Romano Prodi, niente da dire? Nel gennaio del 2000 fu presentata alla Camera, un'interpellanza parlamentare, a firma Giordano e Vendola tra l'altro, sul "verbale della testimonianza del capitano di corvetta Angelo Luca Fusco i cui contenuti – se confermati – indicano una grave responsabilità dei vertici militari e politici (italiani, ndr) nell'affondamento della nave albanese Kater-i-Rades". Cosa era emerso in questa testimonianza? La responsabilità, e il peso, della linea tenuta dal presidente del consiglio Prodi durante la crisi dei profughi albanesi nella primavera del 1997.

Gli anni, e le alleanze politiche, passano e quindi tutto è finito nel silenzio. Chissà, in materia di politiche dell'immigrazione, forse Prodi qualche esperienza diretta la può raccontare.

Redazione, 26 settembre 2016

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