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28/08/2016

La stagnazione italiana con gli occhi del Financial Times

Proponiamo un'impietosa analisi a cura del corrispondente italiano del quotidiano finanziario inglese dei deludenti dati economici italiani registrati nel secondo trimestre dell'anno. Come accade spesso, il quotidiano britannico fa un'analisi particolarmente lucida sulle prospettive deprimenti dell'economia italiana. Fa riflettere che l'unico punto positivo sottolineato dal giornalista James Politi sia la debole crescita occupazionale registrata dai dati ISTAT. Ieri infatti sono usciti i dati INPS sui contratti attivati e cessati, e il dato rivela il fallimento del Jobs Act renziano, con il crollo dei contratti a tempo indeterminato e la crescita continua della precarietà dei voucher. Insomma, come si dice in coda all'articolo, il rompicapo economico per Renzi sembra destinato a restare...

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Traduzione a cura di Panofsky dal Financial Times.

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I dati di questa settimana hanno mostrato che la ripresa italiana è arrivata inaspettatamente ad un punto morto nel secondo trimestre di quest'anno, diminuendo ulteriormente le aspettative degli economisti che parlavano di una crescita bassa, e assestando un colpo al primo ministro Matteo Renzi in vista del cruciale referendum costituzionale fissato a Novembre.

I problemi del sistema bancario italiano, l'incertezza politica domestica a causa della popolarità in caduta per Mr. Renzi, e i crescenti rischi geopolitici – includendo il voto per il Brexit – hanno tutti presumibilmente giocato un ruolo in questa performance deludente. I dati dello scorso venerdì, che hanno mostrato una crescita zero nel secondo trimestre, hanno anche rivelato che la domanda interna ha fornito un contributo negativo al PIL, mentre la domanda estera ha dato un contributo positivo.

Ma che altro sappiamo riguardo a quello che è andato storto fra aprile e giugno di quest'anno – e quali sono le implicazioni per il resto del 2016 ed oltre? Ecco uno sguardo più profondo su altri dati del secondo trimestre, che aiuta a capire meglio le difficoltà economiche italiane.

L'inattività industriale

Uno dei segnali più preoccupanti per la crescita del PIL italiano è arrivato quando l'ISTAT il 5 agosto ha riportato che la produzione industriale – o l'attività delle imprese – è caduta dello 0,4 per cento nel secondo trimestre, rispetto ai 3 mesi precedenti.

Il declino è stato spinto da un crollo del 14 per cento nelle attività estrattive – ma anche la produzione di beni ha sofferto, con macchinari, veicoli a motore e tessile che sono tutti calati leggermente nel corso del trimestre.

Il calo nella produzione industriale è stato accompagnato da un declino graduale dell'indice PMI delle attività manifatturiere, che in giugno ha toccato il 51,2, il suo livello più basso in un anno e mezzo. Poiché quella italiana è un'economia in cui la produzione industriale ha un grosso peso, un quadro così fosco suggerisce che le imprese ben difficilmente intraprenderanno nuovi investimenti nella seconda metà dell'anno.

I dubbi dei consumatori

Dopo una brutale tripla recessione, gli italiani sono gradualmente ritornati nei negozi, riportando il consumo in territorio positivo. Ma negli ultimi mesi sembrano aver nuovamente ridotto l'attività di consumo.

La fiducia dei consumatori è stata in declino stabile per tutto l'anno, cadendo dal 118,5 di gennaio al 111,3 di luglio (ultimo dato disponibile). A giugno è precipitata a 110,2. Intanto il valore delle vendite al dettaglio è caduto dello 0,3 per cento fra marzo e maggio rispetto ai 3 precedenti mesi, mentre le vendite di alimentari hanno sofferto più di altri beni.

Lorenzo Codogno, economista presso LC Marco Advisor a Londra ha messo in guardia circa “il recupero nel consumo privato che – insolitamente per gli standard italiani – è stato il motore iniziale della ripresa, ha ora il fiato corto”.

Commerciare per la salvezza

Se l'economia italiana è riuscita a stare a galla nel secondo trimestre lo si deve probabilmente al commercio internazionale, uno dei suoi tradizionali punti di forza. Durante il secondo trimestre, le esportazioni sono cresciute del 2,4 per cento (aggiustato per la stagionalità) rispetto al primo trimestre, trainate da un incremento del 15,2 per cento nel settore dell'energia.

Le esportazioni al di fuori dell'Unione Europea sono cresciute più rapidamente dell'export verso altri stati membri del mercato unico.

Tuttavia il rallentamento nei mercati emergenti ha avuto un impatto – rispetto ai primi sei mesi dello scorso anno le esportazioni al di fuori dell'UE sono diminuite del 3,9 per cento.

La ripresa occupazionale

Fra tutte le preoccupazioni riguardo al rallentamento dell'economia italiana c'è uno sviluppo incoraggiante – il numero di occupati è cresciuto.

Durante il secondo trimestre l'occupazione è cresciuta di 145.000 unità, un incremento dello 0,6 per cento rispetto al primo trimestre. Il dato cruciale è che ci sono stati 181.000 inattivi in meno, ossia che più persone hanno deciso di ricominciare a lavorare in questo trimestre, anche se questo ha significato che sono stati classificati come disoccupati.

Anche il tasso di disoccupazione è cresciuto però, raggiungendo l'11,6 per cento in giugno. Il totale il numero di disoccupati è cresciuto nel secondo trimestre – ma solo di 7.000 persone, o dello 0,2 per cento.

Futuro nebuloso

Ad aprile il governo italiano si aspettava una crescita dell'1,2 per cento quest'anno – ma adesso questo obbiettivo sembra fuori portata. Molti economisti adesso si aspettano una crescita vicina allo 0,8 per cento, in linea con quella del 2015, facendo sparire le speranze di un'accelerazione della ripresa. Anche superare l'1 per cento nel 2017 potrebbe essere difficile, il che significa che il rompicapo economico di Renzi sia lì per restare.

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