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30/08/2016

La politicità degli algoritmi

Sul “Corriere della Sera” del 25 agosto è apparso un interessante testo di Dominique Cardon, che anticipa l’intervento che il sociologo francese terrà al Festival della Mente di Sarzana (3 settembre). L’articolo affronta un argomento cruciale, ovvero la natura intrinsecamente politica degli algoritmi che, mentre sovrintendono alle relazioni sociali mediate dalla Rete, influenzano profondamente idee, opinioni, giudizi e comportamenti dei netizen. In attesa di leggere l’edizione italiana del libro di Cardon Che cosa sognano gli algoritmi (di prossima uscita per i tipi di Mondadori), analizziamo alcuni concetti di fondo che già si possono evincere da questa anticipazione.

La riflessione di Cardon prende le mosse dalle modalità di funzionamento dei più comuni dispositivi che orientano scelte e decisioni dell’utente/consumatore nell’era dei Big Data: dal Page Rank di Google, che seleziona i contenuti cui possiamo accedere in base alla maggiore o minore “popolarità” di determinate pagine (impropriamente assunta come sinonimo di attendibilità e qualità), al Newsfeed di Facebook, che decide quali notizie mostrarci in base ai nostri presunti interessi, alle raccomandazioni di lettura di Amazon, costruite in base ai gusti di lettori che ci “somigliano”. A unificare queste operazioni manipolatorie è un principio “meritocratico” che, in buona sostanza, consiste nel trasmetterci il giudizio di <> formulato da altri utenti/consumatori, dopo averlo messo a confronto con una serie di scelte che noi stessi abbiamo effettuato in precedenti circostanze. In questo modo gli algoritmi diventano i "guardiani" (gatekeepers) dello spazio digitale plasmando l’ambiente in cui ci muoviamo ogni volta che entriamo in Rete.

L’argomentazione di Cardon non è particolarmente originale, ma ha il merito di invitarci ad andare aldilà delle motivazioni economiche di questo tipo di manipolazione, vale a dire degli interessi delle Internet Company che, in questo modo, riescono a profilare in modo sempre più raffinato le tipologie dei consumatori, rendendo sempre più efficaci comunicazioni pubblicitarie, campagne di marketing, tecniche di fidelizzazione, ecc. L’aspetto cruciale, che rende queste pratiche potenzialmente più pericolose di quelle che mirano a ridurre il nostro diritto alla privacy, e a instaurare un regime di controllo generalizzato, è appunto il loro aspetto politico, che consiste nell’acquisire una crescente capacità di governo delle condotte. Utilizzando un concetto foucaultiano, Cardon parla a tale proposito di governamentalità algoritmica una pratica che appare tanto più insidiosa in quanto non si fonda sulla censura e sulla coercizione ma fa sì che noi accettiamo ciò che ci viene “suggerito” nella convinzione di averlo liberamente scelto. “Gli zelanti profeti dei Big Data, scrive, promuovono l’idea che nuove forme di governo generate operando buoni calcoli su dati validi sarebbero meno ingiuste, paternaliste o deformanti delle istituzioni o dei media poiché la loro comprensione della società nascerebbe direttamente dallo studio delle azioni degli individui”. Detto altrimenti: è dalla somma, o se si vuole dalla composizione vettoriale, delle libere volontà individuali che sorge una volontà collettiva da tutti condivisibile. Così nasce un Grande Fratello dal volto umano in cui tutti si possono riconoscere e rispecchiare.

Condivido. Osservo solo che mi pare difficile distinguere fra l’interesse economico di chi lucra sul sistema dei Big Data e l’interesse politico di chi lo sfrutta per costruire “l’uomo nuovo” della società ordoliberista: il consumatore convinto di essere messo in condizione di scegliere la miglior soluzione possibile ai suoi bisogni e desideri, il lavoratore convinto di essere stato promosso al ruolo di imprenditore di sé stesso, il cittadino convinto di essere governato nel miglior modo possibile (o comunque nel modo che lui stesso ha contribuito a scegliere liberamente, senza subire alcuna imposizione dall’alto) sono figure differenti di quella stessa mutazione antropologica che l’ideologia liberal liberista vorrebbe promuovere, anche con l’aiuto della governamentalità algoritmica.

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