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29/08/2016

Il gas russo e la “stabilità” dell’Ucraina


Perché il vice presidente USA Joe Biden si dà così tanto da fare contro il secondo ramo del “North Stream”? – si chiede Dmitrij Drobnitskij su news-fronto.info. Dopo una breve visita in Lettonia, giusto il tempo di rassicurare i presidenti dei tre paesi Baltici, spaventati dalle dichiarazioni di Donald Trump sulla fine del sostegno yankee agli alleati Nato, Biden è volato a Stoccolma. Proprio da qui, ha sollecitato i paesi UE a rinunciare al progetto di un secondo ramo del “North Stream” che, steso sul fondo del mar Baltico, in acque territoriali svedesi, dovrebbe sboccare in Germania.

“Secondo noi il “North Stream 2” è fondamentalmente un cattivo affare” ha detto Biden; “una forte dipendenza dalla Russia destabilizzerebbe in seria misura l'Ucraina. L'Europa deve diversificare le fonti del gas”. In che modo la “stabile Ucraina” golpista sarebbe “destabilizzata” dai gasdotti russi? Ogni progetto alternativo per portare gas russo in Europa, sia attraverso il mar Nero che il Baltico, aggirerebbe l'Ucraina, con la conseguente perdita da parte di Kiev dei 2 miliardi di $ incassati oggi quali oneri di transito. Con il “North Stream 2”, l'80% del gas russo destinato all'Europa (un terzo del fabbisogno dei paesi UE) passerebbe per il Baltico e le infrastrutture presenti in Ucraina diverrebbero ferro vecchio.

Ora, le preoccupazioni di Biden, riguardano solo in parte la sfera pubblica – per l'eventualità che Kiev, perdendo i diritti di transito, non sia più in grado di rimborsare i crediti occidentali – e toccano ben più da vicino gli affari di famiglia. Suo figlio Hunter infatti, subito dopo la “rivoluzione della dignità” (traduzione ucraina del vocabolo tedesco “putsch” o dell'italiano “colpo di stato”) del febbraio 2014 è divenuto membro del Consiglio direttivo della maggiore impresa ucraina del gas, la Burisma Holdings, nei cui progetti c'è sia l'estrazione di gas naturale, sia lo sviluppo del gas di scisto, la realizzazione di terminali marittimi e condutture per la ricezione di gas liquefatto.

Ecco che a Stoccolma, Biden padre ha parlato espressamente della possibile fornitura di gas naturale liquefatto dall'America all'Europa, riconvertendo i terminali di cui alcuni paesi europei sono già dotati, orientati però al sistema di tubazione collegato alla Russia. Quantunque oggi le quotazioni del gas siano legate al basso prezzo del greggio, la tecnologia USA dello scisto progredisce e il business legato al gas ucraino in futuro può essere molto redditizio: naturalmente, se non sarà intralciato dal “fattore destabilizzante” rappresentato, secondo Biden, dal secondo ramo del "North Stream".

I Biden, in effetti, insieme a Victoria-Fuck-the-UE-Nuland, sono di casa a Kiev: mentre Joe impartisce pubblicamente gli ordini alla junta golpista, Hunter ne indirizza le spinte “democratiche”, attraverso il proprio seggio nel Consiglio direttivo del National Democratic Institute, affiliato al partito Democratico e presieduto da Madeleine Albright, ex Segretario di stato nella seconda presidenza Clinton. Ora, se è dubbio che anche la Albright abbia partecipato al progetto “gas-democratico” per l'Ucraina, è curioso però che nel Consiglio direttivo della Burisma sieda anche tale Devon Archer, partner di Biden figlio nella società USA di investimenti Rosemont Seneca Partners; oltre a essere amico dell'attuale Segretario di stato John Kerry, Archer gestisce il Fondo immobiliare creato dalla di lui moglie Teresa Heinz Kerry. Dunque, conclude Drobnitskij, Joe Biden in Svezia non difendeva soltanto l'Europa dalla dipendenza energetica dalla Russia; difendeva i propri beni.

Secondo la Svenska Dagbladet, però, il governo svedese non avrebbe intenzione di impedire la realizzazione del “North Stream 2”: per vietare il progetto, nota il quotidiano svedese, occorrerebbero serie giustificazioni ambientali o l'opposizione degli enti municipali locali agli investimenti esteri ed è improbabile che ciò accada, soprattutto dopo le indagini sui rischi ecologici già condotte oltre dieci anni fa per la realizzazione del “North Stream 1”. Ma gli Stati Uniti, dice a “Vzgljad” il direttore del Fondo per la sicurezza energetica, Konstantin Simonov, sostengono che la Russia vuole il gasdotto per "inserire un cuneo tra i paesi europei" e anche per "privare l'Ucraina di ricavi futuri dal transito del gas"; in ogni caso, resisi conto che la “soluzione polacca” è abbastanza zoppicante, gli USA stanno tentando la carta svedese per impedire il gasdotto: teoricamente, le chance yankee sono più solide, data la necessità di attraversare le acque svedesi. "Questa minaccia è di gran lunga più importante della storia con la Polonia” continua Simonov, “senza il permesso svedese, sarà impossibile realizzare la parte sottomarina del condotto; non si può cambiare percorso e stendere i tubi sotto l'Artico. Da Piter, si deve attraversare lo stretto e, dal Baltico, sboccare in Germania. E' la stessa cosa che voler passare attraverso la Turchia, bypassando Bosforo e Dardanelli".

Simonov è convinto che qualunque pretesto svedese per negare il permesso sarebbe squisitamente politico ed evidenzierebbe la dipendenza di Stoccolma da Washington. Se in occasione del “North Stream 1” ci furono politici svedesi terrorizzati dal pericolo che Mosca, attraverso il gasdotto, avrebbe inviato incursori a conquistare Stoccolma, ricorda Simonov, ora, dopo la Crimea, quei terrori dovrebbero essere decuplicati! Non bisogna però dimenticare che al “North Stream 2” è interessata la stessa Germania, che dispone di argomenti altrettanto solidi in Svezia quanto quelli USA.

La storia con la Polonia, cui accenna Simonov, consiste in questo. A fine 2015 la russa Gazprom, la tedesca E.ON e Wintershall, l'austriaca OMV, la britannico-olandese Shell e la francese ENGIE avevano presentato all'autorità antitrust polacca UOKiK la notifica (ora ritirata) di una joint venture per la realizzazione delle infrastrutture del gasdotto. Gazprom avrebbe detenuto il 51% delle azioni del “North Stream 2 AG”, le altre imprese il 10% ciascuna, fatta eccezione per la ENGIE con il 9%. Ora, la legge antitrust polacca prevede l'intervento del governo nel caso in cui un progetto sul territorio UE, cui partecipino aziende di paesi non UE, possa danneggiare gli interessi dei consumatori polacchi. Dopo la notifica della joint venture, la UOKiK ha svolto una “indagine di mercato”, cui hanno preso parte soggetti di primo piano del settore gas polacco, tra cui Europol Gaz, operatore del segmento polacco del gasdotto Jamal-Europa, da cui il gas russo arriva in Polonia e, da qui, transita verso l'UE. L'indagine avrebbe rilevato una minaccia di limitazione della concorrenza sul mercato polacco del gas: la UOKiK teme che Gazprom, che occupa una posizione dominante nelle forniture di gas alla Polonia, possa ulteriormente rafforzare quella posizione. Dopo il “verdetto” della UOKiK, i potenziali partner della joint venture hanno dunque ritirato la notifica. La necessità di ottenere il benestare polacco era dovuta anche al fatto che Gazprom, Shell e le società tedesche operano già attivamente in Polonia e non hanno quindi intenzione di giungere a un confronto con Varsavia, per non mettere a rischio le proprie attività sul mercato polacco. Così che azionista unico di "North Stream 2" rimane per ora Gazprom, mentre le altre aziende stanno considerando forme alternative di sostegno al progetto.

Già in passato, Varsavia si è più volte opposta al "North Stream 2", definendolo un progetto "politico" ed "economicamente ingiustificato" e nel marzo scorso una serie di governi dell'Europa orientale, tra cui di nuovo Polonia, insieme a Ungheria, Romania e paesi Baltici, rivolgendosi alla Commissione europea, si opponevano alla costruzione del secondo ramo del gasdotto. La realizzazione del progetto, dicono, implicherebbe "conseguenze geopolitiche destabilizzanti" e, sullo sfondo degli eventi ucraini, le forniture di gas russo all'Europa avrebbero una “spiccata connotazione politica".

Da marzo a oggi, Biden padre non si è preoccupato nemmeno di cambiare vocaboli alle sue lamentazioni sulla “destabilizzazione”.

Gli fa eco il Presidente polacco Andrzej Duda, secondo il quale il progetto danneggerà l'Unione europea, violando l'equilibrio nella diversificazione dell'approvvigionamento di gas; e il suo Ministro degli esteri, Witold Waszczykowski, considera il "North Stream 2" una “tendenza egoistica" di singoli paesi UE all'indipendenza e afferma che il progetto minaccia la stabilità dell'Ucraina (il chiodo fisso), escludendola dalla catena di transito del gas. Ora, contro la “schiavitù energetica russa”, Duda propone un corridoio "Nord-Sud", per la diversificazione degli approvvigionamenti energetici. Intervenendo in Croazia, al forum dei “Tre mari” (Adriatico, Baltico e Nero), Duda ha detto che la sfida da affrontare è quella costituita da un fornitore unico, “una situazione che presenta evidenti minacce. Un progetto diverso, che colleghi il terminale esistente di Świnoujście all'isola di Krk, cambierebbe il volto del settore energetico nell'Europa centrale”, per forniture di gas naturale liquido da "fonti promettenti", quali Nord Africa, il Medio Oriente, ma, soprattutto, Nord America. Come volevasi dimostrare.

Per dar man forte alla combriccola, il vice presidente della Commissione Europea e Commissario per l'unione energetica Maroš Šefčovič sarà a Kiev il prossimo 2 settembre e a Mosca l'11 e 12 settembre, per discutere di gas e fare da “mediatore” tra Russia e Ucraina. Ma, soprattutto, è verosimile che Šefčovič intervenga in qualità di uno dei più accaniti avversari di qualsiasi progetto di gasdotto che aggiri l'Ucraina, con cui Gazprom ha un contratto di transito fino a tutto il 2019. Per ribadire la propria “indipendenza” nei consumi interni, Kiev non acquista gas direttamente dalla Russia, ma si rifornisce di gas russo ripompato dall'Europa occidentale, a un prezzo ovviamente più alto, contando sul fatto che, come aveva consigliato a suo tempo l'ex premier Arsenij Jatsenjuk, le famiglie possono scaldarsi coi bracieri, mentre le imprese, data la produzione pressoché azzerata, non necessitano che di una piccola quantità di gas. Stabile, però.

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