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24/08/2016

24 agosto: venticinque anni di “indipendenza” ucraina

Oggi l'Ucraina dei Porošenko, Grojsman, Turčinov e dei battaglioni neonazisti celebra il 25° anniversario della “indipendenza” dall'Urss. “Indipendenza è una parola buona o cattiva?”, si chiede Vasilij Volga su news-front.info: “E' molto cattiva se i prezzi non dipendono dal mio stipendio; cattiva, se le tariffe salgono indipendentemente dalla mia pensione o se qualcuno vuole rinominare la mia città o la mia via, senza chiedermi cosa ne penso. Ecco, questa indipendenza, quando nulla dipende da me e il mio governo fa con me tutto ciò che vuole (in effetti, esso è Indipendente), non mi piace. Al contrario, mi piace quando il benessere del presidente del mio paese dipende direttamente dal mio benessere”. Per quanto riguarda lo Stato, “è da credere che i popoli che vivevano nella Repubblica Socialista Sovietica di Ucraina nel 1991, credessero che l'élite della Repubblica, convincendoli a uscire dall'Urss, pensassero al bene di tutti. E invece cosa è successo?”.

Cosa sia successo in questi 25 anni lo sappiamo e sappiamo anche cosa sia successo in Ucraina negli ultimi 2 anni e mezzo.

Ebbene, proprio in questi giorni, Leonid Kravčuk, uno dei “tre padri”, insieme a Boris Eltsin e Stanislav Šuškevič, di quel complotto che nel dicembre 1991 disfece a tavolino l'Urss, non ha avuto remore a dire che l'Ucraina “non è una formazione statale; è una colonia di un altro Stato”. Kravčuk ha dovuto riconoscere che uno Stato è dotato di confini precisi, una solida capacità difensiva e una lingua comune: l'Ucraina odierna non ha nessuno di questi elementi; egli ritiene che la decomunistizzazione attuale si sarebbe dovuta condurre subito dopo l'indipendenza e afferma che il popolo ucraino è stato “il principale demolitore dell'Urss”. Leonid Makarovič è anche convinto che l'unico traguardo notevole raggiunto dall'Ucraina in questi 25 anni sia stato la separazione dalla Russia e questo, sulla scia del Brzezinski-pensiero, “riduce di molto le ambizioni russe. Senza l'Ucraina e, soprattutto, se si vuol imbrigliare l'Ucraina, la Russia si scontrerà e già si sta scontrando con grandi problemi, molto difficili da risolvere. Quindi, possiamo affermare senza esitazioni che l'Ucraina, compiendo questi passi, sta cambiando la vita politica dell'Europa. L'Ucraina può essere orgogliosa di essere stata il paese che nel 1991 ha distrutto l'Urss, l'ultimo impero”. Il primo (e ultimo) presidente dell'Urss, Mikhail Gorbaciov – il quale, per parte sua, ebbe non poca responsabilità nella fine dell'Unione Sovietica: tra gli altri suoi “meriti”, lo stesso 24 agosto 1991 si dimise da Segretario generale del CC del PCUS e inviò lo stesso CC a sciogliersi – ha attribuito agli “effetti dell'anzianità” sulle capacità intellettive, queste esternazioni “orgogliose” di Leonid Kravčuk, quantunque esse non si discostino, se non nella forma, da quelle degli “uomini nuovi” di Kiev.

E quanto le affermazioni di Kravčuk, al di là della boria fuori luogo da cui sono dettate, si avvicinino alla realtà, soprattutto per quanto riguarda la “non statualità dell'Ucraina odierna”, lo dice anche la constatazione del fatto per cui, soprattutto dopo l'incidente in Crimea a inizio agosto, a Mosca si evita di nominare Petro Porošenko o anche di dire “Presidente” o “Presidente dell'Ucraina” e si ricorre a espressioni come “quelle persone che presero a suo tempo il potere a Kiev e continuano a tenerlo” o “il governo di Kiev”.

Ad ogni modo, di quale colore appaia la giornata della “indipendenza” ucraina, lo dicono anche due episodi coincisi con l'anniversario: l'arrivo della nuova ambasciatrice USA e le rivelazioni sulla sostituzione del Procuratore generale ucraino. Per quanto riguarda la nuova rappresentante yankee a Kiev, Mary Jovanovič, allorché il suo arrivo era stato annunciato, alcuni mesi fa, si disse che Washington voleva una mano forte in Ucraina, a rimpiazzare l'ambasciatore Geoffrey Pyatt che, nei tre anni della sua permanenza a Kiev, non si è distinto che per le uscite in compagnia di Victoria-Fuck-the-UE-Nuland, nelle frequenti visite di quest'ultima a Kiev. Il secondo episodio, le rivelazioni a proposito del quale arrivano giusto in tempo a rimarcare il grado di “indipendenza” dell'Ucraina golpista, si riferisce al 29 marzo scorso, allorché il Procuratore generale Viktor Šokin venne sostituito con il perito elettronico Jurij Lutsenko, al cui attivo c'erano un arresto nel 2010 per concussione e abuso di potere, una condanna per negligenza nel 2012 e, lo scorso luglio, una proposta di amnistia per qualsiasi delitto commesso dalle truppe ucraine nel Donbass: ora, il vice presidente USA Joe Biden, ha spiattellato che il licenziamento di Šokin fu la condizione posta da Washington all'elargizione di una garanzia sul credito per 1 miliardo di $. Indipendenza!

E mentre proseguono a pieno ritmo i lavori del “muro di Arsenij”, la nuova frontiera dell'Europa, il “vallo europeo” avviato due anni fa dall'ex premier Arsenij Jatsenjuk sul confine tra Ucraina e Russia, le notizie che arrivano dal fronte interno di quell'Ucraina che “può essere orgogliosa di essere stata il paese che nel 1991 ha distrutto l'Urss” non sono molto confortanti. A fronte di un “vallo” fatto di nano-rete metallica, fossati anticarro “quantistici”, barriere di terriccio e cemento, sistemi di sorveglianza ottico-elettronici, con un'altalena di milioni di euro chiesti a Bruxelles e milioni di grivne forse sotterrati in quei fossati e ricomparsi in qualche villa sulla Costa Brava, l'Ucraina festeggia oggi la propria “indipendenza” obbedendo ai voleri del FMI: si innalza l'età pensionabile (e l'ex Ministro delle finanze, Viktor Pinzenik, già parla di “abolire la pensione” per quei 13,5 milioni di pensionati “mantenuti” da 13 milioni di lavoratori), si restringono o si eliminano le agevolazioni sociali e si aumentano le tariffe sui servizi. Secondo l'ONU, l'80% degli ucraini ha un reddito inferiore a quello (5 $ al giorno) considerato al di là della soglia di povertà; per l'esattezza, il minimo reale di sopravvivenza è oggi pari a 33,5 grivne al giorno: 1,5 $, certificato dal bilancio statale 2016, che quantifica il costo della vita in 1399 grivne, pari a circa 54 $ al mese, con salari minimi 60 $ e medi di 175 $, circa la metà del salario medio di inizio 2014 (secondo la Tass, il più alto nei 25 anni di “indipendenza”). Grazie a tutto questo, in 25 anni la popolazione ucraina è passata da circa 52 milioni a poco più di 42 e Petro Porošenko ha pensato bene di accusare la Russia di “aver rapito” otto milioni di ucraini, pur di non dire che oltre 7 milioni di suoi connazionali sono stati costretti a emigrare in cerca di lavoro e che la UE non si affretta a togliere il regime dei visti per non vederne arrivare altri 10 milioni nei prossimi dieci anni. In base ai dati dell'OIL, il tasso di disoccupazione è del 10%. Secondo l'OMS, dal '91 a oggi l'aspettativa di vita è cresciuta di appena un anno (arrivando a 71 anni) mentre la media mondiale ha registrato circa 6 anni di crescita. Da inizio 1990 il tasso di natalità è sceso del 34,7%: se nel 1991 era stato di 630mila persone, nel 2015 di solo 411mila.

Tale il quadro in cui a Kiev oggi mezzi corazzati e blindati sfilano per le strade principali della capitale, stritolando l'asfalto per rappezzare il quale non ci sono soldi e dietro a loro marciano i combattenti dell'ATO (l'Operazione AntiTerrorismo, come i golpisti chiamano l'aggressione al Donbass) decorati con le insegne disegnate sul modello delle vecchie croci naziste di OUN-UPA e salutati, nel solco di Stepan Bandera, con il grido “gloria all'Ucraina”, inculcato anche ai bambini nelle colonie estive militarizzate di “Pravyj Sektor”.

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