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25/07/2016

Wuerzburg e Monaco, tappa tedesca e adolescenziale della guerra senza limiti

Dopo Dacca, Nizza e Ankara, e il preludio di Wuerzburg, la guerra senza limiti fa tappa a Monaco di Baviera. Nel capoluogo di una regione tra le più ricche del pianeta, disseminata di grandi esperienze industriali, di industrie postmoderne (lo sport legato al branding della Adidas), di poli tecnologici, di green economy, di gastronomia tradizionale. La guerra senza limiti, come abbiamo detto nelle precedenti tappe, segue i canoni di un testo di due colonnelli cinesi, Unrestricted Warfare: ogni campo della vita umana diventa un ordigno, in un contesto dove la guerra guerreggiata è meno decisiva per le sorti di un conflitto, basta che ci sia un qualcosa di bellico in corso. E qualcosa di bellico, la guerra che ne contiene altre (non è una novità nella storia umana), è il conflitto che si combatte per la ridefinizione di risorse e potere nel triangolo che ha come vertici la Libia, il nord dell'Iraq e lo Yemen. Una vasta porzione di mondo capace, nei suoi conflitti, di risucchiare una porzione di mondo ancora più grande. Risucchiando sottosistemi sociali, paesi, vicende che neanche si conoscono.

Monaco è così una tappa di questo conflitto. Già ma come? Perché?

Come sempre partendo dall'analisi dell'ordigno si arriva al tipo di conflitto che si sta giocando. L'ordigno in questo caso è di quelli che si sono già dimostrati esplosivi e adattabili a pericolose innovazioni: la psiche adolescenziale. Nel caso di Wuerzburg quella di un diciassettenne, proveniente dall'Agfhanistan quindi cresciuto tra inenarrabili situazioni di stress psicologico. Le stesse che fanno saltare il cervello ai soldati americani al ritorno a casa e che, nel suo caso, sono esplose, come capita in questi casi, al momento in cui si è trovato in una situazione pacifica. In un simile contesto il contatto tra il disordine psichico e la propaganda Isis, che parla secondo il linguaggio dei videogiochi, avviene in modo naturale. Non c'è bisogno di affiliazione o arruolamento dopo la propaganda. Bastano la citazione di Isis, la bandiera trovata in casa del diciassettenne di Wuerzburg e si può parlare, nemmeno a sproposito, di attentato. E' quello che è avvenuto dopo che il diciassettenne afgano si è lanciato, ascia alla mano, contro dei passeggeri delle ferrovie locali della zona di Wuerzuburg.

A quel punto ci pensano i media globali a diffondere le immagini e quell'effetto panico, provocato dall'esplosione della psiche del diciassettenne, che serve come strumento di pressione sull'opinione pubblica per influenzare decisioni e comportamenti politici. Di tutto questo è consapevole Isis: basta vedere l'appello, via social media, ai lupi solitari, per colpire alle olimpiadi in Brasile. La bomba psichica è uno degli ordigni della guerra senza limiti. Gli adolescenti rappresentano, potenzialmente, una tipologia di questa bomba. Imprevedibile, efficace, inafferrabile perché non si attiva sul legami politici, organizzativi, e quindi rintracciabili. Si scatena invece nel silenzio del feed-back psicologico che avviene tra propaganda e portatore di gravi squilibri. La bomba psichica adolescenziale diviene così attentato, poi bomba dell'informazione. E' così che si usano i prodotti della vita umana, grazie all'informazione, nella guerra senza limiti. Dove l'imprevedibilità dei comportamenti umani, disseminata da un rapporto non tracciabile tra psiche e propaganda, produce risultati bellici efficaci.

E a Monaco, dalle informazioni disponibili al momento, abbiamo visto in atto un'altra bomba psichica di tipo adolescenziale. E' riconducibile a ciò che viene chiamato terrorismo, la cui prova sta nel feed-back avvenuto tra mente e propaganda, oppure è un altro tipo di caso? Per poter entrare compiutamente negli effetti bellici della guerra senza limiti, la strage di Monaco avrebbe dovuto essere coronata dal ritrovamento di una bandiera dell'Isis, di una copia del Corano, di messaggi sui social, di qualsiasi cosa riconducibile ai processi di "radicalizzazione" islamica. Invece niente di tutto questo. Ci fermiamo all'essenziale: un diciottenne, il cui nome è diverso rispetto a quanto pubblicato dalla stampa italiana, già in cura per depressione, con in casa informazioni e testi sugli omicidi di massa. Qui il feed-back non è stato tra psiche e Jihad ma tra il flusso di informazioni sull'omicidio di massa e le enormi fratture psicologiche di questo ragazzo. Eppure, non appena si è diffusa la notizia della strage di Monaco, la bomba dell'informazione che genera panico globale, strumento bellico della guerra senza limiti, era già esplosa. Questo, per fare un esempio, non era accaduto durante la strage di Columbine (Usa) dell'aprile del 1999. Nessuno si era sognato di cercare, nell'immediato, un legame tra la guerra balcanica che, in quel momento, stavano conducendo gli Stati Uniti e la strage in una scuola americana. Oggi, invece, ci sono volute ore di panico mediale globale per realizzare che non c'era legame tra Monaco le innumerevoli guerre che si giocano in Medio Oriente. E alcuni effetti della guerra senza limiti sono scattati lo stesso: dallo stato di emergenza sul campo, oltre che a quello mediale, alla consegna della significazione degli eventi agli analisti militari.

La questione adolescenziale, tanto più importante in un continente di precari quale è l'Europa, torna così grazie all'esplosione della psiche di qualche ragazzo. A causa della Jihad e del desiderio, profondo ma non islamizzato, di provocare stragi. E' un ritorno che avviene in un paese, la Germania, che, più di altri in Europa, vede l'adolescente, seguito, valutato, immesso in percorsi che si pretendono di valorizzazione. Ed è lo stesso paese che ci fa scoprire che la psiche adolescenziale è un ordigno, tra i tanti possibili, utilizzabili nella guerra senza limiti. Nel 2012, quando ad Erfurt un giovane di 29 anni uccise sedici persone in meno di venti minuti, la Germania capì di somigliare agli Usa più di quanto potesse ammettere. Oggi, con la strage di Monaco, sta comprendendo di essere più vicina alla guerra asimmetrica che c'è tra Medio Oriente e Europa ben oltre di quanto possano ammetterlo, o spiegarlo, i fatti reali.

Redazione, 23 luglio 2016

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