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24/05/2016

Yemen - Tra kamikaze dell'Isis e cluster bomb saudite

di Roberto Prinzi

Kamikaze dell’autoproclamato Stato Islamico (Is) sono tornati nuovamente in azione nella città di Aden, nel sud dello Yemen. Il bilancio, provvisorio, parla al momento di 45 persone morte e di decine di feriti. Le esplosioni sono avvenute stamattina nel distretto di Khor Maksar vicino al porto. Secondo le prime ricostruzioni, le vittime erano reclute che erano in fila in attesa di essere arruolate nell’esercito governativo. Fonti locali raccontano che un primo attentatore suicida si sarebbe fatto esplodere vicino al centro di reclutamento uccidendo 20 persone. L’altro, invece, vicino ad un altro gruppo di aspiranti militari fuori la casa di un comandante militare.

Il sanguinoso conflitto tra governo yemenita (sostenuto da una coalizione sunnita a guida saudita, da varie tribù sunnite e dagli indipendentisti del sud) e i ribelli sciiti houthi (appoggiati dall’ex presidente Saleh e, anche se non ufficialmente, dall’Iran) ha provocato almeno 6.400 morti, di cui 3.000 sono civili. Nel caos politico che si è venuto a creare (la capitale Sana’a è ancora in mano agli houthi), forze jihadiste come lo Stato Islamico e al-Qa’eda nella Penisola arabica (Aqap) ne hanno approfittato guadagnando terreno. Soprattutto nella regione del sud est, dove Aqap è riuscita ad occupare quasi interamente la regione dell’Hadramawt. Ma se al-Qa’eda era già ben radicata nel Paese e ha solo consolidato la sua forza in questi 14 mesi di guerra, è stato lo Stato Islamico a fare passi da gigante: nel 2014 ha annunciato la nascita di un’altra sua “provincia” dopo quelle egiziana e libica. Il “califfato” è balzato tristemente alle cronache per i vari attentati compiuti nel Paese: i suoi target sono stati principalmente le moschee di Sana’a frequentate dagli sciiti.

Ma a preoccupare non sono solo gli attentati provocati dal jihadismo. Amnesty International (AI) ieri ha infatti accusato la coalizione sunnita a guida saudita di aver bombardato le aree settentrionali del Paese anche con le cluster bomb (le bombe a grappolo) il cui uso è vietato dalla legge internazionale. Il loro utilizzo, scrive la ong inglese, avrebbe trasformato le aree colpite in un “campo minato per i civili”. L’associazione per i diritti umani ha sottolineato come a pagare il prezzo più alto siano stati i bambini (molti dei quali, sostiene AI, sarebbero stati “uccisi o menomati”) e ha invitato la comunità internazionale a “bonificare” queste aree. “Nazioni influenti dovrebbero chiedere alla coalizione guidata dall’Arabia Saudita di smetterla di usare le cluster bomb che sono internazionalmente vietate e che, per natura, colpiscono in modo indiscriminato” ha scritto l’organizzazione in un comunicato. Non è ottimista la consigliera di Amnesty per la gestione delle crisi, Lama Fakih. “Anche quando le ostilità cesseranno – ha detto – le vite dei civili, anche dei bambini, continueranno ad essere a rischio non appena ritorneranno a questi campi minati de facto”.

Amnesty sostiene che durante le sue recenti missioni nel nord del Paese ha trovato residui di munizioni a grappolo di fabbricazione brasiliana, britannica e statunitense utilizzate dalla coalizione sunnita guidata. Secondo AI, tra il luglio del 2015 e lo scorso aprile, sono stati registrati almeno 10 casi in cui 16 civili sono stati uccisi o feriti per l’esplosione di questi ordigni.

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