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24/05/2016

Israele - Lieberman alla difesa, palestinesi si preparano al peggio

di Michele Giorgio – il Manifesto

«Israele ha commesso crimini contro di noi prima (della scelta) di Lieberman e continuerà a compierli dopo che Lieberman sarà nominato ufficialmente ministro». Allarga le braccia Xavier Abu Eid, il portavoce dell’Olp, commentando il passo fatto dal premier israeliano Netanyahu che, qualche giorno fa, ha sostituito alla guida del ministero della difesa il suo compagno di partito (Likud) Moshe Yaalon con Avigdor Lieberman, leader di Yisrael Beitenu e figura di primo piano della destra più estrema, quella che, tra le altre cose, invoca apertamente il “transfer”, ossia l’espulsione degli arabo israeliani, i palestinesi cittadini di Israele. «Tuttavia», aggiunge il portavoce dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp, che formalmente rappresenta tutti i palestinesi), «la decisione di Netanyahu di nominare un personaggio come Lieberman, un colono, al ministero che gestisce l’occupazione militare dei nostri territori è un segnale preciso inviato ai palestinesi e alla comunità internazionale. Netanyahu – prosegue Abu Eid – ci sta ribadendo che non ha alcuna intenzione di andare a un accordo politico e che vuole continuare a costruire colonie ebraiche nelle terre occupate nel 1967».

L’arrivo di Lieberman, ormai certo, al ministero della difesa israeliano è da alcuni giorni al centro delle discussioni ai vertici della politica nella Cisgiordania amministrata (solo in parte) dal governo dell’Autorità nazionale palestinese del presidente Abu Mazen e nella Striscia di Gaza controllata dal movimento islamico Hamas. I propositi bellicosi manifestati in questi ultimi due-tre anni dal futuro ministro israeliano contro l’Anp e Hamas sono ben presenti a tutti i palestinesi, di ogni colore politico. E in queste ore si rincorrono voci di una presunta intenzione di Abu Mazen di procedere con maggiore determinazione sul binario multilaterale piuttosto che su quello bilaterale, il negoziato diretto con Israele, per arrivare alla nascita dello Stato di Palestina in Cisgiordania e Gaza, con capitale Gerusalemme Est. Per questo a Ramallah punterebbero, persino più di prima, sull’incontro internazionale (osteggiato da Israele) sulla questione israelo-palestinese che si dovrebbe tenere il 3 giugno in Francia.

Xavier Abu Eid non si sbilancia. «Questi sforzi sui tavoli della diplomazia e delle grandi istituzioni internazionali, come le Nazioni Unite, vanno avanti da anni e procederanno in ogni caso» spiega il portavoce dell’Olp ricordando che la Palestina è stata riconosciuta come Paese non membro dell’Assemblea dell’Onu, fa parte della Corte Penale Internazionale, dell’Unesco e ha già firmato decine di trattati. Resta vago anche sulla spinta, invocata da molti palestinesi, alle denunce per crimini di guerra contro Israele che l’Olp aveva proclamato di voler presentare alla Corte Penale Internazionale. Secondo l’analista Diana Buttu, esperta di diritto internazionale, la scelta di Lieberman come ministro della difesa di Israele «non porterà i palestinesi ad accentuare le iniziative avviate o annunciate a livello internazionale per ottenere il riconoscimento pieno, anche sul terreno, dello Stato di Palestina». L’Olp e l’Anp, prevede Buttu, «non si impegneranno, come invece dovrebbero, per accentuare l’isolamento internazionale in cui il governo israeliano si sta chiudendo a causa delle sue politiche e della sua composizione. Piuttosto – prosegue – continueranno a credere nelle possibilità dell’incontro in Francia mentre la popolazione palestinese è stanca di proposte, incontri, accordi e via dicendo che non hanno cambiato nulla in 25 anni di negoziati veri e presunti».

A Gaza si vive un’atmosfera particolare dopo l’annuncio della prossima nomina di Lieberman. «La popolazione civile è rassegnata da tempo – dice Sami Ajrami, un giornalista – sa che una nuova guerra con Israele è alle porte con o senza Lieberman ed è più concentrata sui problemi della vita quotidiana: la mancanza di lavoro, la povertà, le distruzioni della guerra del 2014, la poca elettricità disponibile e la scarsa acqua potabile». Il vertice di Hamas da parte sua ha preso molto sul serio la scelta di Lieberman che in più di una occasione ha chiesto la rioccupazione totale di Gaza e di abbattere con la forza delle armi il movimento islamico. «I leader di Hamas e di Ezzedin al Qassam (l’ala militare) si stanno preparando a un nuovo scontro militare con Israele anche se non credono che sia imminente», afferma Ajrami. Venerdì uno dei fondatori di Hamas, Mahmoud Zahar, ha sfidato Lieberman a mettere in atto i suoi propositi e ha assicurato che le forze di Hamas sono pronte al conflitto con Israele.

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