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22/03/2016

Servizi segreti turchi: Isis pianifica attacchi sensazionali

Chiara Cruciati –  il Manifesto

Aveva pubblicato sui social network foto di combattenti del Pkk, per questo è stata arrestata: Giovanna Lanzavecchia, 24enne di Como, è stata prelevata dalla polizia turca in un internet cafè di Istanbul con l’accusa di propaganda a favore di un’organizzazione terroristica. Secondo il padre Marco, la giovane dovrebbe rientrare in Italia «al massimo mercoledì con il divieto di ingresso nel paese per i prossimi 5 anni». Vietato parlare di questione kurda: la regola in Turchia resta la stessa, che si tratti di giovani turisti o di media nazionali. Alle condanne che ogni tanto arrivano da Bruxelles ha risposto ieri il presidente Erdogan, un ritornello ormai noto: Ankara non accetta critiche su diritti umani e libertà di stampa da un Europa che non sa gestire i rifugiati e che sostiene il movimento kurdo.

Niente di nuovo sotto il sole: l’arroganza di Erdogan si fonda dopotutto sull’ipocrisia europea. Ieri un team di osservatori turchi è arrivato in Grecia, nelle isole di Lesbo e Chios per monitorare i primi respingimenti di profughi ordinati dall’accordo tra Ankara e Bruxelles. I barconi, però, non si fermano: nelle ultime 36 ore, dicono funzionari greci, altri 2mila migranti sono sbarcati sulle coste elleniche. Per molti di loro l’unico destino è la deportazione in Turchia, sebbene il ritardo europeo nell’inviare nel paese esperti, traduttori e funzionari dell’immigrazione non dovrebbe permetterne il via prima del 4 aprile.

Ieri a soffiare sul castello di carta messo in piedi con perizia dal duo Bruxelles-Ankara è stata Amnesty International: l’accordo «è seriamente difettoso legalmente e moralmente» perché la Turchia – guarda un po’ – non può essere considerata un paese sicuro «non offrendo protezione adeguata». Non la offre ai rifugiati che vivono in condizioni pessime sia nei campi profughi che nelle strade delle città dove spesso sono costretti a mendicare o a lavorare in nero per stipendi miseri. Non la offre di certo alla comunità kurda sotto assedio che, nonostante tutto, in questi giorni sfida il divieto a festeggiare il Newroz e finisce attaccata dalla polizia.

Non la offre nemmeno ai turchi, costretti da mesi a subire attentati causati dalle politiche belliche dell’incendiario Erdogan. Ieri il presidente ha ribadito l’intenzione di usare ogni mezzo militare e di intelligence per combattere il terrorismo. L’ultimo attentato sabato mattina a Istanbul contro la via dello shopping Istiklal Avenue, che ha ucciso 5 persone, dopo le prime accuse al Pkk è stato attribuito allo Stato Islamico. Creatura lasciata crescere e maturare dai paesi interessati a destabilizzare il cuore del Medio Oriente – Golfo e Turchia in testa – oggi si ribella ai suoi sostenitori. Eppure la risposta è fiacca: quei mezzi militari e di intelligence che Erdogan millanta vengono riversati contro la comunità kurda, che si tratti di Iraq, Siria o sud-est turco, ma quasi per nulla contro l’Isis. I raid contro lo Stato Islamico nel nord della Siria si possono contare sulle dita di una mano, nonostante Ankara sia nominalmente parte della coalizione internazionale anti-Isis.

E l’Isis si allarga: dopo l’attacco di sabato, secondo i servizi segreti turchi, cellule del gruppo avrebbero pianificato altri «sensazionali» attentati. Nel mirino ci sarebbero state inizialmente le celebrazioni kurde a Istanbul per il Newroz, vietate però dalle autorità turche. Per questo gli attentatori avrebbe virato sul derby Galatasaray-Fenerbahce. Il match avrebbe dovuto giocarsi domenica ma è stato posposto per il timore di un attacco che fonti della sicurezza hanno definito nello stile delle azioni perpetrate a novembre a Parigi. Secondo i servizi segreti, il piano dei terroristi era quello di colpire alla fine della partita, prima con un kamikaze in mezzo alla folla e poi con colpi di arma da fuoco contro la gente in fuga.

E se l’attentatore di Istanbul è stato identificato (Mehmet Ozturk, cittadino turco nato nel 1992 a Gaziantep), tre altri sospetti membri dell’Isis sono stati individuati ieri e sono tuttora ricercati dalla polizia. I tre, Savas Yildiz, Haci Ali Durmaz e Yunus Durmaz, sarebbero membri di una cellula locale. Su Yunuz pendeva già un mandato d’arresto perché considerato responsabile della terribile esplosione che il 10 ottobre scorso uccise 103 persone nella capitale durante una manifestazione per la pace organizzata dal partito di opposizione pro-kurdo Hdp. Nel suo appartamento la polizia ha trovato note su possibili attacchi futuri, ben 26 luoghi in 19 diverse province.

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