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24/02/2016

Se anche la Cia era antiberlusconiana...

Wikileaks pubblica una bella massa di documenti della Nsa – l'agenzia per lo spionaggio informatico del governo degli Stati Uniti, quella da cui è fuggito Edward Snowden – da cui emerge, fra tante altre cose, che Silvio Berlusconi e il suo cerchio magico erano intercettati ad ogni ora del giorno e della notte, mentre il Caimano era in carica come presidente del consiglio. Ogni suo colloquio, anche con capi di stato stranieri, viene refertato per l'amministrazione Usa. Memorabile, dal nostro angolo visuale, il colloquio con Benjamin Netanyahu, feroce premier israeliano, protagonista dello sterminio programmato dei palestinesi, in cui promette di «mettere l’Italia a disposizione di Israele, nell’aiutare a rimettere a posto le relazioni di quest’ultimo con Washington». Immaginiamo con quale attenzione saranno state accolte le sue parole, al primo incontro con Obama dopo questa telefonata...

Scandalo! Scandalo! Sorpresa! Sorpresa! Forza Italia prova a recuperare qualche voto chiedendo una commissione di inchiesta, il governo convoca l'ambasciatore statunitense per chiedere spiegazioni (è il minimo sindacale, in casi di questa portata).

Il segreto di pulcinella, quando viene “scoperto”, genera riso, spallucce, mormorii e sguardi di compassione.

Dal punto di vista della politica internazionale, infatti, c'è ben poco da stupirsi. È vero, come lamentava il tedesco Martin Schulz, che “tra alleati non ci si dovrebbe spiare reciprocamente”. Ma lo si fa regolarmente, nella misura in cui i rapporti di forza e la superiorità tecnologica lo permettono. Per esempio, vi sembra credibile che Angela Merkel non sapesse nulla delle intenzioni di Tsipras, che aveva appena defenestrato Varoufakis e la sinistra interna di Syriza? Il contrario, invece, sembra assai poco probabile...

Si fa regolarmente, insomma, e anche l'adontarsi scandalizzati fa parte della normalità. Le ragioni per mettere sotto tutela i governi berlusconiani, specie nell'ultimo periodo, davvero non mancavano. Da quelli economico finanziari (Sarkozy che l'aveva affrontato spiegando che «Le istituzioni finanziarie italiane potrebbero presto `saltare in aria´ come il tappo di una bottiglia di champagne e che `le parole non bastano più´ e che Berlusconi `ora deve prendere delle decisioni´», con lo spread che saliva verso cime glaciali) a quelli più banalmente di letto.

A livello internazionale, nessuno si scandalizza se un/una presidente ha una/o o decine di amanti. Al potere piace misurare la propria possanza fascinosa anche in questo modo, dalla notte dei tempi. Ma su alcune cose non si scherza. Per esempio, il controllo sui partner sessuali deve essere ferreo, selettivo, “sicuro”. Nelle cronache degli anni '60 rimase tristemente famoso l'allora segretario di Stato alla guerra, John Profumo, inglese di chiare origini italiane, per il suo rapporto extraconiugale con la spogliarellista Christine Keeler. Sarebbe forse sopravvissuto allo scandalo (era regolarmente sposato, e con un'attrice abbastanza conosciuta) se la spogliarellista non avesse avuto contemporaneamente un'”assidua frequentazione” con un funzionario dell'ambasciata sovietica, quasi certamente del Kgb. Dimissioni fulminee, carriera distrutta, governo in crisi e costretto a lasciare.

Ma le decine di donzelle che si facevano selfie seminude a Palazzo Grazioli, che riferivano quasi in diretta a personaggi di dubbia onorabilità o addirittura coinvolti in traffici di droga (tale Ramirez de la Rosa, convivente di Marystelle Polanco, tra l'altro fermato una volta mentre era alla guida di un'auto intestate a Nicole Minetti...), che ricattavano platealmente il vecchio impresario alle prese con i problemi dell'età, facevano sembrare il povero Profumo quasi un campione di sicurezza antispionaggio. E questo senza neanche mettersi a immaginare cosa potevano dirsi, durante feste lontane da occhi indiscreti, Silvio Berlusconi e Vladimir Putin.

Bene. La “scoperta” che Silvio era spiato dagli americani ci dice molte cose che confliggono direttamente con un immaginario che ha distrutto la capacità di pensare politica a sinistra.

La prima è che non basta essere un fedelissimo di qualsiasi presidenza Usa per evitare di essere monitorati e sospettati di pericoloso egocentrismo.

La seconda è che la gestione della casella italiana nello schieramento Nato era fortemente a rischio, anche a causa dell'assoluta “negligenza” del Caimano verso le più elementari regole della sicurezza.

La terza, è che anche l'Unione Europea non poteva più tollerare un jokerman irresponsabile che rischiava di portare tutta la baracca verso il baratro.

La quarta – e definitiva – è che tutti gli imperialismi occidentali erano “antiberlusconiani”. Non certo per motivi ideologici o etici, ma per banale “sicurezza di funzionamento” del sistema, sia dal lato militare che economico-finanziario.

Cosa ne ricaviamo? Che l'antiberlusconismo è stato un periodo – difficile definirlo un "pensiero" – di fortissima tossicodipendenza, di assoluta incapacità di ragionare al di sopra dei liquami giornalmente squadernati sui quotidiani, di totale perdita del significato della parola “politica”, di ciclopico rifiuto di concepire un progetto indipendente da quelli dei vari poteri che si contendono anche questo paese. Quanti, per anni, hanno chiesto o concesso un “voto utile” contro questo personaggio risibile, dovrebbero smettere per sempre – da oggi – di parlare.

Se c'è qualcuno che andrebbe protetto, in queste ore, dal rischio di commettere suicidio, sono quelle (poche) migliaia di presi-per-il-culo che sono andati sotto il Quirinale, la sera dell'11 novembre 2011, a inneggiare alla “liberazione”. Usati, spremuti e gettati via dai mercati finanziari e dall'imperialismo (anche) Usa.

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