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26/02/2016

L'Iran al voto tra interessi economici e relazioni internazionali

di Francesca La Bella

Da questa mattina sono iniziate le procedure di voto in Iran per l’elezione dell’Assemblea degli esperti e del Majlis, il Parlamento iraniano. Una duplice tornata elettorale che porterà al voto circa 55 milioni di iraniani per rinnovare tutte le principali cariche governative del Paese e che merita significativa attenzione per i risvolti interni ed internazionali dei possibili risultati. A completamento del quadro si ricordi che la guida suprema iraniana viene eletta proprio dagli 88 membri dell’Assemblea degli esperti, e che l’attuale gerente della carica, l’Ayatollah Sayyed Ali Hosseini Khamenei, è ormai anziano e, da molti anni, malato. In un futuro non troppo lontano, la suddivisione dei seggi all’interno del massimo consiglio religioso determinerà, dunque, anche il nome e lo schieramento del successore di Khamenei.
Dopo poco più di un mese dalla revoca delle sanzioni internazionali contro Teheran, queste elezioni sembrano rappresentare un reale spartiacque per le future scelte economiche e diplomatiche dell’Iran. La centralità dell’economia e delle relazioni internazionali nella campagna elettorale di questi giorni è, infatti, evidente. Se da un lato, la frangia più conservatrice accusa l’attuale Presidente Hassan Rouhani di aver svenduto il Paese agli interessi occidentali senza trarne sostanziali benefici, i riformisti che, nell’alleanza con il conservatore moderato Rouhani, hanno ottenuto discreti margini di movimento, sperano di poter continuare sulla strada di riforme intrapresa in questi quattro anni. Per quanto le condizioni economiche del Paese siano ancora critiche, le aperture agli investimenti internazionali, soprattutto nel settore automotive, e il ricollocamento dell’Iran nel mercato petrolifero sembrano, infatti, aver aperto spiragli di crescita di lungo periodo. Dal punto di vista dei diritti civili, d’altro canto, le modeste aperture governative fanno apparire l’Iran come maggiormente liberale rispetto al periodo precedente quando la guida del Governo era nelle mani di Mahmud Ahmadinejad.

La disputa tra conservatori e riformisti non attiene, però, unicamente al campo delle questioni interne. Gli attacchi di questi giorni dei conservatori contro l’emittente britannica BBC, molto attiva nel Paese grazie ad un canale in lingua farsi, per la presunta presa di posizione a favore dell’ala liberale, restituisce l’immagine di un mondo politico nettamente diviso tra chi teme che l’apertura alle influenze occidentali possa portare nuove proteste nel Paese, come accaduto nel 2009 con il movimento dell’Onda Verde, e chi ritiene che l’implementazione dei rapporti internazionali possa essere veicolo di nuovo benessere. A questo si aggiunga che, in una fase di grande disequilibrio in tutta l’area a causa della guerra civile siriana, della questione yemenita e dell’avanzata dello Stato Islamico in tutti i principali Paesi della regione, il posizionamento strategico dell’Iran costituisce una variabile di primaria importanza per l’evolversi degli eventi. I due aspetti, in questo caso, sono strettamente collegati. Qualora dalle urne non dovesse uscire una maggioranza chiara o dovessero ripetersi, per cause interne o per ingerenze esterne, le mobilitazioni e le proteste del 2009, la capacità dell’Iran di porsi come alfiere dell’equilibrio mediorientale potrebbe risultare indebolita, rischiando di minare anche la solidità del blocco sciita-alawita. Da questo punto di vista, è significativo sottolineare come, per entrambi gli schieramenti, il mantenimento di un ruolo di primo piano nell’area sia di prioritaria importanza e come, scelte diverse ambiscano ad un comune obiettivo di rendere l’Iran, per la sua intransigenza o per la sua apertura, ago della bilancia delle questioni attinenti alla regione mediorientale.

Il richiamo alle urne dall’una e dall’altra parte è, dunque, sintomatico della volontà di garantire legittimità alle elezioni e alle scelte politiche e diplomatiche che verranno messe in atto da lunedì. Se il voto per l’Assemblea degli esperti, calendarizzato in contemporanea con l’elezione del Parlamento per minimizzare i costi e favorire una maggiore partecipazione, dovesse raggiungere alte percentuali di affluenza, il ruolo del consiglio potrebbe risultarne rafforzato e lo schieramento delle figure elette potrebbe determinare le linee guida future sia dell’assemblea sia del Paese. Di fondamentale importanza risulterebbe, però, essere la convergenza del voto: se la maggioranza nel Majlis dovesse essere diversa da quella rappresentata nell’Assemblea degli esperti, le tensioni potrebbero trovare nuovo vigore.

Le posizioni delle due parti, per quanto apparentemente molto distanti, tendono, però, a convergere in molti aspetti e questa potrebbe essere una delle cause principali della disillusione degli elettori e della prospettata scarsa affluenza al voto di oggi. Nonostante l’apparente modifica delle politiche interne al Paese e il leggero decremento del tasso di disoccupazione, la popolazione continua a subire gli effetti di un’elevata inflazione e di un’economia in cui il petrolio è asset insostituibile. Per quanto riguarda, invece, il più generale panorama dei diritti civili, i cambiamenti avvenuti in questi anni appaiono più formali che sostanziali, lasciando intatte molte delle pregresse problematiche. L’esito delle elezioni rischia, dunque, di avere maggiore impatto sulla politica internazionale e d’area che non sulla vita dei cittadini iraniani.

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