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23/02/2016

Libano di nuovo vicino al baratro

di Michele Giorgio Il Manifesto

Se il re saudita Salman e il suo ministro degli esteri Adel al Jubair, bloccando il finanziamento da 4 miliardi dollari promesso all’Esercito e alla polizia del Libano, cercavano di riaccendere pericolosamente lo scontro nel Paese dei Cedri, allora hanno raggiunto il loro scopo. Il Libano, con alle porte da cinque anni la guerra civile siriana, è di nuovo precipitato in una crisi politica devastante, dalle conseguenze imprevedibili, proprio quando si registravano le prime intese tra parti opposte sulla nomina del nuovo capo dello stato (attesa dal 2014), sfociate nella clamorosa riconciliazione, dopo 30 anni, tra i due leader cristiani “nemici” Michel Aoun e Samir Geagea. Da quando venerdì scorso Riyadh ha annunciato la sua decisione, in risposta alla politica estera libanese che ritiene filo iraniana e contraria ai suoi interessi nella regione, il fronte antisiriano e filo occidentale “14 Marzo”, guidato dall’ex premier sunnita Saad Hariri, e quello “8 Marzo” alleato di Damasco e controllato dal movimento sciita Hezbollah, sono tornati a scambiarsi accuse durissime.

Minando la precaria stabilità del governo, domenica il ministro della giustizia Ashraf Rifi, uomo di Hariri e vicino ai sauditi, ha dato le dimissioni proclamando di «non poter più far parte di un governo dominato da Hezbollah». Ha aggiunto che la politica estera del Libano non è aderente «al consenso arabo» (anti-iraniano) sancito dall’ultimo vertice della Lega araba e ha esortato gli altri ministri a dimettersi. Da parte sua Hariri, che ha anche la cittadinanza saudita, ha avvertito che le «offese» fatte a Riyadh e alle petromonarchie del Golfo ricadranno su coloro che le hanno formulate e ha garantito che nessuno riuscirà «a cambiare il carattere arabo del Libano». Sul banco degli imputati allestito dal fronte “14 Marzo” è finito il ministro degli esteri Gebran Bassil, un esponente della “Corrente dei Liberi Patrioti”, il partito di Michel Aoun alleato di Hezbollah.

Bassil è accusato di aver adottato posizioni «ambigue» in diverse occasioni e di non aver condannato in modo esplicito l’aggressione avvenuta a inizio anno all’ambasciata saudita a Tehran seguita alla decapitazione del religioso sciita Nimr al Nimr da parte delle autorità saudite. Bassil ieri durante l’infuocata riunione di governo presieduta dal premier Tammam Salam – terminata con una pressante richiesta a Riyadh a rivedere la sua decisione di congelare i quattro i miliardi di dollari per le forze armate libanesi e una dichiarazione di aperto sostegno alla linea del “consenso arabo” – ha smentito di non aver condannato l’attacco all’ambasciata saudita e ha ricordato che il Libano ha scelto e mantenuto una posizione di neutralità nei cinque anni della guerra civile siriana.

Il punto è proprio la neutralità del Libano. Re Salman, che fa i conti anche con il crescente deficit saudita, non ha alcuna intenzione di regalare quattro miliardi di dollari a un Paese che non sostiene apertamente la sua strategia nella regione. Inoltre non si accontenta più dell’appoggio che riceve dal “Fronte 14 Marzo” e dalla famiglia Hariri. Con il taglio dei finanziamenti Salman colpisce in profondità le Forze Armate libanesi provando a metterle contro Hezbollah, “responsabile” del mancato arrivo dei fondi. I miliardi sauditi servivano per comprare armi, equipaggiamenti e automezzi dai francesi (un regalo di re Salman a Hollande, alleato nella causa comune contro il presidente siriano Bashar Assad) per ammodernare l’Esercito libanese che, con scarsi mezzi, sorveglia il confine con la Siria e ha già pagato un alto tributo di sangue nella lotta contro i qaedisti di al Nusra e altri jihadisti che operano lungo la frontiera tra i due Paesi. Non a caso Hezbollah ha prontamente accusato Riyadh di sostenere il terrorismo jihadista privando i militari libanesi dei mezzi necessari per difendere il Paese. Uno dei leader di Hezbollah, Nabil Qaouq, ha avvertito che l’Arabia Saudita «non riuscirà a cambiare la natura delle Forze Armate libanesi».

A rendere meno gustosa la vendetta di Re Salman è l’atteggiamento dell’Amministrazione Obama. Il portavoce del Dipartimento di Stato Mark Toner, senza commentare le decisioni di Riyadh, ha confermato l’aiuto americano ai militari libanesi. «Abbiamo intenzione di continuare il nostro sostegno alle forze armate e ai servizi di sicurezza del Libano... Abbiamo dato circa 1,4 miliardi di dollari a partire dal 2005 e l’aiuto proseguirà», ha spiegato Toner.

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