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27/01/2016

Secondo giorno di sciopero a Parigi: Uber dégage!


Ieri mattina Parigi è stata travolta da uno sciopero su più punti della città che ha riguardato diversi settori. I tassisti, gli insegnanti e i controllori del traffico aereo hanno paralizzato la città violando il clima di tensione e paura che imperversava dopo gli attentati. La più clamorosa tra le proteste è stata quella dei tassisti che sono scesi per le strade in migliaia bloccando il traffico intorno agli aereoporti di Roissy e Orly, mentre all'interno di Parigi, circa 140 veicoli si sono radunati davanti al ministero dell'Economia esponendo cartelli con scritto “Uber dégage” e “Macron démission”. Nei pressi di Porte Maillot, gli chauffeurs hanno bruciato alcuni pneumatici per bloccare il traffico provocando l’intervento immediato della polizia che dopo aver lanciato lacrimogeni per disperdere la folla ha arrestato circa venti persone.

Ma lo sciopero continua anche oggi con blocchi stradali e scontri con la polizia e si sta estendendo al resto della Francia, mentre in tanti stanno raggiungendo Parigi per dare man forte ai colleghi impegnati nella capitale.


I tassisti protestano contro la liberalizzazione del servizio e parlano di “Economic terrorism” del governo francese che ha dato il via libera alla multinazionale statunitense Uber. Un portavoce dell’associazione Taxis de France 1, Thierry Guichard ha dichiarato che il governo ha fallito nel proteggere gli autisti e nell’assicurare il rispetto delle regole. L’azienda Uber2 infatti garantisce, tramite un app gratuita, la possibilità di chiamare un taxi con autista ed agisce anche dando la possibilità, a chi ha un auto propria, di aderire al servizio attirando migliaia di disoccupati. I tassisti parigini hanno così visto ridurre le proprie entrate a causa della competizione più sfrenata permessa dal governo.

La protesta dei tassisti parigini di ieri mattina è addirittura rimbalzata in Italia. Roma, Napoli e Firenze hanno risposto allo sciopero d'oltralpe. Gli autisti si sono radunati a piazza Santi Apostoli a Roma, davanti alla stazione a Firenze e a Napoli le auto bianche hanno sfilato fino alla prefettura. I lavoratori italiani protestanto contro Uber e gli Ncc e un emendamento della senatrice Lanzillotta in discussione proprio ieri in commissione al Senato. Il Pd vorrebbe regolarizzare Uber in Italia e permettere a chiunque, in possesso di patente, di offrire un servizio di trasporto senza essere in possesso della licenza.

Ma il martedì nero di Parigi ha interessato anche i dipendenti pubblici. Lo Stato francese, come d’altronde quello italiano, è il più grande datore di lavoro del paese. Circa 5 milioni di persone dipendono dalle decisioni prese dal governo. Tra i dipendenti pubblici, compresi gli ospedali, gli insegnanti degli asili e delle elementari hanno scioperato per protestare contro la riforma del lavoro proposta a settembre e l’erosione del potere di acquisto dei lavoratori dell'8% a causa del congelamento dell'indicizzazione dei salari. Ma il governo francese come tutta risposta ha fatto sapere tramite il ministro della Funzione Pubblica, Marylise Lebranchu che la situazione difficile in cui imperversa il paese non concede cambiamenti in questo senso.

Non c’è da aspettarsi infatti grosse marce indietro nonostante lo sciopero e ad evidenziarlo è la riforma del lavoro in arrivo, che probabilmente metterà in discussione le 35 ore tanto sacre in Francia. Il ministro dell’Economia, Emmanuel Macron ha dichiarato la scorsa settimana a Davos che a livello aziendale potrebbe essere concessa la possibilità di aumentare le ore di lavoro senza cambiare la retribuzione. Una proposta che sembra ricordare le dichiarazioni di Poletti di qualche tempo fa. Il ministro italiano affermava che l'orario di lavoro fosse un parametro troppo vecchio per definire il salario! In tempi di crisi questo e altro per rispondere alla minaccia costante delle aziende di andare via dal paese senza un abbassamento importante del costo del lavoro. E allora i tabu, così vengono chiamate le 35 ore dal governo francese, come la buonanima dell'art.18 in Italia, devono essere sfatati e i diritti violati.

Se aggiungiamo a questo la possibilità data dai nostri governi a multinazionali come Uber, di proprietà della Goldman Sachs, di entrare a gamba tesa nei servizi, il cerchio della deregolarizzazione si chiude. Le aziende come la Uber operano digitalizzando i servizi e rispondendo alle esigenze della “smart city” dove sempre più marcata è la differenza tra chi usufruisce di tali sevizi e chi dovrebbe sopravvivere lavorandoci. Infatti, dietro l'innovazione tecnologica “a portata di mano” avviene sia la sostituzione del lavoro umano, sia la deregolazione del lavoro perché ciò che è importante è la sua flessibilità che, per il beneplacito delle multinazionali, non può adattarsi alla tutela. Pensiamo ad aziende come Airbnb o alla stessa Uber. Sono delle semplici app ma mettono in contatto l'offerta e la domanda, quale tipo di diritti e tutele hanno chi lavora non è affar loro e a questo punto neanche dello Stato. Il problema è quando vendono tutto questo come un'opportunità come si sta facendo in Francia: “si creano nuovi posti di lavoro”! Afferma in questi giorni la Uber. Ma a che prezzo?

Un tempo l'intermediazione di manodopera non era legale, oggi è prassi. Certo non si tratta di elogiare il lavoro per com'era e rimpiangere i quarant'anni di servizio che logoravano mente e corpo. Ma si tratta di capire come la trasformazione del lavoro cambia il nesso dello sfruttamento.
Un nesso subdolo che passa come opportunità. I tassisti di Parigi combattono per la propria sopravvivenza e non solo, forse combattono contro un'idea di vita a cui ancora pochi riescono a ribellarsi.

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