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27/01/2016

Casablanca - Tripoli vial Algeri: allarme sulla nuova rotta dello jihadismo

di Giovanni Pagani

Mentre il processo di riunificazione libica definito nella città marocchina di Skhirat subisce l’ennesimo rallentamento, è proprio dal Marocco che potrebbero giungere nuovi rinforzi per Daesh in Libia. A dare l’allarme sono le autorità algerine, le quali hanno chiesto maggiore chiarezza a Rabat a seguito di un insolito flusso di marocchini in transito verso Tripoli via Algeri.

Nella notte di sabato 23 gennaio, circa 270 marocchini provenienti da Casablanca sono stati fermati all’aeroporto Houari-Boumedienne mentre erano in attesa della coincidenza per Tripoli. Le autorità algerine, allarmate dal fatto che molti dei viaggiatori fermati non si trovavano in possesso di regolari documenti di residenza in Libia, hanno preferito impedire loro il transito, sospettando che si trattasse di foreign fighters pronti ad unirsi alle fila di Daesh. L’episodio – contornato da poca chiarezza a causa delle già fredde relazioni diplomatiche tra Rabat e Algeri – è stato infine risolto con un incontro tra l’ambasciatore marocchino e il ministro degli Esteri algerino, Abdelkader Messahel.

Quest’ultimo – come riportato domenica dal quotidiano locale L’Expression – ha infine dichiarato che i viaggiatori con regolare permesso di soggiorno o lavoro sarebbero stati fatti transitare in Libia in via eccezionale, mentre gli altri sarebbero stati rimpatriati. In altre parole, al di fuori di questo singolo frangente, nessun marocchino potrà più entrare in Libia attraverso l’Algeria.
Il collegamento aereo tra Marocco e Libia è interrotto dal febbraio del 2015, quando Rabat decise di proibire l’accesso agli aerei libici, dopo che la propria compagnia di bandiera, Royal Air Maroc, aveva già sospeso i voli su Tripoli nel luglio precedente. Fino a domenica 24 gennaio, i marocchini con un lavoro in Libia erano quindi costretti a fare scalo in Algeria; ma il rafforzamento della presenza di Daesh sul territorio libico, unito al sensibile aumento di marocchini diretti in Libia denunciato da Algeri nelle scorse settimane, ha portato quest’ultima a interrompere la rotta per motivi di sicurezza nazionale.

A prescindere dall’isolato caso diplomatico verificatosi tra Rabat e Algeri, i timori delle autorità algerine potrebbero fondatamente segnalare l’emergenza di un nuovo flusso di foreign fighters in uscita dal Marocco; oltre a confermare la Libia come ‘destinazione emergente’ del jihad internazionale.

Il fenomeno dei combattenti marocchini in Siria segue esattamente la parabola e le tempistiche vissute da altri paesi arabi ed europei. Dall’inizio del 2011 all’estate del 2014 – quando fu proclamato il “califfato” di Abu Bakr al-Baghdadi – Rabat, al fianco di molte potenze europee e arabo-sunnite, aveva deliberatamente dichiarato il proprio appoggio ai ribelli siriani, dando tacita approvazione ai giovani jihadisti che decidevano di lasciare il paese per combattere Assad. Ma l’affermarsi di Daesh in Siria, Iraq e Libia, accompagnato dal nuovo ciclo di attentati che ha investito Europa e mondo arabo negli ultimi mesi, ha portato le autorità marocchine ad agire con rinnovata durezza nei confronti di coloro che dimostravano tendenze al radicalismo islamico o che tentavano di unirsi alle fila del terrorismo internazionale. La nuova norma sulla sicurezza nazionale – una versione aggiornata della legge anti-terrorismo promossa all’indomani degli attentati di Casablanca (2003) – si inserisce in questo quadro e non è stata esente da critiche da parte di varie Ong, per le limitazioni delle libertà personali e dei diritti umani che essa ha comportato.

Le ragioni che spingono sempre più giovani dalle periferie di Casablanca, Tangeri e Tetouan a rispondere alla chiamata di Daesh si possono ricondurre allo stesso senso di emarginazione e ingiustizia sociale che porta migliaia di tunisini a seguire il medesimo percorso ogni mese. Inoltre, il Marocco non è estraneo al radicalismo salafita di matrice jihadista, che aveva già portato molti giovani in Iraq dopo l’invasione del 2003 e che continua a fornire un fertile terreno ideologico per la retorica di Daesh.

Secondo dati ufficiali pubblicati lo scorso ottobre, sarebbero infatti 1500 i marocchini già reclutati dallo Stato Islamico, 2500 se si calcolano anche quelli con cittadinanza europea. Il Marocco, si colloca dunque al secondo posto in Nord Africa, dopo la Tunisia, per il numero di giovani che hanno sposato la causa di Daesh; mentre come dimostrano i recenti timori di Algeri, un crescente numero tra questi sembra sempre più attratto dall’opzione libica.

Il progressivo sgretolamento dell’entità statale libica dall’estate 2014, unito alla contingente concentrazione in Siria ed Iraq dei maggiori sforzi internazionali contro lo Stato Islamico, ha infatti creato le condizioni ideali affinché la Libia diventasse ‘meta emergente’ del terrorismo islamico. La presenza di due governi insediati agli estremi geografici del paese ed entrambi impossibilitati a esercitare alcun tipo di sovranità territoriale su di esso, ha fatto sì che si venisse a creare un ampio vuoto governativo nella regione centrale, in prossimità di Sirte.

Qui, città natale di Muammar Gheddafi, il format jihadista promosso da Daesh ha attecchito rapidamente su alcuni milizie locali, alle quali si sono aggiunti sempre più volontari dall’area sub-Sahariana e dai vicini paesi del Nord Africa. A quasi un anno dalla decapitazione di 21 lavoratori copti, ‘manifesto’ videografico di Daesh in Libia, si può affermare che quest’ultimo abbia affondato radici stabili nell’area, aiutato anche dalla complicità di una comunità internazionale disattenta e frammentata.

In questo quadro, la Libia aveva fino a ieri rappresentato una meta di passaggio, dove i foreign fighters in arrivo dai paesi limitrofi erano indottrinati e addestrati prima di recarsi in Siria attraverso la Turchia. Tuttavia, l’aumento dei controlli lungo la frontiera turco-siriana e la crescente disponibilità di volontari, proprio dalla Tunisia e dal Marocco, sembrano aver reso Sirte destinazione sempre più finale nelle nuove rotte del jihad.

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