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23/12/2015

Sinistra Italiana, il fisco e una minestra riscaldata

Nei giorni scorsi mi è capitato di assistere, presso il Concetto Marchesi, all’affollatissimo incontro con Alfredo D’Attorre che presentava Sinistra Italiana. Sala gremita e molto interesse, però devo dire di non aver ricevuto una gran buona impressione della nuova formazione politica, che tanto nuova non mi pare.

A cominciare dallo stile: un oratore ufficiale che parla per oltre un’ora di fila, magari punteggiando con numerosi “ed avviandomi alle conclusioni”, “un’ultimissima considerazione” (dopo di che sproloquia per altri 15 minuti, peraltro continuando a non dir nulla). E’ l’insopportabile cifra stilistica del classico dirigente che ammaestra le masse (che non ascolta mai). Roba vista troppe volte. E peggio ancora se poi infila una serie di castronerie che rivelano che non conosce le cose di cui parla. E passi per la solita tirata onirica su “un altro Euro ed un’altra Ue” (non si può proibire a nessuno di sognare), ma che, nel 2015, qualcuno dica che “occorre battersi perché vengano respinte le direttive europee in contrasto con la Costituzione che deve prevalere”, ignorando:

a. che ci sono dei trattati che stabiliscono esattamente il contrario;

b. che sin dal 1984 si è formata una costante giurisprudenza costituzionale di segno contrario, che si può anche non condividere, ma che per ora fa testo. E magari, dopo 30 anni, ci si può anche informare.

Ma quello che mi ha peggio impressionato sono stati i silenzi: non ho sentito né la parola “Etruria” né quella “fisco”. C’è stato, si, un rapidissimo passaggio sulla questione delle banche ma quanto di più generico e superficiale si possa immaginare. Sinistra Italiana ha decentemente votato la mozione di sfiducia contro la Boschi presentata dal M5s, ma non mi pare di aver sentito alcuna particolare enfasi nella denuncia delle malefatte di quella banca e dei suoi protettori politici. C’è da chiedersi quale sarebbe stato il comportamento se, al posto della Boschi, ci fosse stato Berlusconi o la Carfagna o la Gelmini.

Ma il punto più dolente è quello del fisco, semplicemente ignorato da D’Attorre che si è profuso in (genericissime) indicazioni sulla battaglia per l’occupazione. Giustissimo, ma, ci fosse stato tempo per il dibattito (reso invece impossibile dal fatto che l’augusto dirigente ha terminato la sua alluvionale esternazione alle otto meno un quarto) gli avrei chiesto “Ma come si fa a produrre più occupazione con questa pressione fiscale?”. Senza una ripresa dei consumi non può esserci alcuna ripresa occupazionale e, se la tasche della gente sono prosciugate dal fisco, come pensate che i consumi possano risalire? Quanto alle aziende, strette nella morsa dei tassi da usura praticati dalle banche e pressione del fisco, è così strano che chiudano a raffica, mettendo centinaia di migliaia di persone in mezzo ad una strada?

Ma la sinistra è convinta che la lotta contro l’eccessivo prelievo fiscale sia una parolaccia, una cosa da lasciare alla destra e se Renzi accenna a qualche demagogica promessa di tagli alle tasse, lo si attacca non perché le sue sono promesse da marinaio, ma perché bisogna battersi per mantenere le tasse sulla casa in nome della lotta ai “ricchi”. Ed, ovviamente, senza che ci sia alcuna azione per colpire le rendite finanziarie.

Penoso, francamente penoso e le premesse per l’ennesima sconfitta di questa sinistra da salotto e da terrazza romana sono già tutte presenti. E’ solo l’ennesima replica di un film visto troppe volte. Auguri!

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