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30/11/2015

Non nel vostro nome

Giusto per ricordare agli intellettuali italiani che se il presepe, i cori di Natale, la messa di mezzanotte e tutto l’ambaradàn natalizio fanno parte della loro cultura, beh, non fanno parte della mia.
Che regolarmente pago fino all’ultimo euro di tasse per permettere agli insegnanti di religione di andare in classe a insegnare la loro religione: contro la quale non ho nulla, anzi. Rispetto, stimo e, se lo devo dire chiaro, spesso invidio i miei amici cattolici, quelli veri. Sono persone degnissime, che non hanno alcun bisogno di scusarsi per l’Inquisizione, o la connivenza con i casi di pedofilia, così come i miei amici islamici non sentono la necessità pelosa di dire che non sono terroristi. Tuttavia, mi farebbe piacere ricordare a tutti che esistiamo anche noi, quelli che non hanno la fortuna di avere una fede, e che però, prosaicamente, paghiamo per la fede degli altri. Che puntualmente, quando si parla di rispetto, si dimenticano quello dovuto a noi.

Che non consideriamo radici comuni i canti di Natale, il presepio e le messe di mezzanotte, e che invece saremmo disposti a incontrarci con loro sul campo della civiltà, del progresso, della tolleranza, del rispetto reciproco. Tutte cose che però si infrangono sul loro desiderio, non dissimile se non nei metodi (meno cruenti ma altrettanto efficaci) di far vivere noi secondo le loro regole e convinzioni. Per abortire bisogna chiedere il permesso a ginecologi cattolici, per i matrimoni gay si aspetta il via libera di cattolicissimi pluridivorziati e puttanieri, e via così.

Ora, costoro devono sapere che non sono più vicino a loro, culturalmente parlando, di quanto non lo sia al più oltranzista degli Imam. Per quanto il Natale faccia parte del mio retroterra culturale (e ne sono felice), non è che io e voi siamo uguali perché mangiamo il capitone la vigilia, anzi. Se volete incontrare me, la gente come me, dovete fare come i miei amici cattolici, quelli che stimo e rispetto: cercarmi su terreno di valori valido, rispettoso, onesto. Ci si vede dopo la messa e ci si trova d’accordo sul reciproco rispetto, sui diritti civili e umani, non su dove piazzare i Re Magi nel presepe.

Dovete capire che anche se siamo cresciuti tutti insieme in un paese cattolico, noi cattolici non siamo. E se anche rispettiamo le vostre tradizioni, quando pretendete di dettarci le leggi, di farci mantenere i vostri preti, non siete affatto diversi dal musulmano rompicoglioni che pretende che voi non mangiate lo strologhino o il prosciutto, o che si offende se portate il vino a tavola. Voi che tremate al pensiero che il crocefisso scompaia dalle aule (non dalle vostre chiese, dalle aule), fareste bene a ricordarvi che quando ce lo avete piazzato non avete mica chiesto il nostro, di parere. Noi non ce lo vorremmo, ma siccome siete di più, e non ve ne frega un cazzo di quello che desideriamo noi, il crocefisso resta dov’è.

Quella che voi chiamate tradizione condivisa è un’imposizione, che peraltro ritenete ingiusto pagarvi da soli.

Capisco fare la figura degli oscurantisti, ma quella dei pezzenti ve la potevate risparmiare.

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