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28/10/2015

Il marinismo

Guardando la cronaca politica di questi giorni ci si può chiedere quale Marino sia sindaco di Roma. Se Ignazio, gaffeur professionista dalla voce petulante, o Giovan Battista, poeta a cavallo tra XVI e XVII secolo. Entrambi hanno avuto un intenso periodo romano nella loro vita, entrambi rapporti controversi con la chiesa, entrambi frequentatori dell'accademia degli umoristi. Solo che Ignazio sta nell’accademia degli umoristi involontari mentre Giovan Battista sapeva frequentare l’allora Accademia dei Begli Umori, che garantiva i vantaggi delle entrature nel mondo politico senza gli svantaggi dei veleni di corte.

A pensarci però sono più le similitudini che le differenze: il marinismo, la scuola lanciata dal Giovan Battista, si specializzò, tra le tante, nella figura retorica della contrapposizione. Marino, Ignazio capostipite dell’umorismo involontario, si è sbracciato per declamarsi antifascista contro i fascisti, antimafioso contro i mafiosi e moralizzatore della sua propria giunta anzi, di se stesso. Indimenticabile, su tutti i manuali, l’effetto retorico della maraviglia mariniana che, nella poetica barocca italiana, ha influenzato scuole e stili nazionali fino a lambire il settecento. La maraviglia di Ignazio non sta solo nelle sue indimenticabili gaffe, ma anche in questo gioco delle dimissioni ricevute, date, lasciate, girate come una feroce ordalìa al mittente Pd. O di quella faccia da primo della classe eterno che incita alla lotta, contro chi non si capisce bene, il popolo romano citando Che Guevara. Il quale si starà rivoltando nella tomba come un frullino: citato da un improbabile sindaco di una ex maggioranza liberista-securitaria mezza arancione amante delle cene nei ristoranti che contano negli Usa. Nemmeno il marinismo originario avrebbe potuto cantare in versi questa storia.

Ma cosa ci dice il marinismo (si fa per dire) politico? Di una crisi violenta della residua base materiale e politica della sinistra. Non sfugge che il raduno pro Marino (Ignazio) dei giorni scorsi abbia anche una base materiale di sinistra: opinione pubblica radical e moralizzatrice (quando si dice credere alla propaganda..), lavoratori nel sociale che giustamente temono di essere spazzati via dalle prossime giunte, ceto politico di sinistra che sente che è arrivata l’ultima ora di un lungo percorso di patti con il centro che, dalle giunte Rutelli passando per Veltroni, qualche frutto lo ha dato. Significativo che i lavoratori non abbiano mosso un dito per Marino. Del resto il marinismo politico contemporaneo ha uno stile ben preciso: tagli lineari al lavoro in nome della lotta alle clientele. Per esser stato eletto con i voti di Buzzi, impagabile il filmato di Marino a favore della cooperativa 29 giugno, niente male davvero. Ora che Marino si giochi la propria sopravvivenza politica grazie al modo con cui uscirà di scena da sindaco della capitale è comprensibile. Meno che delle sinistre, e qui ci riferiamo al ceto politico e non al popolo che è giustamente mutevole, insistano nell’accanimento terapeutico verso cicli politici oramai abbondantemente consumati.

Le sinistre istituzionali non hanno ancora capito che il centrosinistra è finito. E’ terminato quel lungo ciclo compromissorio, di alleanza tattica col liberismo dei Prodi che redistribuiva risorse ad un ceto politico il quale, a sua volta, redistribuiva risorse a reti di cooperazione. Sempre in cambio di un appoggio che, smantella oggi smantella domani ogni bene pubblico, ha finito per togliere ogni base materiale alle stesse sinistre. Il marinismo attuale, espressione di un crepuscolare barocco politico digitale (tra twitter e altri social media), indica l’insistenza di un ceto politico di sinistra ad indugiare sul vuoto. Comprendiamo che un quarto di secolo di tatticismi, usati dopo la fine del Pci come prima si facevano invece dentro il Pci, erano comunque una coperta di Linus. Utile dal punto di vista simbolico come materiale. Ma ora immancabilmente, quando arriverà la marea, per chi continua a indugiare sulle rive della tattica, non ci potrà che essere l’inevitabile: la caduta nel nulla tra l’indifferenza generale.

redazione, 28 ottobre 2015

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