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29/10/2015

EuroGolpe in Portogallo, la Troika impone un governo di destra

Nasce moribondo, almeno apparentemente, il governo di Pedro Passos Coelho, ex premier uscito vincitore ma al tempo stesso sconfitto dalle recenti elezioni legislative. Infatti la sua coalizione ‘Portugal a Frente’ tra i partiti della destra – i Popolari e i Socialdemocratici – si è piazzata sì in testa ma con soli 104 seggi sui 230 totali del Parlamento di Lisbona. Dopo il voto, su pressione della Troika, Coelho ha avviato la trattativa con i socialisti – arrivati in seconda posizione con il 32% – in modo da formare una, per i poteri forti, ‘grande coalizione’ in grado di gestire l’applicazione delle misure lacrime e sangue imposte al paese in anni di commissariamento.

Ma la trattativa non è andata in porto a causa soprattutto dell’intransigenza del centrodestra, oltre che di divisioni interne al Partito Socialista, spaccato tra una corrente che vorrebbe rivedere alcuni dei provvedimenti più iniqui e pesanti chiesti dalle istituzioni europee e dal FMI in cambio di alcune decine di miliardi di euro di prestiti, e un’altra che invece non vuol sentir parlare neanche di un leggero alleggerimento dell’austerity neanche ora che, almeno formalmente, Lisbona non è più nemmeno sottoposta al controllo diretto da parte della Troika.

E così nei giorni scorsi, dopo giorni di trattative tra il leader dei socialisti e i due partiti di sinistra entrati in parlamento – i il Bloco de Esquerda (BE) e la coalizione tra comunisti e verdi (Cdu) – il segretario del Psp Antonio Costa aveva chiesto al presidente della repubblica Anibal Cavaco Silva di ricevere l’incarico di formare un esecutivo, visto che aveva a disposizione un'ampia maggioranza parlamentare. In molti si sono chiesti come farebbe a funzionare un esecutivo sostenuto dai socialisti, fedeli servitori dei diktat di Bruxelles e di Francoforte anche quando erano all’opposizione, dai cugini locali di Syriza contrari all’austerity e favorevoli alla riduzione del debito, e addirittura dai comunisti che contestano la permanenza del paese nell’Euro e nella stessa Unione Europea, oltre che nella Nato. A meno di un’improbabile svolta anti austerity dei socialisti l’unico modo di far sopravvivere un siffatto governo sarebbe la rinuncia da parte delle sinistre alle proprie battaglie, in nome della semplice esclusione dal potere degli odiati esponenti della destra.

Ma non è questa, per ora, la questione, che semmai si porrà se e quando il ‘governo delle sinistre’ vedrà la luce e comincerà a cimentarsi con il debito, i tagli, le privatizzazioni, i licenziamenti ecc.

La questione – eclatante, gravissima, finora inedita – è che il presidente della repubblica, anche lui di destra, ha negato al leader socialista il conferimento dell’incarico di formare l’esecutivo. Formalmente Cavaco Silva ne aveva facoltà, essendo il Portogallo una repubblica parlamentare ‘vecchio stile’ ed essendo prassi consolidata incaricare in primo luogo il leader dello schieramento uscito vincitore dalle elezioni.

A gridare vendetta è la motivazione che ha guidato la contestatissima decisione di Cavaco Silva: la Troika – oltre ovviamente agli ambienti reazionari interni e ai mercati – non vuole che forze di sinistra, critiche nei confronti del ricatto del debito e dell’austerity o che addirittura mettono in discussione Euro ed Ue, possano accedere alla ‘stanza dei bottoni’. Potremmo discutere quanto l’esperienza di Syriza in Grecia dimostri che nelle capitali dei Piigs la “stanza dei bottoni” sia stata da tempo sequestrata e portata altrove, trasformando parlamenti e governi in semplici attuatori di decisioni prese altrove. Ma di fatto la decisione del presidente portoghese configura un vero e proprio ‘colpo di stato’ istituzionale, il primo compiuto in queste forme da una governance continentale che esplicitamente, senza infingimenti, decide chi può e chi non deve governare, in barba alle più elementari regole della democrazia rappresentativa. Qualche hanno fa era già accaduto – la sostituzione di Berlusconi con Monti – che l’Unione Europea intervenisse a gamba tesa per disarcionare un leader poco amato e impiantare un esecutivo più fedele, ma all’epoca si era trattato di una complotto.

Invece stavolta il principio che guida la sospensione della democrazia (in attesa forse che i portoghesi votino in maniera più convinta partiti obbedienti al volere dell’Unione Europea) è stato dichiarato esplicitamente quando il capo dello stato si è rifiutato di accogliere la richiesta del leader socialista. "In 40 anni di democrazia, nessun governo in Portogallo è mai dipeso dall'appoggio di forze politiche antieuropeiste... che chiedono di abrogare il Trattato di Lisbona, il Fiscal Compact, il Patto di Crescita e di Stabilità... che vogliono portare il Portogallo fuori dall'Euro ... e dalla Nato" ha detto Cavaco Silva, il quale ha poi aggiunto: “dopo tutti gli importanti sacrifici fatti nell’ambito dell’accordo finanziario, è mio dovere, ed è entro le mie prerogative costituzionali, fare tutto il possibile per impedire che vengano mandati falsi segnali alle istituzioni finanziarie e agli investitori internazionali”.

Più chiaro di così si muore a dimostrazione che quando qualcuno afferma che ‘a governare sono i mercati e le banche’ non utilizza una metafora, e non esagera, ma descrive la cruda realtà.

Il problema, comunque la si voglia mettere, è che la coalizione guidata da Passos Coelho è molto lontana dalla maggioranza assoluta, e che quindi il suo governo di minoranza potrebbe durare il tempo di un battito d’ali. Allo stato, se i socialisti avranno un sussulto di dignità, potrebbe addirittura neanche superare lo scoglio della fiducia. In attesa del responso del Parlamento, comunque, il leader della destra ha presentato al Presidente della Repubblica la lista dei ministri del nuovo esecutivo, per la maggior parte già nella squadra precedente. Se il nuovo governo non dovesse farcela, il presidente dovrebbe scegliere se riconfermare comunque l’incarico al Coelho in attesa di nuove elezioni o se incaricare, seppur controvoglia, il segretario socialista Costa. Vada come vada, il parlamento non potrà essere sciolto prima della fine di gennaio, prima cioè che finisca il semestre bianco che precede l’elezione del nuovo capo dello Stato. Qualche mese potrebbe bastare ad un Coelho imposto dalla Troika, spiegano gli analisti, per far passare i provvedimenti più urgenti e più ingombranti chiesti da Bruxelles. E forse a dare il tempo ai socialdemocratici e ai popolari di convincere l’ala più liberista del Partito Socialista a prendere le redini della formazione estromettendo Costa oppure di creare una propria pattuglia parlamentare in grado di dare a ‘Portugal a Frente’ la maggioranza che per ora non ha. Una ‘grande coalizione’ non tanto grande, in fin dei conti, ma sufficiente a soddisfare le richieste dell’Unione Europea, alla faccia della volontà popolare.

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