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28/09/2015

Le pensioni son desideri

di Carlo Musilli

Renzi spera, Padoan ammonisce, qualcun altro fa i conti ma rimane dietro le quinte. Intanto, l'esercito di ultrasessantenni in attesa di pensione trattiene il fiato per la volata finale. Mancano ormai pochi giorni alla presentazione della nuova legge di Stabilità - il testo deve arrivare in Senato non più tardi del 15 ottobre - e uno dei capitoli più attesi della manovra rimane ancora avvolto dal mistero.

"Spero che la flessibilità in uscita per i pensionati sia realizzata già con questa legge di stabilità", scrive il Premier rispondendo a un lettore dell'Unità. La sua speranza è più che motivata. Il Presidente del Consiglio si gioca una buona dose di popolarità e di credibilità su questa misura, da lui sbandierata nei mesi scorsi con l'ormai celebre metafora della "nonna che vuole andare in pensione due o tre anni prima rinunciando a 20-30-40 euro per godersi il nipotino". Anche il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha ribadito più volte la necessità di ammorbidire la legge Fornero, mentre il presidente dell'Inps, Tito Boeri, ha perfino consegnato al governo una sua proposta di riforma.

Quello che manca non sono le idee. Anzi, di proposte sul tavolo ce ne sono fin troppe: dai prepensionamenti concessi in cambio di un taglio dell'assegno pari al 3-4% per ogni anno d'anticipo al cosiddetto "prestito pensionistico" (un anticipo di 7-800 euro al mese per un periodo di due o tre anni sulla futura pensione che sarebbe restituito a rate una volta maturati i requisiti); dagli incentivi per le aziende che s'impegnano a pagare parte dei prepensionamenti all'applicazione per legge degli accordi di solidarietà, passando per la possibilità di prorogare l'opzione donna (in scadenza a fine 2015).

Tra il dire e il fare, però, c'è di mezzo il Tesoro. "L’idea che la flessibilità sia a costo zero è semplicemente inesatta", tuona il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan. A livello tecnico ha ragione: per quanto variabile, ognuna delle misure elencate in precedenza avrebbe un costo. Tuttavia, il nostro Paese dovrebbe essere felice di pagare oggi questo prezzo, poiché nel medio periodo si rivelerebbe un vantaggio anche in termini contabili.

Le ragioni principali sono tre. Primo, l'anticipo dell'età pensionabile consentirebbe all'Erario di ridurre notevolmente la spesa per la cassa integrazione. Secondo, gli over-60 che andrebbero in pensione libererebbero posti di lavoro per i più giovani e le nuove assunzioni - oltre ad avere effetti benefici sull'occupazione e quindi sui consumi - aumenterebbero il gettito contributivo annuo per le casse pubbliche. Terzo, permettendo di anticipare la pensione in cambio di una decurtazione dell'assegno previdenziale lo Stato spenderebbe qualcosa di più oggi, ma alla fine risparmierebbe, poiché in futuro (e per molti anni, visto che l'aspettativa di vita si allunga) dovrebbe pagare pensioni d'importo inferiore al previsto.

"La flessibilità nel sistema pensionistico fa risparmiare: se si fa un calcolo corretto - spiega Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera -, nel caso di uscita a 62 anni anziché a 66, il costo dell'anticipo per i primi 4 anni di una pensione penalizzata dell'8% sarà largamente compensato dai risparmi cumulati nei successivi 18 anni, con un risparmio del 4,22%". Il punto è che "quando parliamo di pensioni - continua Damiano - non possiamo limitarci a calcoli che si fermano ai primi anni, secondo una logica di cassa, ma occorre fare delle proiezioni: solo in questo modo si può parlare di sostenibilità del sistema".

Purtroppo i tecnici di Bruxelles sembrano pensarla diversamente. Per loro, come sempre, i conti pubblici di oggi valgono più di qualsiasi progetto che guardi oltre la prossima analisi dei bilanci. "Bisogna spiegare all'Europa che non vogliamo cancellare la riforma Fornero - conclude Damiano -, ma correggerla e consolidarne gli effetti finanziari". Una spiegazione che si preannuncia tutt'altro che semplice, anche perché il governo italiano ha già chiesto all'Ue di sbloccare a suo favore quasi 18 miliardi in termini di maggiore flessibilità sui vincoli comunitari. E da quelle risorse dipende buona parte della legge di Stabilità 2016.

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