Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

26/09/2015

La guerra economica al Venezuela riabilita i paramilitari e arricchisce i narcotrafficanti colombiani

di Achille Lollo

L'intelligence di Caracas ha messo a nudo l'ultimo piano sovversivo della Cia sorto nel 2013: utilizzare i clan di narcotrafficanti con l'operazione "ganga".

Nei circoli politici della capitale colombiana, Bogotá, tutti sapevano che prima o poi le autorità di Caracas avrebbero scoperto la presenza dei paramilitari nelle strutture del mercato nero, rapidamente messe in piedi da alcuni clan del narcotraffico che operano nel sudest della Colombia. Però, non speravano che la “Intendência” dello Stato Maggiore dell’Esercito venezuelano, attraverso i differenti rami dell’intelligenza militare riuscisse a identificare in poco tempo la struttura ed i meccanismi delle principali operazioni di “esportazione fraudolenta e la rete del contrabbando”. Infatti, negli ultimi sei mesi, la cosiddetta “Guerra Economica” pianificata dalla CIA è riuscita a mettere in crisi i programmi economici del governo di Nicolas Maduro e l’immagine politica dello stesso chavismo.

I successi registrati dall’esercito bolivariano nel mese di agosto e nei primi quindici giorni di settembre sono innegabili: a causa dell’avidità dei narcotrafficanti e in funzione della stupidità dei paramilitari, gli uomini dell’intelligence di Caracas sono riusciti a mettere a nudo, uno dei migliori piani sovversivi elaborati dalla CIA contro il Venezuela. Tutto cominciò alla fine del 2013 quando i vari clan di narcotrafficanti si sono rapidamente riciclati per realizzare una “ganga”. Cioè, un affare facile dal punto di vista tecnico, senza alcun rischio di incorrere in grandi illegalità giuridiche, estremamente lucrativo e soprattutto pianificato dalla CIA e giustificato dalla DEA.

Il precedente dell'Angola

Per capire meglio come la “ganga“ ha messo piede in Venezuela è necessario fare un volo nel tempo e atterrare nell’Angola dell’MPLA di Agostinho Neto, quando, negli anni ottanta, gli sforzi del governo rivoluzionario angolano furono resi vani dalla guerra civile e dalla cosiddetta “Kandonga”. Una parola in lingua kimbundu, con la quale, all’epoca, i cosiddetti mercati liberi divennero in quasi tutte le città e cittadine dell’Angola, la struttura dinamica di un progetto sovversivo che muoveva nel suo insieme la corruzione, la speculazione, il contrabbando e la manipolazione politica. C’è da dire che l’idea di sabotare il sistema di distribuzione commerciale messo in piedi dal governo angolano, con base l’esperienza cubana, fu definita dall’ambasciatore degli Stati Uniti, in Portogallo, Frank Carlucci, subito dopo la proclamazione dell’indipendenza. Infatti fino al 1977 le tecniche di sabotaggio economico messe a punto dalla CIA avevano dato infimi risultati.

Per questo, Carlucci e i suoi “boys” di Lisbona misero a punto un meccanismo di penetrazione capace di muoversi all’interno delle relazioni commerciali legali e illegali, attraverso legami familiari e personali, oltre a sfruttare pienamente gli errori e la lentezza della burocrazia del nuovo governo angolano, anche lui dipendente dalle esportazioni di petrolio e di diamanti.

Da ricordare che l’esperienza della “kandonga” angolana fu subito esportata in Mozambico e in Ghana, per sabotare i governi rivoluzionari di Samora Machel e di Jerry John Rawlings. Per questo, divenne una materia di studio a Langley, e successivamente codificata dalle eccellenze della CIA in specifici “storyboard”, elaborati per promuovere l’implementazione della “Guerra Economica” con l’obbiettivo di sovvertire qualsiasi governo rivoluzionario e anti-imperialisti del Terzo Mondo.

Da sottolineare che Frank Carlucci continuò a supervisionare l’evoluzione del processo sovversivo della Guerra Economica, che fu associata alla Guerra Psicologica, quando il “democratico” Jimmy Carter lo nominò prima Vicedirettore della CIA e poi vicesegretario della Difesa. In seguito fu il repubblicano Ronald Reagan che premiò il genio malvagio di Frank Carlucci con la nomina di Consigliere per la Sicurezza Nazionale. Fu in questo periodo che la CIA cominciò a sperimentare le nuove fasi della “Guerra Economica e Psicologica” in Nicaragua, per dissolvere il programma libertario del governo sandinista, che persino la socialdemocrazia svedese appoggiava.

Ganga, narcotrafficanti e paramilitari

Subito dopo la vittoria elettorale di Hugo Chávez, i leader dell’opposizione “esqualída” tentarono, inutilmente, la carta della guerra civile, visto che gli Stati Uniti, in quanto membri dell’OSA (Organizzazione degli Stati Americani), sarebbero potuti intervenire per “…porre fine a una guerra civile e ristabilire la democrazia...”. In seguito realizzarono un colpo di stato che, dopo 24 ore, fu sommerso dalla mobilizzazione popolare e dalla coesione dell’Esercito nei confronti del presidente Hugo Chávez, democraticamente eletto. Per ultimo la CIA pianificò un progetto sovversivo sfruttando il rancore degli oligarchi della PDVSA che, con l’aiuto dei tecnici di un’impresa statunitense, anche questa legata alla CIA, sabotarono i terminali della centrale dei dati della PDVSA per realizzare “el paro”. Cioè la paralisi produttiva delle raffinerie, delle centrali di stoccaggio e dei terminali di distribuzione. Un sabotaggio tecnologico preparato con l’intento di provocare una ribellione popolare – rimasta senza gas e benzina per due settimane – per poi stimolare lo Stato Maggiore dell’Esercito ad intervenire e ristabilire l’ordine dopo aver destituito Chávez! 

Dopo altri insuccessi sovversivi e continui litigi e divisioni all’interno dell’opposizione, le antenne della CIA di Caracas, dovettero rassegnarsi a scegliere il lento e il meno eroico cammino della “Guerra Economica”. Infatti, l’affermazione della democrazia partecipativa promossa dal governo rivoluzionario di Hugo Chavez aveva aperto le strade ad alcune grandi imprese brasiliane e argentine, che fecero affari d’oro con il Venezuela chavista, perché il governo bolivariano, oltre a sostituire gran parte delle importazioni statunitensi comprava il necessario nei paesi dell’America Latina. Al Brasile e all’Argentina, offriva una serie di benefici fiscali, opportunità di cogestione commerciale e di co-partecipazione finanziaria, affinché le imprese di questi paesi aprissero filiali, trasferendo tecnologia o associandosi a progetti industriali locali.

La scelta di Chávez per le imprese brasiliane e argentine è dipesa dal fatto che durante gli anni del cosiddetto “bipolarismo democratico” (Alianza Democratica/COPEI) l’industrializzazione fu molto trascurata, tanto che i bisogni alimentari per i “ceti abbienti” e più in generale i prodotti di consumo (mobili, elettrodomestici, medicine, abiti, le calzature etc.) erano garantiti esclusivamente dalle filiali delle imprese esportatrici americane di Miami. Tanto è vero che la VIASA (compagnia aerea venezuelana) durante molti anni ha effettuato uno speciale “ponte aereo Caracas-Miami-Caracas” con i giganteschi Jumbo, per permettere ai “Señores y Señoras de Caracas” di andare a fare lo shopping nella Lincolm Road o nella Española Way, per poi, prima di imbarcare, prendere l’aperitivo nei lussuosi caffè di Collins Avenue e Ocean Drive! Gli annali della cronaca nera ricordano che questo servizio aereo fu sospeso quando gli agenti della DEA scoprirono che la maggior parte dei benestanti turisti venezuelani, prima di spendere migliaia di dollari nelle boutique dei centri commerciali andavano a consegnare nella ricca periferia di Miami (Homestead e South Beach) false confezioni di dolci, con cui ingannavano facilmente gli agenti della dogana, visto che al posto dei dolci c’erano sacchetti con 50 o 100 grammi di pura cocaina colombiana!

Quindi, alla fine del 2013 fu fatto la prima “verificacion circunstancial” facendo sparire dai mercati “pubblici” di Caracas i pannolini per i neonati. Un bene di consumo, prodotto in Venezuela che fu comperato nella quasi totalità da pochi grossisti nazionali, che subito dopo la rispedivano nel nord del paese dove gli uomini del narcotraffico la stoccavano in appositi magazzini, aspettando il momento opportuno per esportarla al di là della frontiera in Colombia. Operazione che si realizzava nel momento in cui i gruppi paramilitari, con il complice silenzio degli ufficiali dell’esercito colombiano, occupavano i varchi di frontiera per proteggere l’entrata dei TIR e poi tutte le operazioni di stoccaggio in appositi magazzini improvvisati nelle foreste. C’è da dire che anche nei centri di controllo aereo della DEA vigeva il massimo riserbo sulle operazione della “ganga”. 

Quindi dopo alcune settimane, gli stessi grossisti che avevano fraudato la merce emettevano una fattura di importazione per riacquistare “in dollari” la merce fraudata e stazionata in territorio colombiano. Il ciclo si concludeva con il ritorno della merce che, però era distribuita esclusivamente al settore privato che la rivendeva calcolandone il prezzo non con il cambio ufficiale Dollaro/Bolivar (1 x 6,5), ma con quello parallelo ammontante ad 1 x 400!!!

La Guerra psicologica e gli attacchi dei Guarimbas

Più sofisticata invece è la “Guerra Psicologica” che utilizza individui preparati politicamente per fare dei piccoli comizi, laddove alcune decine di lavoratori o popolari, durante ore e ore, fanno la fila davanti ai supermercati pubblici. Qui i commenti si trasformano in critiche e poi in proteste che attaccano duramente il governo al punto di invocare il colpo di stato. Inoltre, in questi frangenti c’è sempre qualcuno che riprende il tutto con uno smartphone, per poi spedire i video in questione nelle redazioni delle televisioni private che manipolano il tutto dicendo “…migliaia di lavoratori si sono riuniti per protestare contro il governo di Maduro, responsabile dell’attuale situazione di carestia, per questo i lavoratori appoggiano l’intervento delle Forze Armate per ritornare alla normalità!”

Tutti i giornali, le radio e, soprattutto le televisioni private appoggiano e prendono parte a questo “festival di manipolazioni”, che ha provocato una serie di problemi al governo Maduro, accusato, tra l’altro, di aver vinto le elezioni con un margine di soli 300.000 suffragi.

La campagna denigratoria nei confronti del governo e l’ossessione per il colpo di stato ha cercato di conquistare la simpatia delle popolazioni povere delle favelas, soprattutto quando gli effetti della Guerra Economica, hanno annullato il potere di acquisto degli stipendi e quando gli attentati e le sparatorie dei “Guarimbas” si sono moltiplicati anche nei quartieri popolari. In questo contesto i giornali e le televisioni private svolgono un ruolo rilevante per l’opposizione praticando una continua violenza virtuale e mediatica che riempie i reportage e gli editoriali di polemiche e di false rivelazioni sul governo di Nicolas Maduro. Invece quando gli attentati con bombe a orologeria o le sanguinarie cariche a “lupo selvaggio” dei Guarimbas mietono vittime innocenti si autocensurano!

C’è da dire che questi gruppi armati – in maggioranza formati da paramilitari colombiani – usano potenti motociclette, normalmente rubate per scorrazzare nelle strade fin tanto poter convergere in locali predefiniti, per poi sparare ai militanti del PSVU, del PCV o a semplici cittadini colpevoli di stare nel posto errato e nell’ora sbagliata! Negli ultimi otto mesi, i Guarimbas hanno ucciso 84 persone. Però, dopo l’arresto e la confessione di un membro importante dei Guarimbas, gli attacchi armati si sono momentaneamente ridotti!

Il prezzo del barile di petrolio


Una delle grandi battaglie politiche e istituzionali che Hugo Chavez ha portato avanti nei primi dieci anni di governo è stato il processo di depurazione nella statale energetica PDVSA, che fu radicalizzato dopo l’ennesimo insuccesso del “paro petrolifero” (paralisi della produzione petrolifera).

Dopo aver sconfitto gli oligarchi della PDVSA, la statale passò ad essere controllata direttamente dal governo bolivariano che, in questo modo ha potuto finanziare tutti i progetti sociali (Missiones), quelli per la costruzione del sistema educativo popolare, oltre a triplicare gli investimenti per il settore industriale pubblico.

Un processo che anche il governo russo ha implementato ampliando il raggio d’azione della statale energetica Gazprom. Per questo motivo le “eccellenze” della Casa Bianca, capirono che le sanzioni nei confronti dei direttori di Gazprom o della PDVSA, o degli uomini forti del governo russo o di quello venezuelano non avrebbero mai messo in difficoltà i progetti politici e economici dei rispettivi paesi. Per farlo era assolutamente necessario arrestare il fiume dei petrodollari coinvolgendo in questo progetto l’Arabia Saudita, principale esportatore mondiale di idrocarburi.

L’occasione si presentò nei primi mesi del 2014, quando gli USA annunziarono che nel 2018 centinaia di progetti di trivellazione con il fracking (frantumazione delle rocce con sostanze idrocarburiche) avrebbero permesso agli USA raggiungere l'autosufficienza energetica e poter di esportare in Europa gas e petrolio. Immediatamente, giornali e televisioni misero in moto differenti meccanismi informativi per manipolare l’opinione pubblica mondiale e, di conseguenza far scoppiare il prezzo del petrolio e del gas, con una riduzione di quasi il 60%. Nello stesso tempo le transnazionali energetiche statunitensi, europee e asiatiche creavano un cartello internazionale per non far cadere i prezzi dei prodotti petroliferi e petrochimici, guadagnando come mai era successo. Infatti, mentre il ministro del petrolio dell’Arabia Saudita, Ali al-Naimi e i suoi vassalli del Golfo (Oman, Yemen, Abu Dhabi, Emirati Uniti, Kuwait e Qatar), nella sede dell’OPEC, a Vienna, criticavano duramente il governo e le transnazionali energetiche statunitensi; i manager della statale saudita ARAMCO dichiaravano ai ‘brokers” di Wall Street che avrebbero alzato la produzione del 25%. Per questo motivo le Borse Valore di New York, Chicago, Londra, Parigi e Francoforte, subito svalorizzarono il prezzo del barile di petrolio che passava dalla storica esagerazione di 120 $ a barile dell’Arabian Light e del Lybian Light, al valore intermedio di 70 $, per poi cadere fino a 48 $.

Nonostante la rinuncia del Federal Reserve di finanziare gli altissimi costi di produzione per i progetti di trivellamento con il fracking e la chiusura negli Stati Uniti di quasi cento cantieri di prospezione, il prezzo del barile del petrolio ha continuato la sua solitaria discesa, anche perché la Casa Bianca aveva fatto sapere che con la firma da parte dell’Iran nei negoziati sulle centrali nucleari, gli Stati Uniti avrebbero ritirato le sanzioni sull’esportazione del petrolio e del gas.

Infatti nei negoziati intavolati con l’Iran per regolarizzare il funzionamento delle centrali nucleari per la produzione di energia elettrica, il segretario di Stato, John Kerry, richiedeva al presidente dell’Iran, Hassan Rouhani l’immediata ripresa di tutti i centri di produzione petrolifera, provocando, in questo modo il definitivo ribasso del prezzo del barile di petrolio. Infatti con il massiccio ritorno delle esportazioni dell’Iran Light nel mercato OPEC, in quello On The Spot e soprattutto nei Future, si determinava la saturazione massima di questi tre mercati che operavano ulteriori a ribasso. Tanto che oggi nei contratti Futures il costo del barile di petrolio, Arabian Light, Lybian Light e Iran Light si aggira tra i 30 ed i 35 $.

Per la Russia, ma soprattutto per il governo di Nicolas Maduro, la repentina caduta del prezzo del petrolio è stato un autentico e imprevedibile “golpe”, che ha provocato la revisione di interi programmi di investimento. Un contesto che associato alla Guerra Economica sarebbe potuto diventare esplosivo se l’esercito venezuelano non avesse iniziato a recuperare il controllo sui varchi della frontiera occupati dagli uomini della “ganga”.

*Achille Lollo è corrispondente in Italia del giornale “Brasil De Fato”, articolista internazionale del giornale web “Correio da Cidadania”, Editor del programma TV “Quadrante Informativo”. Collabora con “Alba Informazione”, “L’Antidiplomatico” e la rivista “Nuestra America”.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento