Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

26/09/2015

GB, i generali contro Corbyn

di Mario Lombardo

Con una presa di posizione straordinaria e fortemente rivelatrice, qualche giorno fa un anonimo generale britannico in servizio ha prospettato in un’intervista al Sunday Times di Londra una possibile rivolta delle forze armate nell’eventualità di un futuro governo guidato dal neo-leader laburista, Jeremy Corbyn. Se il Partito Laburista dovesse vincere le elezioni del 2020 e Corbyn, la cui agenda politica teorica è considerata di “estrema sinistra”, diventare primo ministro, secondo il generale si verificherebbero “dimissioni di massa ad ogni livello” nelle forze armate e, ancora peggio, ci si troverebbe di fronte alla “reale prospettiva di un evento che risulterebbe di fatto un ammutinamento”.

La descrizione di quanto potrebbe accadere il giorno dopo l’insediamento di un governo Corbyn continua con scenari da colpo di stato. “Si assisterebbe”, prosegue l’alto ufficiale britannico, “a una significativa rottura delle convenzioni, con i generali che sfiderebbero Corbyn pubblicamente e in maniera diretta su questioni di importanza vitale”.

Lo stesso generale elenca poi alcune di tali questioni, come la liquidazione del programma “Trident”, relativo al mantenimento e allo sviluppo dell’arsenale nucleare britannico, “l’uscita dalla NATO” e i progetti per “indebolire e ridurre il numero delle forze armate”.

Se Corbyn dovesse prendere iniziative in questo senso, “l’Esercito semplicemente non lo accetterebbe”. Lo Stato Maggiore, cioè, “non permetterebbe a un primo ministro di mettere a rischio la sicurezza di questo paese” e si ricorrerebbe a “qualsiasi mezzo per impedirlo, con le buone o con le cattive”. In definitiva, conclude il generale, “non è possibile mettere nelle mani di un ribelle la sicurezza di un paese”.

L’identità del generale, come già ricordato, non è stata fornita ma il Sunday Times ha fatto sapere che si tratta di un ufficiale che ha svolto servizio in Irlanda del Nord negli anni Ottanta e Novanta. Il Ministero della Difesa ha da parte sua diffuso una blanda dichiarazione di condanna delle parole del generale, descrivendo “inaccettabile” il fatto che un ufficiale rilasci commenti di natura politica su un potenziale governo futuro.

Il Ministero ha però deciso di non aprire un’inchiesta per identificare il responsabile delle dichiarazioni al Sunday Times, in quanto ciò sarebbe impossibile visto l’elevato numero di generali. In realtà, la scelta sostanzialmente di ignorare l’intervista e le minacce di golpe appare deliberata, allo scopo di non irritare i militari.

Dopo i tagli di questi anni alla Difesa, in effetti, oggi in Gran Bretagna restano appena un centinaio di generali in servizio e ancora meno sono quelli che hanno servito in Irlanda del Nord negli anni Ottanta e Novanta.

A queste già gravissime dichiarazioni, il Sunday Times ha aggiunto le rivelazioni dei vertici dei servizi di intelligence, anch’essi protetti dall’anonimato. Questi ultimi “si rifiuterebbero di sottoporre a Corbyn le informazioni relative a operazioni in corso”, viste le sue “simpatie per i terroristi”. Il riferimento, in questo caso, è a dichiarazioni rilasciate tempo fa da Corbyn, il quale in un particolare contesto si era riferito ad Hamas e ad Hezbollah come “amici”.

Il giornale londinese prosegue poi sostenendo che nessun membro nella “comunità dell’intelligence consegnerebbe a Corbyn, o a chiunque nel suo gabinetto, informazioni che preferirebbe non dare”, mentre “qualsiasi informazione decidesse di fornirgli sarebbe di carattere generale” e dipendente “dalla sua avversione per i servizi di sicurezza britannici”.

L’articolo pubblicato dal giornale di Rupert Murdoch rientra nell’ambito di una campagna di discredito diretta contro la leadership di Jeremy Corbyn, eletto a grandissima maggioranza dai membri e da simpatizzanti del Partito Laburista un paio di settimane fa. Presentatosi con un’agenda marcatamente progressista, Corbyn è stato subito preso di mira dagli ambienti di destra britannici, ma anche dalla maggioranza “centrista” e fedele a Tony Blair del suo stesso partito.

A questo scenario va ascritta anche la notizia, riportata sempre dal Sunday Times e rimbalzata sul resto della stampa, che almeno la metà dei membri del governo-ombra appena nominato da Corbyn intende votare, contro le indicazioni di quest’ultimo, a favore di una risoluzione che il governo Cameron si appresta a presentare al parlamento per l’autorizzazione ai bombardamenti contro lo Stato Islamico (ISIS) in territorio siriano.

L’attitudine di Corbyn e della fazione a lui fedele all’interno del “Labour” è apparsa comunque evidente dalle reazioni decisamente sottotono alle dichiarazioni minacciose dell’anonimo generale. Inoltre, sotto pressione, Corbyn ha più volte assicurato che, in quanto leader del Partito Laburista ed eventualmente primo ministro, non intende perseguire a tutti i costi i progetti di riforma dell’apparato della sicurezza nazionale britannica promessi.

Per il bene e l’unità del partito, insomma, il neo-leader laburista appare più che disposto al compromesso, sia pure di fronte a un nettissimo spostamento a sinistra dell’elettorato che gravita attorno al suo partito e della popolazione in generale. A conferma di ciò vi è anche la nomina a ministri-ombra di numerose personalità della destra del partito.

L’articolo del Sunday Times è ad ogni modo un chiarissimo avvertimento e rivela la disposizione della classe dirigente britannica nei confronti di chiunque, dall’interno o dall’esterno, minacci la propria posizione e i propri interessi. I militari, in questo caso, sembrano pronti a rompere con le regole democratiche per evitare deviazioni dalle politiche atlantiste e pro-business sposate dalle élite del Regno, nonostante la crescente opposizione a esse tra la popolazione.

Questo scivolamento verso forme di governo sempre più autoritarie era stato preannunciato, tra l’altro, solo qualche settimana fa con la diffusione della notizia che, nel mese di agosto, le forze armate di Londra avevano portato a termine l’assassinio extra-giudiziario di due cittadini britannici in Siria, presumibilmente membri dell’ISIS, con un missile lanciato da un drone.

L’eccezionale rivelazione non aveva praticamente suscitato alcuna reazione di sdegno tra la stampa e la classe politica, nonostante non solo l’esecuzione fosse stata decisa dall’esecutivo in gran segreto e senza il coinvolgimento di un tribunale, ma le stesse forze armate non disponevano nemmeno dell’autorizzazione del Parlamento a condurre operazioni belliche in territorio siriano.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento