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27/08/2015

USA, Biden agita i sonni di Hillary

di Michele Paris

Secondo molti giornali americani, il vice-presidente americano, Joe Biden, sembra essere sul punto di annunciare la propria candidatura alla nomination democratica per la Casa Bianca. Una decisione in questo senso da parte dell’ex senatore del Delaware potrebbe mettere in difficoltà la chiara favorita in casa democratica, Hillary Clinton, la cui campagna elettorale a pochi mesi dall’inizio delle primarie continua a essere segnata da sospetti e inconvenienti vari.

L’entourage di Biden, lo staff della Casa Bianca e alcuni media americani nelle ultime settimane hanno diffuso indicazioni più o meno esplicite sulle intenzioni del vice di Obama di correre per la successione di quest’ultimo.

Egli stesso ha lasciato intendere di stare valutando seriamente questa ipotesi, garantendo che un annuncio pubblico sulla sua scelta avverrà entro la fine di settembre o l’inizio di ottobre. Nel fine settimana scorso, intanto, i giornali USA hanno alimentato le speculazioni sulla candidatura di Biden, dopo un suo incontro attentamente pubblicizzato con quella che viene identificata dai media come una sorta di “icona” liberal, ovvero la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren.

Quest’ultima ha da tempo respinto gli inviti a correre per la Casa Bianca ma il suo appoggio è considerato fondamentale per qualsiasi candidato che intenda fare appello alla base progressista del Partito Democratico. Per la stampa americana, perciò, l’incontro con Biden ha rappresentato un tentativo del vice-presidente di sondare l’attitudine della senatrice, a cui secondo alcuni sarebbe stata offerta un’eventuale candidatura alla vice-presidenza.

In molti articoli apparsi nei giorni scorsi sono stati descritti incontri di Biden con consulenti, finanziatori e leader democratici, alcuni dei quali hanno confidato che il vice-presidente sarebbe orientato a candidarsi anche se non appare ancora del tutto deciso. Questioni familiari potrebbero influire sulla decisione, soprattutto dopo la morte nel mese di maggio del figlio 46enne, Beau.

La probabile scelta di correre per la nomination è stata data come “molto probabile” dal Wall Street Journal. La CNN ha invece parlato di un pranzo tra Biden e Obama nella giornata di lunedì, durante il quale il presidente avrebbe dato la propria “benedizione” a una candidatura del suo numero due.

La posizione della Casa Bianca sulla questione appare particolarmente interessante, alla luce soprattutto della candidatura di Hillary Clinton che, in quanto ex segretario di Stato di Obama, sembrava avere in cassaforte l’appoggio del presidente.

Elogi di Biden e allusioni nemmeno troppo velate alle preferenze di Obama sono state registrate nel corso della conferenza stampa di lunedì scorso del portavoce della Casa Bianca, Josh Earnest. Dopo avere definito la nomina di Biden a vice-presidente come la migliore decisione mai presa nella carriera politica di Obama, Earnest ha aggiunto di “non potere escludere la possibilità di un appoggio ufficiale [al suo vice] durante le primarie democratiche” da parte del presidente.

Secondo la testata on-line Politico, al contrario, Obama continuerebbe a vedere con maggiore interesse un successo di Hillary Clinton, come conferma la consegna della sua “vasta rete di raccolta fondi nelle mani delle Super PACs” legate alla ex first lady. Le “Super PACS” sono organizzazioni che fanno campagna elettorale a favore di un determinato candidato, pur non coordinando con esso le operazioni, e possono raccogliere quantità di denaro virtualmente illimitate.

Lo stesso pezzo pubblicato mercoledì da Politico descrive un Biden relativamente passivo e segnato dal grave lutto familiare. Ciononostante, il vice-presidente americano ha preso alcune iniziative che potrebbero prefigurare una candidatura. Ad esempio, qualche giorno fa è stata presentata la sua nuova direttrice delle comunicazioni, Kate Bedingfield, la quale vanta esperienze in campagne elettorali presidenziali, avendo lavorato per John Edwards nel 2008.

Il Washington Post ha poi rivelato un invito fatto da Biden ai principali finanziatori democratici per un incontro presso la residenza ufficiale del vice-presidente ai primi di settembre. Biden avrebbe anche intensificato i contatti personali con i ricchi sostenitori del suo partito, anche se per il momento in pochi avrebbero in previsione di abbandonare Hillary Clinton.

A sorprendere gli osservatori della politica americana è sopratutto l’attesa da parte di Biden nell’annunciare la propria eventuale candidatura. Se all’inizio delle primarie mancano più di quattro mesi e oltre un anno alle elezioni presidenziali, per gli standard USA Biden è già in sensibile ritardo, considerando non solo che i suoi rivali stanno facendo attivamente campagna elettorale da molti mesi ma anche che la creazione di una macchina operativa efficiente richiede tempo e ingenti risorse da raccogliere tra finanziatori già in buona parte orientati a sborsare i propri dollari per Hillary.

Anche per questa ragione, forti dubbi sulla natura della possibile candidatura di Biden sono venuti a molti, a cominciare dai commentatori dei giornali filo-repubblicani. Il Wall Street Journal, ad esempio, è stato recentemente uno dei più espliciti nel collegare le voci che circolano attorno al vice-presidente alle difficoltà di Hillary Clinton.

Per il giornale di Rupert Murdoch, addirittura, l’amministrazione Obama è in possesso di informazioni classificate circa la serietà dell’indagine appena aperta dall’FBI sulla ex first lady e starebbe perciò coltivando la candidatura di Biden. Hillary è da mesi al centro di polemiche per avere utilizzato il proprio account di posta elettronica privato nella corrispondenza ufficiale durante la sua permanenza al Dipartimento di Stato. La legge americana prevede che i membri del gabinetto utilizzino invece un indirizzo di posta governativo ufficiale.

Al di là della più o meno seria indagine in corso e delle informazioni riservate in possesso o meno della Casa Bianca, appare tutt’altro che improbabile che la candidatura di Biden venga promossa come alternativa a quella di Hillary Clinton o appositamente per boicottare la corsa di quest’ultima.

Un ulteriore indizio in questo senso era emerso nel mese di luglio in seguito alla pubblicazione di una “esclusiva” del New York Times. Il pezzo, citando anonime fonti governative, rivelava l’apertura di un’indagine federale “criminale” ai danni di Hillary Clinton, sempre in merito alla vicenda delle e-mail del dipartimento di Stato.

Vista la quasi simbiosi tra questo giornale e l’amministrazione Obama, è probabile che la soffiata venisse proprio dall’interno del governo con l’intento di danneggiare le prospettive di Hillary. Com’è evidente, risulta impossibile scrutare le vere ragioni di un’iniziativa simile, visto anche che le rivelazioni potrebbero essere giunte da esponenti dell’apparato dello stato interessati a ostacolare l’elezione di un qualsiasi nuovo presidente democratico.

I sospetti di una manovra poco pulita sono apparsi comunque chiari alcuni giorni dopo l’uscita dell’articolo, quando il Times è stato costretto a ritrattare e ad ammettere che a carico di Hillary non vi era alcun procedimento di natura “criminale”.

Nonostante il netto vantaggio in termini di finanziamenti, sembrano essere d’altra parte in molti nel Partito Democratico a temere un nuovo fiasco della campagna della Clinton, sia per un aggravarsi dei suoi guai giudiziari sia per i sentimenti che essa e i suoi familiari suscitano in buona parte della popolazione americana.

Proprio mercoledì la Reuters ha pubblicato un sondaggio nel quale appare evidente come la maggioranza dei potenziali elettori veda Hillary Clinton decisamente carente sul fronte della trasparenza, dell’affidabilità e dell’onestà, tutte qualità al contrario riconosciute - almeno dagli intervistati - a Joe Biden.

Un eventuale naufragio dell’ex segretario di Stato dopo avere conquistato la nomination significherebbe consegnare la Casa Bianca ai repubblicani, mentre una débacle durante le primarie potrebbe far decollare la candidatura di Bernie Sanders.

Il senatore nominalmente indipendente del Vermont, talvolta auto-definitosi “democratico-socialista”, è finora l’unico vero sfidante di Hillary. In questi mesi ha ridotto il divario di consensi dalla favorita in vari stati e le sue apparizioni hanno spesso attratto parecchie migliaia di sostenitori, evidenziando il desiderio ampiamente diffuso negli USA di politiche rivolte ai lavoratori e alla classe media.

Nell’ipotesi ancora molto lontana di un successo nelle primarie di Sanders, i leader democratici temono che le sue posizioni troppo a “sinistra” possano rendere impossibile una vittoria contro qualsiasi candidato repubblicano.

Inoltre e forse soprattutto, la classe dirigente USA affiliata al Partito Democratico vede con estrema apprensione il formarsi di un movimento popolare attorno a una piattaforma autenticamente progressista. Uno scenario, quest’ultimo, che nemmeno Sanders si augura e che finirebbe per compromettere ancor più la residua legittimità politica di questo partito.

In questa prospettiva, la promozione della candidatura di Biden - forse anche contro la sua volontà - potrebbe offrire un’alternativa valida o, quanto meno, rappresenterebbe l’unica percorribile visti i tempi ristretti e la quasi totale assenza di personalità autorevoli e con un profilo nazionale in casa democratica.

Quel che è certo è che per la grande maggioranza degli elettori americani non esistono differenze significative su cui basare una scelta tra Hillary Clinton e Joe Biden, così come non ce ne sarebbero nel caso che l’uno o l’altro candidato finisca per insediarsi alla Casa Bianca nel gennaio del 2017.

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