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29/05/2015

USA, il Nebraska ferma il boia

di Mario Lombardo

Per la prima volta da oltre quarant’anni, questa settimana uno stato americano considerato di orientamento conservatore ha abolito in maniera formale la pena di morte. A prendere questa decisione è stato il parlamento statale unicamerale del Nebraska, al termine di un lungo processo legislativo e sulla spinta di motivazioni diverse, tra cui quelle di ordine morale sono apparse minoritarie.

Nel corso del 2015, la legge che abroga la pena capitale era stata approvata a larga maggioranza per ben tre volte dall’assemblea del Nebraska, come previsto dalle regole dello stato. Il provvedimento era poi finito sul tavolo del governatore repubblicano, Pete Ricketts, il quale aveva posto il proprio veto dopo avere condotto una durissima battaglia a favore della pena di morte nel suo stato.

Nonostante il parlamento del Nebraska – nominalmente composto da deputati indipendenti – sia anch’esso a maggioranza repubblicana, una coalizione bipartisan composta dai tre quinti dei membri ha annullato il veto nella giornata di mercoledì con un voto decisivo di 30 favorevoli e 19 contrari. Mentre una maggioranza a prova di veto era considerata sicura da tempo, nei momenti che hanno preceduto il voto due deputati che avevano sostenuto l’abolizione hanno deciso a sorpresa di appoggiare il governatore, rischiando di far naufragare la legge.

Il Nebraska è diventato in ogni caso il 19esimo stato americano – più il District of Columbia – a non prevedere nel proprio ordinamento l’estrema punizione, sostituita dal carcere a vita. L’ultimo stato conservatore a prendere una simile decisione era stato il North Dakota nel 1973. Prevedibilmente, in uno stato rurale come il Nebraska le pressioni per mantenere la pena di morte sono state notevoli, alimentate dai politici più reazionari, impegnati a incitare nella popolazione sentimenti retrogradi di vendetta.

Lo stesso governatore Ricketts aveva rilasciato svariate interviste per denunciare l’abrogazione e durante la cerimonia della firma del veto nella giornata di martedì era apparso assieme ad alcuni familiari di una donna uccisa nel corso di una rapina nel 2002. Mercoledì, poi, Ricketts ha commentato il voto dell’assemblea statale con toni apocalittici, dichiarandosi “sconvolto” da una decisione che avrebbe sottratto “uno strumento cruciale per la protezione delle famiglie del Nebraska”.

Come in vari altri stati americani che prevedono la pena di morte, anche nel Nebraska non viene eseguita nessuna condanna da anni. L’ultimo caso risale al 1997 e dalla reintroduzione della pena capitale negli Stati Uniti nel 1976 le esecuzioni in questo stato sono state solo tre, tutte con il metodo della sedia elettrica, mentre i condannati detenuti nel braccio della morte sono dieci.

La legge appena approvata è stata possibile grazie all’accordo trovato tra esponenti politici di diverso orientamento, tra i quali hanno prevalso, soprattutto nello schieramento repubblicano, coloro che appoggiano l’abolizione della pena di morte perché troppo costosa e vincolata a lunghi procedimenti burocratici.

L’appello dei leader religiosi dello stato ha inoltre avuto un qualche peso. In particolare, la Chiesa cattolica aveva preso una posizione netta contro la pena di morte, con i vescovi del Nebraska che erano giunti a criticare apertamente il governatore per avere esercitato il proprio diritto di veto.

A influire sull’abolizione è stata infine probabilmente anche la controversia in atto negli Stati Uniti relativa ai farmaci da impiegare nella procedura dell’iniezione letale. Da qualche anno, le scorte dei prodotti tradizionalmente usati si sono ridotte sensibilmente o risultano esaurite. Ciò è dovuto allo stop alle forniture deciso dai produttori, soprattutto europei, che non desiderano legare il proprio nome alla pena di morte, principalmente per motivi d’immagine.

I farmaci alternativi testati dalle autorità in molti stati hanno spesso prodotto scenari raccapriccianti durante le esecuzioni, con i condannati non sufficientemente anestetizzati e quindi sottoposti ad atroci sofferenze.

La stessa Corte Suprema del Nebraska nel 2011 aveva imposto una moratoria alle condanne capitali, accogliendo un ricorso che ipotizzava il mancato rispetto delle norme farmaceutiche americane dell’anestetico “tiopental sodico”, acquistato dallo stato in India.

Se gli ostacoli legali e quelli relativi all’approvvigionamento dei farmaci hanno contribuito all’abolizione della pena di morte in Nebraska, appare improbabile che questo esempio possa essere seguito a breve da altri stati conservatori. Anzi, in molti di essi dove le condanne vengono eseguite con regolarità a dominare continuano a essere politici e giudici reazionari che incoraggiano un giustizialismo dai connotati brutali.

Uno degli esempi più evidenti è rappresentato dalle autorità dello stato meridionale dell’Alabama. Qui, le caratteristiche della macchina della morte sanzionata dalla legge sono emerse da un recente articolo apparso sul magazine The Atlantic. Dopo avere esaurito le scorte di tiopental sodico, lo stato dell’Alabama a partire dal 2010 aveva addirittura acquistato questo e altri anestetici da usare nelle esecuzioni sul mercato nero.

Nel 2011, era poi intervenuta l’agenzia federale per i farmaci e gli alimenti (FDA) che aveva sequestrato le riserve di tiopental sodico reperite illegalmente dall’Alabama. Le autorità dello stato avevano allora deciso di optare per un prodotto dall’effetto più blando, il midazolam, responsabile infatti di alcune esecuzioni finite male. La compagnia produttrice del midazolam – Akorn – aveva tuttavia negato di avere venduto questo prodotto allo stato dell’Alabama, facendo riesplodere le polemiche sulla provenienza dei farmaci usati per mettere a morte i condannati.

L’intera vicenda ha determinato un irrigidimento dei membri del parlamento statale dell’Alabama, tanto che nuove leggi sono state presentate per espandere il numero di reati punibili con la condanna a morte e per mantenere il segreto sui dettagli dei metodi di esecuzione impiegati.

L’Alabama, d’altra parte, giustizia un numero più alto di condannati di qualsiasi altro stato americano in proporzione ai propri abitanti e ciò grazie a una legislazione che rende estremamente facili le sentenze capitali. In più di un’occasione negli ultimi anni, ad esempio, i tribunali dell’Alabama – dove vivono nemmeno cinque milioni di abitanti – hanno emesso più condanne a morte del Texas, la cui popolazione sfiora i 28 milioni.

Se la pena di morte è stata abolita da sei stati USA dal 2007 a oggi – Maryland, Connecticut, Illinois, New Mexico, New Jersey e, appunto, Nebraska – e la percentuale di americani che la sostiene è in costante calo, i recenti sviluppi registrati in altri stati non sono incoraggianti.

La carenza di medicinali adeguati per l’iniezione letale ha infatti in molti casi portato alla reintroduzione di sistemi barbari per le esecuzioni capitali, almeno come metodi alternativi. Nei mesi scorsi, lo stato dello Utah ha reintrodotto nel proprio ordinamento la fucilazione, metodo a cui potrebbero ricorrere a breve anche l’Arkansas, l’Idaho e il Wyoming.

La sedia elettrica, tuttora teoricamente prevista in alcune giurisdizioni, era stata infine presa in considerazione dalla Virginia come prima alternativa all’iniezione letale, cosa che ha effettivamente fatto nel 2014 lo stato del Tennessee.

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