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23/04/2015

Netanyahu e Rivlin non riceveranno Jimmy Carter

Il presidente egiziano Sadat, Carter e il premier israeliano Begin,
foto di David Hume Kennerly/Getty Images
di Michele Giorgio – Il Manifesto

Jimmy Carter, il presidente americano che alla fine degli anni '70 fu protagonista della lunga trattativa che portò allo storico trattato di pace tra Israele ed Egitto, non sarà ricevuto dal premier Netanyahu e dal capo dello stato Rivlin durante il suo tour in Medio Oriente previsto a maggio. La notizia anticipata lunedì dalla tv Canale 10, è stata rilanciata ieri dal quotidiano Israel HaYom, vicino al primo ministro. L’uomo al quale Israele dovrebbe perenne riconoscenza per quel trattato di pace, al quale si è aggiunto nel corso degli anni solo quello con la Giordania, non è “gradito” dallo Stato ebraico per le posizioni che ha espresso e per i libri che ha scritto sul Medio Oriente e sul conflitto israelo-palestinese. Netanyahu e Rivlin hanno accolto la raccomandazione a non incontrarlo giunta dal ministero degli esteri, ha riferito Israel HaYom. Sulla questione Carter, ha aggiunto il giornale, è stato consultato anche il Consiglio per la sicurezza nazionale che si è espresso a sostegno della raccomandazione del ministero degli esteri. Carter però sarà autorizzato ad andare a Gaza.

All’ex presidente degli Stati Uniti, che con un lungo lavoro diplomatico portò il premier Menachem Begin e il presidente Anwar Sadat a stringersi la mano, Israele non perdona le critiche rivolte all’occupazione militare dei territori palestinesi e, la scorsa estate, all’offensiva “Margine Protettivo” contro Gaza. Non vi è «alcuna giustificazione al mondo per quello che Israele sta facendo», affermò Carter, denunciando le distruzioni provocate dai bombardamenti aerei e dai cannoneggiamenti delle forze armate israeliane. Ma è stata soprattutto la pubblicazione nel 2006 di “Palestine: Peace Not Apartheid” che ha messo Israele contro l’ex presidente Usa. Carter, in quel libro, ha spiegato che le politiche di occupazione, in particolare la colonizzazione ebraica della Cisgiordania, creano un sistema di apartheid e riducono le possibilità di un accordo di pace israelo-palestinese. Al contrario per una fonte anonima governativa, citata da Israel HaYom, l’ex presidente Usa è «tutt’altro che un amico di Israele e non è obiettivo verso le sue politiche».

Da alcune settimane Israele, attraverso le sue sedi diplomatiche e i media più vicini al governo, è impegnato in una campagna, in Occidente, che punta a condannare e ostacolare il recente accordo con l’Iran sul nucleare e a mettere sotto pressione delle istituzioni ed ong internazionali che criticano le sue politiche. L’ambasciatore di Israele in Italia, Naor Gilon, ieri, durante un forum all’agenzia Ansa, ha condannato con forza la decisione dell’Ue di imporre che le merci prodotte nelle colonie ebraiche nella Cisgiordania occupata non siano più etichettate come “Made in Israel”. Da parte sua il quotidiano Makor Rishon, legato alla destra religiosa, ieri ha accusato Amnesty International di mantenere un atteggiamento ostile verso Israele e di non aver avviato una campagna per la denuncia e la lotta all’antisemitismo.

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