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23/04/2015

La Cina e il corridoio pakistano

di Mario Lombardo

Il presidente cinese, Xi Jinping, all’inizio di questa settimana è stato accolto in maniera quasi trionfale dalla classe politica pakistana nel corso di una visita più volte rimandata a Islamabad e da molti definita dai connotati storici o, quanto meno, con il potenziale di innescare un riassetto delle relazioni strategiche nel continente asiatico.

Il leader cinese è giunto in Pakistan con un pacchetto di prestiti e progetti d’investimento in infrastrutture pari a qualcosa come 45 miliardi di dollari. In particolare, l’obiettivo di Pechino è quello di sviluppare il cosiddetto “corridoio economico” che dovrebbe collegare i due paesi partendo dal porto pakistano di Gwadar, sul Mare Arabico, per giungere alla provincia nord-occidentale cinese di Xinjiang.

Secondo il ministro pakistano per la Programmazione, Ahsan Iqbal, 28 dei 45 miliardi di dollari promessi dalla Cina andranno in progetti che dovrebbero essere completati già entro il 2018. Tra di essi spiccano quelli per infrastrutture destinate a risolvere la cronica carenza di energia elettrica che affligge il Pakistan, i cui abitanti e le cui aziende devono fare i conti con black-out quasi giornalieri.

Il presidente Xi è atterrato lunedì a Islamabad, dove, assieme al primo ministro pakistano Nawaz Sharif ha siglato una cinquantina di accordi commerciali e per nuovi progetti. Una dichiarazione congiunta ha specificato alcuni dei punti sui quali i due paesi intendono cooperare, a cominciare dall’incremento degli scambi commerciali dagli attuali 15 miliardi di dollari annui ad almeno 20 miliardi nei prossimi tre anni. A questo scopo, Cina e Pakistan hanno concordato di accelerare il secondo round delle discussioni già inaugurate per la firma di un trattato bilaterale di libero scambio.

Pechino e Islamabad intendono poi rafforzare i già robusti legami militari attraverso una maggiore collaborazione nell’ambito delle esercitazioni, dell’addestramento del personale e della fornitura di tecnologia ed equipaggiamenti.

Cruciali sono inoltre anche gli accordi di cooperazione riguardo all’energia atomica e alla sicurezza. Nel primo caso, i rapporti risultano già intensi, con la Cina che ha contribuito alla costruzione di sei reattori in funzione e fornirà assistenza, tra l’altro, anche nella realizzazione di una nuova centrale nucleare che sorgerà a Karachi.

In merito alla sicurezza e alla lotta alla minaccia fondamentalista, gli interessi dei due paesi appaiono strettamente legati, come ha ribadito Xi nel suo discorso senza precedenti di martedì di fronte a una sessione congiunta del parlamento di Islamabad. Non solo la stabilizzazione del Pakistan è il requisito fondamentale per la creazione di uno spazio economico che può generare benefici comuni, ma, nell’immediato, la Cina conta sull’impegno del proprio vicino per annientare la minaccia di gruppi estremisti che operano da entrambi i lati del confine, come il Movimento Islamico del Turkestan Orientale.

L’irruzione in maniera così clamorosa della Cina nella realtà economica pakistana appare dunque estremamente significativa, nonostante i due paesi siano tradizionalmente alleati, alla luce dell’importanza strategica attribuita a Islamabad dagli Stati Uniti dopo l’invasione dell’Afghanistan nell’autunno del 2001.

Ancor più, la visita di Xi va inserita in un contesto geo-strategico in pieno fermento, segnato dall’accordo sempre più vicino sul nucleare dell’Iran, con il conseguente “reintegro” a tutti gli effetti di Teheran nella comunità internazionale, dalla freddezza del Pakistan nei confronti dell’avventura bellica in Yemen di un altro alleato di ferro, come l’Arabia Saudita, e dal consolidamento della partnership dalla portata epocale tra Cina e Russia.

Il peso degli investimenti cinesi prospettati per il Pakistan è da considerarsi eccezionale vista l’immagine non esattamente di stabilità e affidabilità che distingue quest’ultimo paese. Come ha spiegato un’attenta analisi dell’ex ambasciatore indiano M K Bhadrakumar sulla testata on-line Asia Times, ciò indica come il rilancio del Pakistan sia diventato un “motivo di serio interesse dalla prospettiva delle esigenze di sicurezza interne della Cina”, ma anche come Pechino si consideri ormai pienamente uno dei garanti della stabilità dell’Asia centrale, requisito peraltro essenziale alla “promozione delle proprie politiche regionali e globali”.

Questa rinnovata attenzione verso il Pakistan comporta, almeno nelle intenzioni di Pechino, nientemeno che il tentativo di “liquidare l’influenza americana” su Islamabad. Uno sforzo strategicamente necessario vista la natura anti-cinese della “svolta” asiatica intrapresa da qualche anno da Washington.

Sul piano strettamente economico, d’altra parte, gli Stati Uniti non sono in alcun modo in grado di competere con la Cina. Secondo i dati del Congresso USA, infatti, a partire dal 2002 il governo americano avrebbe sborsato un totale di 31 miliardi di dollari in aiuti al Pakistan, di cui due terzi destinati oltretutto a questioni legate alla “sicurezza”, con la conseguenza di avere inasprito il conflitto interno e ostacolato ancor più i progressi economici e sociali del paese.

Allo stesso modo, a minare i rapporti con Islamabad hanno contribuito anche le incertezze delle amministrazioni succedutesi a Washington, la mancanza di rispetto per la sovranità del paese, mostrata più volte dagli USA nell’ultimo decennio, e l’urgenza della costruzione di una nuova partnership strategica con l’India, ovvero il nemico storico del Pakistan, anche in questo caso principalmente in funzione anti-cinese.

Per la Cina, in sostanza, il Pakistan rappresenta una porta d’accesso fondamentale ai mercati mondiali, offrendo soprattutto la possibilità di avere un’alternativa alle rotte marittime che transitano attraverso lo stretto di Malacca, esposto alla minaccia di blocco da parte americana in situazioni di crisi.
Per questa ragione, ha aggiunto il già citato articolo apparso qualche giorno fa su Asia Times, Pechino ritiene “cruciale” fare in modo che Washington non abbia alcuna capacità di bloccare lo sbocco cinese verso i mercati globali attraverso il Pakistan.

La strategia cinese va comunque inquadrata in un panorama più ampio, come confermano gli sforzi già ben avviati per stabilire relazioni salde con altri paesi dell’Asia centrale, facendo però attenzione ad “armonizzare le proprie mosse” con quelle della Russia, la quale considera quest’area come la propria area di influenza.

Il coordinamento delle strategie centro-asiatiche di Cina e Russia, con l’obiettivo di contrastare le iniziative americane, è visibile proprio in Pakistan. Un paio di giorni prima della visita di Xi a Islamabad, infatti, i ministri della Difesa di Russia e Pakistan hanno sottoscritto a Mosca un accordo per un’esercitazione militare congiunta, la prima in assoluto tra le forze armate dei due paesi, a segnalare l’avvio di un possibile disgelo nelle loro relazioni bilaterali storicamente complicate.

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