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29/03/2015

Yemen - Lega Araba, Arabia Saudita ed Egitto vogliono un esercito arabo anti-sciita

Il summit della Lega Araba che si è aperto questa mattina in Egitto non poteva che guardare allo Yemen. Com’era da aspettarsi in chiave anti-Iran. Già a poche ore dal lancio dell’operazione militare Tempesta Decisiva, il segretario generale della Lega, al-Arabi, aveva parlato dell’intenzione di creare un esercito arabo che soffocasse la ribellione degli sciiti Houthi in Yemen. La coalizione, guidata dall’Arabia Saudita, era già nata. Ma ora si preme sull’acceleratore: a farlo è il presidente egiziano al-Sisi, novello faraone che punta a radicare di nuovo l’influenza egiziana sulla regione attraverso la lotta al terrorismo dei gruppi islamisti, ma anche ponendosi alla guida della crociata anti-sciita dei Saud. Stamattina in apertura del summit di Sharm el-Sheikh, al-Sisi ha chiesto la creazione di una forza militare araba che si occupi di gestire con le bombe la crisi yemenita.

Gli ha fatto subito eco il re saudita Salman, che ha annunciato che la campagna “proseguirà fino all’ottenimento degli obiettivi di sicurezza”. Che all’apparenza sono la restaurazione del governo ufficiale, del premier Baha e del presidente Hadi, fuggiti dalla capitale Sana’a dopo la sua caduta in mano sciita. Ma che in realtà sono ben altri, e più sostanziosi: l’indebolimento dell’Iran, sostenitore Houthi, che nell’ultimo anno ha incassato una serie di vittorie sul campo politico (l’accordo sul nucleare) e militare (in Iraq) ergendosi a potere forte della regione.

Ed ecco che il fuggitivo Hadi, fortemente voluto nel 2012 da Riyadh per il post-Saleh, è stato accolto con tutti gli onori dai leader della Lega Araba. Hadi incontrerà anche il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, a cui aveva fatto appello pochi giorni fa perché permettesse un intervento militare internazionale in Yemen. Le Nazioni Unite paiono però preferire un ruolo defilato, lasciando alle petromonarchie sunnite la gestione della questione, pur accettando di buon grado che gli aerei sauditi si occupassero dell’evacuazione dello staff Onu a Sana’a.

Molto meno defilato il ruolo statunitense: Washington ha da subito sostenuto la campagna militare saudita, sia per ridurre la prorompente influenza di Teheran (con cui sta per firmare l’accordo sul programma nucleare e con cui indirettamente collabora nel campo di battaglia iracheno contro l’Isis), sia per mettere in sicurezza – ovvero, di nuovo, non nelle mani iraniane – lo strategico stretto di Bab al-Mandeb, da cui passano i cargo carichi di petrolio del Golfo diretti in Europa. L’attuale strategia Usa in Medio Oriente viene descritta da più di un osservatore come schizofrenica. Al di là delle tante bandiere sventolate dalla Casa Bianca, ad emergere è l’elevato tasso di violenza cresciuto nell’ultimo decennio, dall’invasione Usa dell’Iraq: responsabili non sono solo gli alleati statunitensi (Riyadh, Il Cairo, Tel Aviv, Ankara) ma anche quei gruppi estremisti che la Casa Bianca intende combattere ma che ha aiutato a generare – da al Qaeda all’Isis – e che infiammano i già forti settarismi etnici e religiosi interni.

“Il presidente [Obama] e re Salman concordano sul nostro obiettivo comune, garantire stabilità duratura allo Yemen attraverso una soluzione politica negoziata mediata dall’Onu e che coinvolga tutti le parti”, ha detto la portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale Usa, Bernadette Meehan. Difficile intravedere la possibilità di un negoziato dopo il via ad un’operazione militare violenta, che ha ucciso civili e che tende all’alienazione politica della minoranza sciita. Gli Houthi hanno lanciato la loro personale offensiva in Yemen per ottenere dal governo l’apertura di spazi politici ed economici, ad oggi nelle mani saudite, governative e tribali. Più volte hanno teso la mano ad un negoziato mai arrivato e ora, dicono, non intendono arretrare.

Nel terzo giorno di bombardamenti, oggi, i jet sauditi hanno distrutto un arsenale di missili in mano agli Houthi, nella capitale Sana’a. Altri raid hanno centrato il sud del paese, da una settimana parzialmente controllato dagli sciiti. Scontri tra fazioni rivali (accanto agli Houthi combattono anche le forze fedeli all’ex presidente Saleh, che ieri ha chiesto il cessate il fuoco e il negoziato Onu) sarebbero in corso sul campo, a Taez, città meridionale presa dagli sciiti all’inizio della settimana. Sono oltre 40 le vittime civili dell’operazione saudita.

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