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30/03/2015

People Care e Ipercoop: esempi di come governo e sindacati propongono una spirale infinita verso il basso

Circa 10 anni fa a Livorno sbarcarono per la prima volta due tipologie di aziende le quali indicavano chiaramente che i vecchi sistemi produttivi e di consumo stavano cambiando e con essi il mondo del lavoro. Stiamo parlando del call center Telegate (ora People Care) e dell'Ipercoop "Fonti del Corallo". Migliaia di giovani inviarono curriculum e le istituzioni brindarono al grande successo del territorio livornese, sia come innovazione sia come attrattività per gli investimenti.

Come redazione di Senza Soste, insieme ai sindacati di base e ad un collettivo di giovani del movimento che lavorava sul tema della precarietà (Precari Autorganizzati) iniziammo ad occuparci delle vicende di questi due nuovi templi della precarietà dove non era tutto oro quello che luccicava: quasi tutti contratti part-time (20-24 ore settimanali e 700/800 euro al mese a dir tanto) e nel call center il 95% di contratti a progetto. Se quello doveva essere il lavoro e il reddito per compensare i posti persi in Cantiere navale o nell'industria, si era già capito che il futuro non avrebbe potuto essere roseo.

In entrambi i luoghi di lavoro, però, la grande infornata di giovani aveva portato con sé una visione diversa di intendere il proprio lavoro e fare sindacato. Ed è proprio in questi due luoghi di lavoro che il sindacalismo di base ha cercato di dare uno sguardo e un approccio alternativo ai problemi, a volte riuscendoci altre volte no, ma sempre cercando di dare una visione d'insieme. E in questi 10 anni le conquiste e l'avanzamento dei lavoratori sono stati costanti: dai contratti a tempo indeterminato conquistati a Telegate (dopo una vittoria in una causa intentata da una operatrice sostenuta dai Cobas) alla capacità da parte dei lavoratori Ipercoop di resistere alla spirale produttivistica e di consumo 7 giorni su 7 della grande distribuzione. Infatti, a differenza che nella quasi totalità degli ipermercati e supermercati delle zone limitrofe, a Livorno le aperture domenicali e festive, le forme contrattuali dei dipendenti, gli obiettivi di produttività ed altre scelte sui tempi di lavoro, vengono contrattate. Come è giusto che sia e grazie soprattutto ad una Rsu (Rappresentanza Sindacale Unitaria) a fortissima maggioranza Usb.

È storia di questi giorni però che il call center rischi la chiusura il prossimo 31 maggio e che i negozi Coop saranno aperti per la prima volta il 25 aprile. Due problemi molto lontani tra loro come gravità, ma che sono accomunati da un principio: quello del ricatto del lavoro e dell'ormai appiattimento all'inevitabilità della dittatura del mercato e dei profitti.

Uno dei ruoli del sindacato dovrebbe essere quello di tutelare i lavoratori e il lavoro, nel braccio di ferro con il capitale; ma anche quello di spiegare, contestualizzare ed emancipare i lavoratori in modo tale che prendano coscienza di una situazione e la sappiano affrontare con una visione a 360 gradi.

Rimaniamo dunque di sasso quando leggiamo le dichiarazioni di due dirigenti Cgil sulla situazione di questi due posti di lavoro: Strazzullo, segretario generale provinciale Cgil, su People Care e Franceschini, segretario Filcams-Cgil, su Ipercoop.

strazzulloIl primo si scaglia contro l'azienda People Care, che ha certo la sua buona dose di colpe ma non tutte, rea di voler rinunciare all'appalto Seat, dicendo che la cosa più vergognosa è che lui era disposto a rincorrerli per trattare sul costo del lavoro, ovviamente abbassandolo. Naturalmente nella sua sfuriata non dice che con l'accordo già firmato due anni fa a People Care non c'è ormai più niente da "grattare" dai 700 euro che guadagnano gli operatori, perché con la flessibilità massima e assoluta firmata in quell'occasione non ci sono ormai più ore "straordinarie" da fare e gli operatori possono essere mandati via anche dopo due ore, per poi recuperarle quando l'azienda ordina gli straordinari (non pagati, ma a recupero) nei momenti di maggior traffico. Gli unici che hanno un piccolo superminimo sono un centinaio di "vecchissimi" operatori della prima ora, conquistato nel passaggio dal contratto poligrafici a quello telecomunicazioni. Voleva forse riferirsi al fatto che dopo 10 anni di lavoro questi lavoratori dovrebbero perdere contratti a tempo indeterminato e anzianità ed essere riassunti con il Jobs Act ripartendo da zero, senza anzianità di servizio e con la possibilità di essere licenziati senza giusta causa da un giorno all'altro?

Strazzullo nel suo rabbioso attacco non accenna minimamente né al fatto che il mercato dei call center è ormai in balìa di una vergognosa concorrenza al massimo ribasso, né che le leggi italiane permettono ai grandi capitali le delocalizzazioni nell'est europeo, né che Seat, quella che per lui è la parte "buona" della vicenda, opera già in Albania per certi servizi e che l'offerta che fino ad oggi ha fatto a People Care è roba proprio da mercato albanese.



deVincentiSe qualcuno vuole parlare di proroghe e aziende tiri fuori i numeri e faccia capire se con quei numeri si può lavorare dignitosamente. Sennò sono solo discorsi a vanvera, fatti tra l'altro con l'atteggiamento di uno che rincorre le aziende per calarsi le braghe prima che gli venga chiesto. Ma forse, in Cgil, è un problema parlare della cultura ormai turboliberista dell'amato Partito Democratico, dell'assenza di tutela del settore da parte del governo e del fatto che il Jobs Act complica maledettamente tutto negli appalti. E allora è più facile scagliarsi addosso solo ad una parte, salvaguardando governo e committente. Proprio quel governo che attraverso il viceministro De Vincenti ha detto che questi lavoratori non sono competitivi nel mercato del lavoro perché costano troppo e sono troppo specializzati. Al di là che, come spiegato nel paragrafo precedente (e come gli ha risposto giustamente un delegato Cisl su Il Tirreno), queste affermazioni non sono vere, il signor viceministro dovrebbe dire anche che se questi lavoratori e lavoratrici sono fuori dal mercato è colpa del suo governo che con il Jobs Act ha abbassato ulteriormente i livelli di tutela dei lavoratori rendendo poco appetibili i lavoratori degli appalti in favore di qualche nuovo schiavetto da assumere con tanto di sgravio contributivo. E dovrebbe anche dire che il suo governo oltre che l'abbassamento dei livelli salariali favorisce anche la concorrenza selvaggia. Ma non lo dirà mai. E quindi lo devono dire i sindacati.

Alla fine della fiera la colpa morì fanciulla, anzi quasi quasi è dei lavoratori perché con il loro stipendio da ben 700 euro costano troppo.

Di fronte a questo dramma che riguarda 450 operatori e operatrici (350 a tempo indeterminato e circa 50-100 interinali), pare uno schiaffo alla miseria dover parlare di Ipercoop e della polemica sull'apertura del 25 aprile, ma così non è.



Diciamo subito una cosa. Il problema è emerso per due motivi: il primo perchè all'Ipercoop di Livorno il maggior sindacato è Usb. E loro fanno sindacato. Secondo perché la Coop ha sempre cercato di giocare (e di fare profitti) sull'immagine di un'azienda ad alto contenuto etico e di sinistra, e qui i nodi vengono al pettine (basti pensare che lo scorso anno fecero una campagna dal titolo "Chiusi per scelta" in occasione della chiusura 25 aprile.)

franceschini nazioneMa le dichiarazioni del sindacalista Filcams-Cgil, Franceschini, su La Nazione di venerdì sono allucinanti. In poche parole per il provinciale Cgil queste sono battaglie inutili e dannose che sottopongono l'azienda ad uno svantaggio nei confronti della concorrenza, e che alla fine la Coop può anche concedere qualcosa solo perché agisce in regime di monopolio, ma se ci fosse stata Esselunga probabilmente no.

Quindi? Quindi per Franceschini in sostanza la colpa è del sindacato Usb che (semplicemente) fa il sindacato: il mondo alla rovescia. Un sindacalista come Franceschini, appartenente ad un sindacato rappresentato in ogni catena di distribuzione, dovrebbe fare il suo lavoro e adoperarsi affinché la sua organizzazione faccia ovunque quello che ha fatto Usb alla Coop, così che non ci siano vantaggi di concorrenza nel settore ma una situazione simile per tutti (e cioè il rispetto delle festività). Ma loro non lo fanno, quindi è più facile dar la colpa a chi lo fa.

Anche in questo caso secondo Franceschini, che (è bene ricordarlo) pare sia noto negli ambienti che apprezzi molto le politiche di Renzi, la colpa è di chi reclama una giornata di chiusura per una festività speciale, e dei sindacati che cercano di regolamentare un sistema sempre più sottoposto alla deregolamentazione e all'apertura indiscriminata.

Benvenuti nel mondo alla rovescia, dove De Vincenti, Strazzullo e Franceschini sono le punte di diamante di un sistema che non è altro che una spirale verso il basso, in cui ogni giorno è normale costare un centesimo meno del giorno prima. Fino a quando poi arrivati a zero bisognerà pagare per lavorare. Ah, scusate. In un call center romano è già successo nel 2000 e ora De Vincenti ci ha detto che torneremo 15 anni indietro. Grazie Renzi, grazie Cgil.

Redazione - 29 marzo 2015

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