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25/02/2015

Yemen - Il ritorno di Hadi

Abd Rabbo Mansour Hadi è tornato. Da Sana'a, dove era stato messo agli arresti domiciliari dai ribelli sciiti Houthi dopo la loro presa del palazzo presidenziale lo scorso mese, il presidente yemenita è fuggito ad Aden, capitale dell’ex Yemen del sud, la base dalla quale punta a ricomporre il suo governo e riprendere così le redini del suo mandato. Perché le dimissioni date a gennaio, quando nelle strade della capitale occupata dai miliziani houthi infuriava la battaglia, non sono mai state approvate dal Parlamento e così lui le ha ritirate.

La mossa del presidente yemenita è stata possibile grazie all’unione dei partiti di opposizione (fedeli a Hadi) al nuovo governo transitorio dichiarato dagli Houthi tre settimane fa, partiti capitanati dalla formazione islamista al-Islah che sin dalla presa del potere dei miliziani sciiti aveva chiuso la porta a qualunque trattativa, nonostante le spinte in questo senso da parte delle Nazioni Unite e dai ribelli stessi.

Dopo la risoluzione del Consiglio di Sicurezza che, oltre all’immediato ritiro dei ribelli da Sana'a e al rilascio del presidente Hadi chiedeva alle parti di sedersi insieme al tavolo del dialogo, l’Onu ha infatti deciso di optare per il sostegno ai partiti yemeniti di maggioranza, che si sono accordati qualche giorno fa per formare un consiglio popolare di transizione che sostenga il governo agli arresti a uscire dalla crisi politica. Lo ha annunciato il mediatore inviato dall’Onu, Jamal Benomar: “Non si tratta di un accordo finale, ma di un importante passo verso un accordo comprensivo”.

Alle richieste degli Houthi – dialogo con tutte le formazioni per una revisione della bozza di Costituzione e per un’effettiva condivisione del potere, ndr – quel “dialogo nazionale” spalleggiato dall’Onu ha quindi risposto favorendo la nascita di un governo parallelo, un “consiglio di transizione” che opererà al fianco del Parlamento sciolto dagli Houthi due settimane fa. La novità sta nella sua composizione, che includerà anche settori della società prima non rappresentati: donne, giovani e yemeniti del sud, che pur chiedendo sempre maggiore autonomia da Sana'a non ci stanno a sottostare ai dettami della milizia sciita sul proprio futuro. Due capitali per due governi, quindi, in una soluzione che ricorda molto la Libia.

Ma la mossa di Hadi è stata possibile soprattutto grazie al patrocinio degli emiri del Golfo, che subito dopo l’adozione della risoluzione del Consiglio di Sicurezza – da loro giudicata troppo debole – avevano annunciato di volersi organizzare autonomamente “per mantenere la sicurezza e la stabilità regionale”. Oggi Abdullatif al-Zayani, segretario generale del Consiglio di Cooperazione del Golfo, è arrivato ad Aden per incontrare il presidente Hadi, che ieri aveva avuto un meeting con i governatori di alcune province yemenite – tra cui quelle del sud – giurando di avere il controllo su “quattro delle sei regioni” che il suo governo vorrebbe trasformare in una maxi-federazione.

Alla federazione proposta da Hadi, gli Houthi hanno sempre risposto con un no, preferendo una divisione in due entità nord-sud dove il nord-ovest povero e arretrato da cui la milizia proviene non verrebbe così abbandonato a se stesso. Resta da capire come Hadi intenda recuperare il potere sul terreno: le risorse finanziare, rimaste a Sana'a e controllate dagli Houthi, e l’esercito, prossimo a dissolversi e parte di esso unitosi ai ribelli sciiti. E’ di oggi la notizia della presa di una caserma delle forze speciali antiterrorismo (addestrate, come spiega la Reuters, dagli Stati Uniti) da parte degli Houthi a Sana'a: sono almeno 10 le vittime accertate. Dulcis in fundo l’inevitabile settarismo della popolazione, in un paese che è per il 60 per cento sunnita e per il 40 sciita e che è stato spinto fino alle ginocchia nel preludio di una guerra civile.

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