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28/02/2015

Quanto costa attraversare il confine tra Turchia e Siria? 25 dollari

di Chiara Cruciati

Ancora una volta la vittoria più consistente sul campo siriano e iracheno contro la macchina da guerra islamista è stata segnata dalla resistenza kurda: dopo aver liberato Kobane e, a seguire, altri 100 villaggi, ieri i combattenti delle Ypg (le Unità di Difesa Popolari) hanno issato la loro bandiera sulla città di Tel Hamis, prima roccaforte dell’Isis e strategico punto di transito verso il vicino Iraq.

Tel Hamis, parte est della provincia di Hasaka (il cui controllo è diviso a metà tra kurdi e islamisti e che da oltre una settimana è terreno di battaglia tra le due parti), è da tempo ponte tra Siria e Iraq, tra i principali punti di passaggio di armi e miliziani. “La bandiera sventola sopra Tel Hamis – ha detto ieri Redur Khalil, portavoce delle Ypg – Ora stiamo ripulendo la città da mine e terroristi. La città era una roccaforte dell’Isis che da qui lanciava le operazioni contro le città irachene di Sinjar e Mosul”.

Dalle file kurde, i combattenti riportano dell’uccisione di almeno 175 miliziani dell’Isis e del sostegno importante dei raid della coalizione, una ventina da giovedì. Una sconfitta cocente per il califfo, che in un mese ha perso Kobane e ora Tel Hamis, strategici non solo dal punto di vista tattico ma anche da quello simbolico, elemento su cui al-Baghdadi fonda la propria personale propaganda.

Alle vittorie kurde l'Isis risponde con la violenza, i rapimenti di siriani appartenenti alle minoranze religiose, come i 350 assiri cristiani sequestrati nei giorni scorsi e che avevano una propria unità di difesa in supporto a quella kurda. Da oltre un mese la controffensiva kurda post-Kobane e la ripresa di 100 villaggi è stata possibile grazie al sostegno delle milizie cristiane e di quelle arabe tribali, che hanno formato un fronte unico contro l’Isis.

La forza di volontà e le abilità militari delle milizie locali, che siano kurde, cristiane o tribali, hanno un altro significativo effetto: far risaltare gli scarsi successi della coalizione (che a detta del Pentagono ad oggi ha strappato all’Isis l’1% dei territori occupati in Iraq) e l’accidia della vicina Turchia. Un’accidia pericolosa: all’assenza di azione contro i miliziani islamisti sia prima dell’assedio di Kobane sia durante la strenua difesa kurda dell’enclave, si accompagnano le accuse – mosse ufficiosamente anche dalle Nazioni Unite – di aver in qualche modo sostenuto l’Isis, almeno indirettamente. Chiudendo un occhio mentre dal poroso confine tra Turchia e Siria passano armi e miliziani o, come dimostrato dai kurdi turchi, colloquiando con gli islamisti al confine durante il massacro di Kobane.

In un interessante reportage dell’Huffington Post, pubblicato ieri, si spiega nel dettaglio la trafila da seguire per attraversare il confine turco, direzione Siria. Secondo i servizi segreti internazionali, attraversare quella frontiera era il passaggio più semplice, molto più facile che raggiungere Ankara dall’Europa, nonostante il governo turco insista che i 500 km di confine con la Siria siano più che controllati.

Venticinque dollari, questa la piccola tangente da pagare al contrabbandiere di turno e alla guardia di frontiera. Combattenti, miliziani, contrabbandieri, poliziotti corrotti e gang militari hanno creato, scrive l’Huffington, una rete capillare e efficiente: chiunque può passare, basta che paghi.

“Se i turchi chiudono una zona, se ne apre un’altra – racconta al giornale Jasim Qalthim, trafficante 30enne – Se volessero lo renderebbero difficile”. In genere si compra una zona di confine per un certo periodo di tempo: il trafficante paga al responsabile dell’Isis, tale Abu Ali, che controlla a sua volta anche le guardie di frontiera, e così “affitta” il valico. “I soldati lo temono – continua Qalthim – Una volta ha chiuso la frontiera per 10 giorni perché era arrabbiato. Fa un sacco di soldi con cui compra poi armi e munizioni per l’Isis”.

Le guardie e i poliziotti corrotti ricevono la loro parte e voltano le spalle. Di tutto passa da quel confine, tanti nuovi miliziani non hanno nemmeno il passaporto con sé. Rami Zaid, attivista 23enne di Aleppo, dice di riuscire a passare una o due volte al mese quel confine; Abu Harwain, contrabbandiere siriano, passa ogni giorno e accompagna al mese un centinaio di persone dentro e fuori la Siria.

In un tale contesto, i tentativi turchi di mostrarsi come partner affidabile nella lotta all’Isis si sciolgono come neve al sole. Domani partirà in pompa magna il programma di addestramento e equipaggiamento del primo gruppo di ribelli moderati siriani (5mila su un totale di 15mila), programma congiunto Usa-Turchia, che vede la partecipazione anche di Giordania, Qatar e Arabia Saudita.

L’obiettivo del presidente-imperatore Erdogan è chiaro: preparare nuovi combattenti non per frenare l’Isis, ma per rovesciare il vero nemico di Ankara, il presidente Assad.

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