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20/06/2010

Band Sottovalutate: i VöivöD (parte seconda)

Per dedicarmi al secondo capitolo riferito alla band canadese più grande di sempre, devo necessariamente fare un passo indietro e riprendere il discorso già sviscerato dal fornicatore.
L'operazione è necessaria perché, pur riconoscendo il valore di quanto pubblicato dai Voivod tra l'84 e l'88, sono convinto che il picco della loro parabola artistica sì sia consumato tra l'89 e il '93.
Il gruppo, che in Dimension Hatross si pose alla ricerca dell'espressione sonora più calzante a descrivere l'alienazione che la tecnologia avrebbe prodotto sul genere umano, porta a compimento il proprio cammino dando alle stampe tre album che sono sintesi perfetta dell'incertezza e della siderale solitudine insita nell'esistenza di ogni uomo moderno, fagocitato da un progresso psicologicamente insostenibile.
A mio modo di vedere tre pezzi su tutti sono rappresentativi di questo eccezionale punto d'arrivo:






Tre pezzi che parlano da se, ma non a tutti, come il riscontro del mercato verso i canadesi ha sempre dimostrato, anche a fronte di un disco musicalmente accessibile quanto valido come The Outer Limits, che decretò il divorzio tra i Voivod e la MCA, ormai non più interessata a produrre e distribuire una band che garantiva ritorni esigui.
Oltre al contratto, il gruppo perse anche il proprio frontman. Snake, infatti, dopo la pubblicazione di Outer Limits lasciò i suoi compagni, a questo punto sotto di ben due membri, basso e voce.
Quasi giunti al punto di non ritorno, Piggy e Away trovarono l'ancora di salvezza nell'inserimento in formazione di Eric Forrest che rilevò il posto dei defezionari Snake e Blacky.
La nuova formazione non ci mise molto per presentarsi agli occhi del pubblico. Nel '95 uscì, infatti, Negatron, disco meno pregno d'innovazione rispetto a quanto fatto dai Voivod nel recente passato, ma dotato di quella rabbiosa carica vitale tipica di chi vuol far sapere a tutti che nell'ambiente può ancora dire la sua con cognizione di causa. E' probabilmente per questo che il gruppo mette insieme un album che accantona le divagazioni progressive e l'introspezione delle atmosfere, preferendo cimentarsi sul campo ai tempi dominato dai Pantera (a livello chitarristico) e dai Fear Factory (in materia di produzione e impatto complessivo dei pezzi). Il risultato è innegabilmente di pregio, a dimostrazione che i canadesi erano in grado di dar battaglia alla concorrenza direttamente in casa.
I Voivod, però, non sono una formazione abituata a percorrere le strade altrui. Infatti, nel successivo Phobos il trio riprende il cammino lasciato in sospeso dopo Outer Limits percorrendolo con un passo forse mai così sicuro dei propri mezzi. Il risultato è un'ora di claustrofobico viaggio all'interno di dimensioni in cui la sensibilità di chi ascolta sarà costantemente stritolata dalla ritmica granitica e stratificata del duo Piggy/Away e dilaniata dall'ugola effettata di Forrest che diventa parte attiva nell'opera di decontestualizzazione dell'ascoltatore con l'incedere dei pezzi.
Con Phobos, per me sì chiude la discografia "essenziale" dei Voivod. Il materiale pubblicato negli anni successivi, infatti, non si è mai conciliato con la mia emotività, che ha smesso di specchiarsi nella musica dei canadesi, ora incentrata, anche a seguito di un nuovo cambio di formazione (fuori Forrest e dentro nuovamente Snake cui s'è aggiunto l'ex Metallica Newsted) su strutture dalle chiare reminiscenze punk/hardcore che pur richiamando il sanguigno passato del gruppo ne risulta meno genuino e trascinante. Al contenimento di questa "deriva" non ha certo aiutato la prematura dipartita di Piggy che di fatto ha lasciato un vuoto incolmabile nell'economia del gruppo. Infatti, se in Voivod qualche guizzo piacevole ancora sì trova, nei successivi Katorz e Infini è la sensazione di incompiuta a farla da padrone. La manciata di pezzi inediti con cui i Voivod hanno celebrato l'epitaffio di Piggy, purtroppo, sono figli di una gestazione abortita, che acquista senso solo in veste didascalica e sentimentale per chi conserverà sempre nelle proprie orecchie un frammento dell'opera di Denis D'Amour, autentico catalizzatore della genialità di una band tanto umile quanto avanti nella percezione della musica e dei suoi significati.

Di seguito i capitoli precedenti e successivi:
Parte prima
Parte terza

2 commenti: