L’ultima strage saudita in Yemen ha avuto come teatro la città sud-occidentale di Taiz: un
raid dell’aviazione ha colpito una casa nel distretto di Dimnat Khadir e
ucciso 20 persone, tra cui dei bambini. Taiz è da tempo uno dei centri
del conflitto in corso tra coalizione a guida saudita e Ansar Allah, il
movimento politico dei ribelli Houthi. Che ieri hanno risposto: secondo fonti interne citate dalla tv al-Masirah,
vicina ai ribelli, Ansar Allah ha lanciato un missile verso una base
militare dell’Arabia Saudita, la base Nahouqa nella regione di Narjan.
Secondo le stesse fonti, alcuni soldati sauditi sarebbero morti ma
non ci sono conferme da parte di Riyadh. Una situazione che si ripete
sempre più spesso: il mese scorso missili balistici lanciati dallo Yemen
hanno preso di mira Riyadh, uccidendo un lavoratore migrante e
ferendone altri due. E sollevando le proteste della comunità
internazionale che ha accusato l’Iran di rifornire di armi i ribelli
Houthi.
A quattro anni dall’inizio dell’operazione saudita “Tempesta decisiva”, non c’è pace all’orizzonte. Riyadh,
nonostante l’incapacità di vincere la guerra e nonostante l’enorme peso
per le casse dello Stato, non intende fare marcia indietro dal solo
teatro di conflitto in cui è ancora effettivamente presente. Da parte
loro le forze Houthi, pur perdendo piccole porzioni di territorio, non
cedono e riescono a resistere e a mantenere il controllo di buona parte dello Yemen del centro e del nord.
In tale contesto le Nazioni Unite tentano un’impossibile mediazione.
Il nuovo inviato dell’Onu per lo Yemen, Martin Griffith, ha parlato ieri
degli ultimi sforzi diplomatici messi in campo, dicendosi fiducioso di
una soluzione: in corso ci sono una serie di incontri con gli attori del
conflitto, i cui risultati saranno presentati al Consiglio di Sicurezza
dell’Onu.
“Nel corso del primo giro di colloqui ho avvertito una vera
voglia di pace, di avviare trattative per porre fine alla guerra e di
aiutare il popolo yemenita”, ha detto ieri dall’Oman dove si trova per incontrare i vertici del paese prima di volare negli Emirati Arabi.
E proprio l’Oman è al centro dell’attenzione dell’Onu, a fronte di altri attori meno desiderosi di pace. Con
gli Emirati in rotta con l’attuale presidente yemenita – riconosciuto
dalla comunità internazionale – Hadi e l’Arabia Saudita poco incline al
dialogo, Griffith ha individuato in Muscat una possibile sponda.
Domenica l’inviato Onu ha incontrato Yousuf bin Alawi bin Abdullah,
ministro degli Affari esteri, con il quale ha discusso del paese vicino.
Ma una soluzione non sembra così vicina, mentre lo Yemen continua a
essere devastato da un conflitto brutale e dimenticato. Colera, febbre
dengue, malnutrizione, bombe, sfollamento sono la realtà per milioni di
yemeniti, intrappolati nelle proprie case senza cibo e acqua potabile.
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