A meno di un mese dalla visita alla Casa Bianca del principe
ereditario saudita Mohammed bin Salman – ancora impegnato nel suo tour
mondiale, passato per mezza America, compresi gli Studios – oggi lo
Studio Ovale ospiterà uno dei suoi arcinemici, l’emiro del Qatar Tamim
bin Hamad al-Thani.
Ieri, alla vigilia del meeting, gli Stati Uniti hanno siglato
con Doha un accordo di vendita di 5mila missili Apkws (Advance
Precision Kill Weapon Systems) per 300 milioni di dollari durante un
incontro tra il capo del Pentagono, Jim Mattis, e l’emiro al-Thani.
“Il Qatar è una forza importante per la stabilità politica e il progresso economico della regione del Golfo Persico – si legge in una
nota del Dipartimento di Stato Usa – I nostri interessi comuni ancorano
la nostra relazione e l’aviazione del Qatar gioca un ruolo predominante
nella difesa del paese”.
E oggi al-Thani va a caccia del pesce grosso: da Trump si
attende una dichiarazione importante, ovvero il riconoscimento del Qatar
come paese centrale nella soluzione della disputa regionale. Da
“sponsor del terrore”, come era stato definito nel giugno 2017, a
partner imprescindibile, un passaggio a cui al-Thani lavora da
mesi spendendo milioni di dollari per muovere le più influenti lobby
statunitensi a proprio favore, a partire da Brian Ballard, uno dei
principali finanziatori di Trump.
Nella schizofrenia, forse solo apparente, che accompagna
l’amministrazione Trump in politica estera, il presidente parla e fa
affari con i vertici di due paesi in rotta da quasi un anno, quando
iniziò il blocco contro il Qatar nel giugno scorso guidato da Riyadh.
Vale la pena sottolineare che a scatenare quella faida interna
al Consiglio di Cooperazione del Golfo fu proprio Trump, durante la sua
visita di fine maggio 2017 a Riyadh. Dopo aver bollato Doha come sponsor
del terrorismo, il presidente aveva acceso contese che covavano sotto
la cenere, per poi sfilarsi poco dopo soprattutto per la
mediazione dell’allora segretario di Stato Tillerson che da ex capo
della Exxon con il Qatar aveva rapporti stretti. Così, mentre il blocco
prosegue, gli Stati Uniti continuano a fare affari con Doha e a
definirlo partner strategico nella lotta al terrorismo.
Una “schizofrenia” ben spiegabile con la base americana di al-Udeir
ospitata dal Qatar e con il volume di investimenti che il Qatar ha negli
Usa e che servono ai piani di crescita occupazionale del “Make America
Gret Again” di Donald Trump. Con un interscambio pari a 6,3
miliardi di dollari l’anno, con gli Usa primi investitori nell’emirato e
primi esportatori di auto, equipaggiamento medico, prodotti agricoli e
macchinari, a contare è il piano di investimenti di Doha negli States,
45 miliardi entro il 2021.
Da cui gli accordi che nel corso dell’anno sono stati siglati: a
novembre l’amministrazione Usa aveva siglato un accordo di vendita di
caccia F-15 da 1,1 miliardi di dollari e l’intesa per la costruzione in
Qatar di bunker e di infrastrutture per servizi di cybersicurezza; pochi
mesi prima era stato firmato un altro contratto di vendita di jet F-15
da 12 miliardi di dollari, mentre venivano lanciate esercitazioni navali
congiunte.
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