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10/04/2018

Brasile, dietro l’arresto di Lula l’ombra delle oligarchie economiche

La solidarietà a Lula è stata espressa da tutti i leader rivoluzionari e progressisti del Sud America, nonché da migliaia di organizzazioni dello stesso tipo, in tutto il mondo.

“Vabbeh, una difesa di parte....” potrebbe dire qualche sprovveduto che crede solo ai Tg.

E allora abbiamo deciso di proporvi questa appassionata denuncia dell’imperialismo yankee, nel caso del Brasile, pubblicata su... Famiglia Cristiana.

Non vi viene il dubbio che probabilmente è questa la versione giusta?

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Brasile, dietro l’arresto di Lula l’ombra delle oligarchie economiche

L’ex presidente del Brasile rappresenta le classi meno agiate del Paese ed era il favorito alle presidenziali di ottobre. Il vescovo Bernardini: “la sua mente e il suo cuore non potranno essere imprigionati”. Vermigli: “Con lui la povera gente ha potuto godere di diritti e di dignità”.

di Katia Fitermann

Luiz Inacio Lula da Silva ha deciso di consegnarsi alla polizia federale di San Paolo del Brasile per scontare la pena inflittagli per corruzione. Ha lasciato il sindacato metallurgico, dove era barricato da giorni, attraversando a fatica una folla che si era radunato da giorni per impedire l’arresto, radunata dentro e fuori dalla chiesa di Sao Bernardo do Campo. Anche il vescovo monsignor Angelico Sandalo Bernardini, della Diocesi di Blumenau, nel sud del Brasile, che ha presieduto la funzione religiosa, aveva incoraggiato l’ex-presidente del Brasile e la folla dei fedeli: “Qui c’è un cittadino che era già stato imprigionato in passato”, aveva detto dal pulpito monsignor Angelico, già presidente della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, “imprigionato senza che nessuna prigione potesse detenere il suo cuore, la sua mente e i suoi ideali. Continua a dedicare la tua vita alla causa della pace, che è frutto della solidarietà, dell’amore, della misericordia e della giustizia. Che Gesù ti protegga, fratello e compagno”.

Le testimonianze a sostegno del “presidente guerriero del popolo”. Lula è stato portato quasi in trionfo dalla folla che manifestava in suo favore e osannava a “Lula presidente guerriero del popolo”. “Caro presidente Lula, che magia è questa la sua che la rende oggi garante della democrazia brasiliana e simbolo della speranza di milioni di brasiliani che gridano il suo nome in tutto il Paese e in tante città straniere? Che magia è questa che gli dà coraggio, nonostante tutto la sua sofferenza personale, per offrire a ciascuno di noi una lezione di dignità e umanità? La risposta è molto facile: la sua semplicità, caro presidente, è così disarmante che i suoi aguzzini hanno sottovalutato la grandezza che questa comporta in sé”.

Sono le parole a sostegno di Lula dell’economista dell’Università di Coimbra Boaventura de Sousa Santos, riportate nella lettera inviata all’ex-presidente brasiliano, a seguito del suo mandato di arresto, emesso dal giudice federale Sergio Fernando Moro. Una delle tante giunte in questi giorni dall’estero all’ex presidente del Brasile. Altre manifestazioni di solidarietà all’ex-presidente del Brasile arrivano da intellettuali, giornalisti, sacerdoti, artisti, ma sopratutto dalla grande massa di persone emarginate, appartenenti alle classi più povere del Brasile, che da giorni si era radunata davanti al sindacato dei lavoratori di Sao Bernardo do Campo e in altre piazze del Paese.

Il potere giudiziario e la perdita di indipendenza. “Lula è stato arrestato non perché ha commesso un reato, del quale a tutt’oggi non ci sono prove tangibili della sua colpevolezza, altrimenti avrebbe potuto ricorre a tutti i gradi di giudizio previsti dalla Costituzione brasiliana, cosa che infatti gli viene negata. Il Giudice Moro ha chiesto l’arresto di Lula soltanto perché rappresenta un pericolo alle prossime elezioni presidenziali che si terranno in Brasile a ottobre di quest’anno, proprio perché rappresenta quella enorme parte della popolazione povera brasiliana che non deve avere né voce, né diritti, né visibilità. In prigione, non potrà candidarsi alle elezioni presidenziali. Per riuscire a metterlo fuori gioco, il potere giudiziario brasiliano, uno dei tre poteri pilastri dalla Costituzione Federale del Brasile, oltre al potere legislativo ed esecutivo, che dovrebbe essere autonomo nel suo operato, ha violato la stessa Costituzione federale.

Questo mandato di arresto in realtà serve soltanto per impedire la candidatura di Lula alla presidenza del Brasile da parte di una classe sociale e politica che non vuole la difesa dei diritti uguali per tutti, ma il mantenimento della casta sociale più alta del Paese, con le proprie garanzie di diritti a discapito dell’intero popolo brasiliano”. Lo dice, senza parafrasi Antonio Vermigli, direttore della rivista “In Dialogo” e membro della Rete Radie Resh, l’Associazione di solidarietà internazionale fondata nel 1964 dal giornalista, scrittore ed ex parlamentare italiano, Ettore Masina,dopo un viaggio con Papa Paolo VI in Israele. Vermigli è anche il promotore della Marcia per la Giustizia che si svolge ogni anno a Quarrata, in Provincia di Pistoia, da ormai 25 anni e che ha avuto la partecipazione di tantissime persone (scrittori come Luis Sepulveda, il premio Nobel per la Pace Rigoberta Menchu,e lo stesso ex presidente del Brasile, Lulla, che nel 1999, quando era ancora in corsa per la sua prima legislatura, iniziata poi, nel 2003, con la sua vittoria alle elezioni.

La spaccatura delle classi sociali. “L’arresto dell’ex-presidente operaio”, prosegue Vermigli, amico personale di Lula, “ha determinato una spaccatura netta tra le classi sociali del Paese che reagiscono alla notizia in maniera diametralmente opposta tra loro. Per capire in profondità l’effetto della decisione del Tribunale Federale e la conseguente reazione di gran parte del Paese a questa decisione, bisogna fare un viaggio nella storia del Brasile, nato e cresciuto con la colonizzazione Portoghese, la tratta degli schiavi e gli svariati conflitti interni per la difesa della libertà e i diritti civili che si susseguiranno nei secoli di storia. Lula è stato a lungo protagonista nelle battaglie per i diritti dei lavoratori durante il periodo buio della dittatura militare nel Paese e molte persone, oggi, sembrano non aver dimenticato la figura carismatica del leader operaio”.

La protesta dei cattolici. Tra i lavoratori sostenitori di Lula ci sono anche molti cattolici che operano nelle diverse pastorali del nordest del Paese e che spiegano la richiesta di reclusione dell’ex-presidente come non soltanto una violazione dei diritti costituzionali, ma un vero colpo di Stato di matrice politico-economica, come spiega Antonio da Silva: “Vogliono arrestare Lula perché questo Paese continua a vivere all’epoca dello schiavismo, della quale non si è mai liberato. Dietro alla politica del Brasile c’è l’economia mondiale e la voglia di saccheggiare ulteriormente la nostra nazione. Dopo la scoperta dell’enorme giacimento di petrolio in Brasile, il Pré-Sal e la miniera di Niobio, metallo più nobile e caro dell’oro e del titanio, oltre a tutte le altre risorse naturali e economiche che possediamo, avere un governo corrotto e collaborazionista con gli USA e altri Paesi al mondo fa comodo a molte nazioni straniere del Primo mondo, il mondo dell’Occidente industrializzato”.

La Russia e la Turchia avevano avvertito l’ex presidentessa e successore di Lula, Dilma Roussef, del pericolo di un colpo mediatico giudiziario. “Io inizierei da quello che è successo durante il governo di Dilma Roussef”, continua Vermigli, “cioè quando lei è stata tolta dalle sue funzioni di presidente della Repubblica del Brasile con un golpe mediatico giudiziario, un colpo di stato ordito con molta organizzazione da parte di un gruppo di persone composto dai ricchi brasiliani, dalla finanza, dalle multinazionali e dalla più grande emittente televisiva del sud America, insieme alla magistratura. Posso dire con molta onestà che già alla fine della prima campagna elettorale, Dilma era stata avvisata dal presidente della Turchia, Erdogan e dal presidente della Russia, Vladimir Putin, con una telefonata diretta, che stavano organizzando un colpo giudiziario a suo carico e si meravigliavano dal fatto che servizi segreti brasiliani non se ne fossero occupati. Siamo di fronte ad una ricolonizzazione del Brasile da parte dei ricchi (si sospetta che in Brasile vivono almeno 75.000 ultra-milionari) che gestiscono la stragrande maggioranza della ricchezza del Paese e che insieme alle multinazionali hanno sempre cercato di ostacolare la presenza di Lula prima e della Roussef poi”.

I diritti della povera gente. “Durante il governo di Lula”, conclude Vermigli, “per la prima volta in Brasile, la povera gente ha potuto avere dei diritti assicurati, ci sono stati molti investimenti nelle piccole aziende, nel lavoro dei piccoli agricoltori, la gente ha assaggiato per la prima volta una certa condivisione di un certo benessere e molte persone hanno potuto permettersi di viaggiare, cosa che prima era un diritto assoluto dei benestanti. Il Paese cresceva e c’era una distribuzione del reddito più equa che sicuramente dava enorme fastidio alla classe dominante che ha sempre potuto usufruire di ogni privilegio a discapito della maggioranza delle persone brasiliane che non potevano permettersi niente. Il grande rilancio dell’economia brasiliana ha avuto come base proprio questa riduzione del divario tra poveri e ricchi. Le persone potevano permettersi di acquistare beni di consumo, elettrodomestici, e fu proprio questa situazione di migliori condizioni di vita che ha favorito la crescita enorme del Paese in quel periodo. Il famoso Brics, unione del mercato composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa minacciava sicuramente il mercato occidentale degli Stati Uniti e i loro interessi economici. L’attuale governo Temer ha cancellato l’80% del progetti sociali, ha privatizzato tutto quello che ha potuto fino ad ora privatizzare, in primis il famoso Pré-Sal, uno dei più grandi giacimenti di petrolio e gas naturale sull’Oceano Atlantico, vicino alle coste brasiliane, (25 mila barili di petrolio al giorno).

Il Filo conduttore tra la morte di Mariele Franco e la richiesta di immediata detenzione di Lula. Forse c’è un filo rosso che collega l’assassinio di Marielle Franco, l’attivista politica e sociale del Brasile, nonché consigliere comunale a Rio de Janeiro e il mandato di reclusione di Lula conclude Vermigli: il razzismo e il classismo fortemente presenti nella società brasiliana che determina una forte discriminazione sociale nel tentativo di assicurare il mantenimento dei privilegi della casta socio economica più elevata e delle oligarchie politico-finanziarie. “Perché in realtà il Brasile, più che razzista, è ancor di più un Paese classista”.

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