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21/02/2018

Siria. Goutha sotto le bombe. Ankara e Damasco ai ferri corti su Afrin?

Mentre ad Afrin, nord-ovest della Siria, va di scena lo scontro – per ora solo a parole – tra Turchia e governo siriano, nel sobborgo di Damasco di Ghouta est la battaglia è drammatica. Sotto assedio interno ed esterno dal 2013, con l’esercito siriano e l’aviazione russa che colpiscono dal cielo e a terra le opposizioni islamiste arroccate in una zona dove risiedono ancora 400mila persone, Ghouta est è al collasso.
 
Oggi l’ufficio regionale umanitario delle Nazioni Unite ha chiesto l’immediata fine dei bombardamenti e lo stop all’escalation che da domenica ha ucciso oltre 100 persone: “L’imperativo è porre fine a questa sofferenza umana senza senso, questo colpire civili innocenti e infrastrutture deve finire ora”, ha detto Panos Moumtzis, coordinatore per la Siria dell’ufficio Onu. Tra le vittime ci sarebbero anche 20 bambini, almeno 300 i feriti.

L’ultima controffensiva governativa è stata lanciata domenica, dal cielo; secondo fonti delle opposizioni potrebbe anticipare un tentativo di assalto via terra. I precedenti accordi siglati da Damasco con alcune unità delle opposizioni islamiste presenti avevano portato ad una parziale evacuazione di Ghouta est, sul modello di altre intese simili raggiunte nel nord ovest della Siria. Centinaia di miliziani erano stati condotti a Idlib, provincia nord-occidentale da anni quasi totalmente sotto il controllo dell’ex al-Nusra, formazione qaedista che ha monopolizzato la galassia di opposizioni di matrice islamista.

Ma Ghouta est soffre allo stesso modo. Da mesi, anni, le agenzie umanitarie denunciano una crisi indicibile, assenza di cibo e acqua potabile, civili ridotti alla fame e impossibilitati a ricevere aiuti a causa dei blocchi imposti dal conflitto. Il 14 febbraio un convoglio dell’Onu è riuscito ad accedere nel sobborgo ma è stato in grado di rifornire di aiuti solo il 2,6% dei 272mila civili che necessitano di sostegno immediato.

Al blocco imposto dal governo che non garantisce l’ingresso di aiuti dall’esterno, si aggiunge il mercato nero gestito spesso dalle opposizioni, un incremento dei prezzi di prima necessità che rende impossibile l’acquisto da parte di una comunità allo stremo. E, denuncia l’Onu, “il tasso di malnutrizione ha raggiunto livelli senza precedenti, con l’11,9% dei bambini sotto i cinque anni gravemente malnutriti”.

Eppure Ghouta est – insieme a Idlib, a Quneitra e Deraa nel sud del paese e a Rastan e Talbiseh nella provincia di Homs – ricade all’interno dell’accordo siglato ad Astana da Turchia, Iran e Russia e delle quattro de-escalation zone previste. Ovvero zone in cui dovrebbe essere entrato in vigore un ampio cessate il fuoco tra governo e opposizioni, sotto la supervisione dei rispettivi sponsor internazionali.

Se a Idlib a dicembre il governo ha lanciato una nuova controffensiva, lo stesso accade nel sobborgo di Damasco. Dall’inizio di febbraio, quando le violenze sono riprese con maggiore intensità, le vittime tra i civili sarebbero almeno 300. E la possibile operazione via terra – che sarebbe confermata dai rinforzi inviati dal governo di Assad nelle ultime settimane – potrebbe esarcerbare ulteriormente una situazione già collassata. Secondo il quotidiano siriano al-Watan e l’Osservatorio Siriano, ente basato a Londra e vicino alle opposizioni fin dal 2011, negoziati sarebbero in corso per giungere ad un nuovo accordo di evacuazione dei miliziani.

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