Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

23/02/2018

Le aree metropolitane: concentrazione di poteri, disuguaglianze sociali e territoriali crescenti

Quale futuro si prospetta per le aree metropolitane in Italia? E come agisce sulla distribuzione disuguale delle risorse e della riorganizzazione produttiva il “magnete” al centro dell’Europa? Su questo si è discusso a Roma mercoledì 21 febbraio in un forum organizzato dalla Rete dei Comunisti.

Prendendo spunto da una intervista al Corriere della Sera del sindaco di Milano, Sala, nella quale ha esplicitato che “O l’Italia ci segue o ce ne andiamo in Europa da soli”, i compagni della RdC hanno provato a sistematizzare una serie di processi poco visibili ma non per questo meno preoccupanti.

Ha provato a spiegarli Mauro Luongo (RdC) nell'introduzione, mettendo in relazione le conseguenze della globalizzazione sia nei nuovi assetti decisionali statali e sovrastatali, sia nella centralità delle aree metropolitane come unità agenti nella concentrazione della ricchezza, dei servizi avanzati, degli assetti produttivi. “La dimensione spaziale propria della competizione globale, nello scenario della U.E. , si configura come uno storicamente inedito ridimensionamento dello stato nazionale, in cui le aree metropolitane si collocano al centro della dinamiche competitive del polo europeo” ha sottolineato Luongo, “Le relazioni centro-periferia del modello statale nazionale si ridefiniscono in relazione al centro economico-produttivo egemone rappresentato dai paesi core della Unione Europea, in cui le aree territoriali e metropolitane integrate o comunque funzionali al modello produttivo europeo ad alta composizione organica, sono elemento attrattivo di capitale e forza-lavoro qualificata e propulsivo della competizione globale”.

A farne le spese, ad esempio, è la progressiva periferizzazione (o “meridionalizzazione” ha detto qualcuno) di Roma. Capitale politica del paese oggetto di un declino che pare quasi guidato “dall’alto” per orientare invece scelte di insediamento produttivo e finanziario, come dei centri decisionali, su Milano. Siamo dunque di fronte ad una ridefinizione di centralità nelle principali aree metropolitane del paese che concentra su un’area a discapito di tutte le altre (Napoli, Torino, Genova ad esempio).

Guido Lutrario (Usb) ha ricordato come su questi temi a livello europeo si stiano definendo strategie ben precise intorno al concetto di “rigenerazione urbana”, un concetto che sussume in sé sia l’esigenza del controllo (soprattutto di periferie sempre più turbolente) che quella degli investimenti in una competizione globale feroce alla continua ricerca della valorizzazione dei capitali. Una ricaduta di questa strategia è visibile nella relazione prodotta dalla Commissione Parlamentare sulle periferie poche settimane fa. La priorità della visione securitaria è ben visibile in quelle righe (ed anche nelle audizioni in commissione sia di Minniti sia del capo della Polizia Gabrielli). Insomma più controllo sulle periferie che investimenti economici, resi sempre più spesso impraticabili dai vincoli di bilancio imposti dalle istituzioni europee ai singoli governi per arrivare fino alle amministrazioni locali. Del tutto casualmente nella stessa giornata, a rendere evidente questo problema, a Montecitorio erano venuti a manifestare il sindaco di Napoli De Magistris e sei pullman di abitanti proprio contro lo strangolamento del debito sul Comune. Lutrario ricorda poi i due tavoli istituiti sul declino di Roma. Uno tra una amministrazione Raggi – che appare del tutto incapace di misurarsi con il problema – e i sindacati (escludendo l’Usb), l’altro finito a sportellate tra la sindaca e il ministro Calenda. L’Usb sta sperimentando le forme dell’organizzazione sindacale metropolitana ma che tipo di organizzazione politica serva oggi per “lottare nelle città” è un tema che, per esempio, riguarda una esperienza nascente come Potere al Popolo.

Il segretario del Prc di Roma, Vito Meloni, ha affermato che Roma è stata “più amministrata che governata” dalle giunte degli ultimi anni, indicando una subalternità ai diktat sui vincoli di bilancio che ha prodotto la stagnazione ormai evidente a tutti. Le aree metropolitane anche sul piano istituzionali stanno assumendo una nuova centralità con l’istituzione delle Città Metropolitane. Sulle responsabilità dell’Unione Europea in questa situazione della città, Vito Meloni ha ribadito le divergenze di vedute con l’analisi della Rete dei Comunisti, una divergenza che non ha però impedito di procedere insieme nell’esperienza di Potere al Popolo.

Più articolato l’intervento di Mario Battisti che ha posto al centro la rimessa in discussione degli ordinamenti come presupposto per un vero cambiamento. Gli ordinamenti fondati sugli stati-nazione sono stati travolti dalla globalizzazione ma anche da strutture decisionali come l’Unione Europea. Questa ridefinizione delle gerarchie di comando arriva a riscrivere anche il ruolo delle grandi aree metropolitane, privilegiandone alcune e lasciandone declinare altre. In tal senso l’ipotesi federalista oggi andrebbe rovesciata contro chi sta operando nella direzione della gerarchia dei poteri decisionali.

Nel merito è entrato anche Niccolò Monti del Pci, il quale ha ricordato come la tagliola dei vincoli di bilancio imposta dalla Ue, strangoli le amministrazioni locali lasciando il campo aperto solo agli affari e agli interessi privati. La fuga delle aziende da Roma per ricollocarsi a Milano rafforza le disuguaglianze sociali e territoriali nel paese.

Infine Andrea Del Monaco, autore del libro “Sud colonia tedesca”, ha ricostruito come lo sviluppo disuguale imposto soprattutto dalla Germania a livello europeo – in particolare verso i paesi periferici e indebitati della Ue – stia acutizzando le disuguaglianze interne anche al nostro paese. Del Monaco ha segnalato come il cosiddetto Masterplan per il Sud del Governo sta tagliando le già magre risorse per il meridione, l’austerità imposta dalla Ue dal 1992 ad oggi, ha incentivato la svalutazione del lavoro e la riduzione degli investimenti, sono stati spesi poco e male i Fondi europei per lo sviluppo delle aree disagiate. Serve un radicale cambio di orientamento, ad esempio puntando su alcune policentricità nel Meridione per riavviare lo sviluppo (in particolare in Puglia, Calabria e Sicilia). Ma imboccare questa strada farebbe saltare i nervi e i progetti tedeschi su molti settori dell’economia.

Un dibattito e spunti estremamente stimolanti dunque, soprattutto perché finalmente ci si sta approcciando a questioni strategiche – e la funzione delle aree metropolitane è una di queste – non più con visioni parziali e congiunturali ma anche cercando di cogliere le dinamiche e le tendenze della riorganizzazione capitalistica. E’ evidente come la governance multilivello dell’Unione Europea e la concentrazione di capitali e poteri nel suo nucleo centrale, non può che produrre un effetto disgregatore all’interno dei vari paesi periferici. L’Italia, o molta parte di essa escludendo la regione produttiva che si va definendo intorno a Milano, ne viene pesantemente coinvolta. Come è consuetudine della Rete dei Comunisti, gli interventi verranno raccolti in una pubblicazione (saranno comunque già disponibili in video nelle prossime ore). Sullo stesso argomento sarebbe la terza dopo quella dedicata alla “metropoli come merce” e quella sulle privatizzazioni nell’area metropolitana di Roma.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento