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17/02/2018

I social del capitale. Sei libero di usarli solo se non pensi a un tubo

Dentro e contro, si può? Sì, ma, però... Click.

Facebook, ieri, mi ha improvvisamente chiuso il profilo e subito dopo ho appreso che è successa la stessa cosa anche ad altri compagni. Il mio era un profilo con sette anni di vita, con una sua storia ed una specie di archivio cui tenevo molto.

Averlo fatto sparire in un nanosecondo senza preavviso e senza una spiegazione plausibile è stata una roba un po’ da nazisti ma ci sta.

Il fatto è che dentro i social coltiviamo pericolosamente l’idea di una libertà assoluta e non ci rendiamo conto che invece ci siamo gettati in pasto ad una forma di controllo assoluto.

Che sia stato a “segnalarmi” un fascista, un turco anticurdo, un bocconiano o un sionista di merda poco importa.

Ciò che conta è il padrone del vapore, il falso moderatore, il social stesso che, al di là di ogni insana illusione, non è mai stato neutrale.

Primavere ukraine o siriane, elezioni presidenziali, tendenze, consumi, stereotipi, gusti e scelte politiche sono decise/i in alto e noi, per loro, siamo carne da macello né più né meno dei piccoli risparmiatori cui viene venduta l’illusione di fare quattrini giocando in borsa.

Badate, non siamo “noi” che facciamo “tendenza”. Noi siamo una piccola minoranza tollerata fin tanto che non disturbiamo il manovratore.

E’ la massa che conta per loro, e la “massa” sono quei post e quei profili che viaggiano a centinaia e migliaia di like e visualizzazioni al giorno; e ciò non dipende solo dal fatto che “non sappiamo comunicare” o che siamo “faziosi”, “settari, “ideologici”.

I social, nella forma che hanno assunto da tempo, non sono altro che un aspetto del nuovo capitalismo digitale ed oltre ad essere sempre più connessi alle nuove forme di taylorismo (digitale) che hanno sottomesso il lavoro mediante il controllo a distanza; e gli algoritmi ormai tengono sotto controllo anche i nostri pensieri, il nostro immaginario, i nostri desideri e le nostre relazioni sociali, comprese quelle “private” che vengono sistematicamente usate/i, manipolate/i e vendute/i.

E tuttavia, se stare in rete, ormai, è inevitabile e necessario, bisognerà prima o poi cominciare a immaginare una piattaforma libera, altrimenti resteremo sempre attaccati alla catena di quel padrone che continuerà a metterci la mordacchia o a farci sparire dall’etere ogni volta che lo riterrà opportuno, con un click.

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