Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

07/12/2017

Thomas Mann e l’Europa: una mistificazione

Nel 1947, esattamente settant’anni fa, Mondadori dava alle stampe una raccolta di saggi intitolata Moniti all’Europa. L’autore, guida morale di quella parte della cultura tedesca ed europea non compromessasi con il regime nazista: Thomas Mann. Tale ricorrenza viene oggi celebrata da Mondadori con una nuova edizione, corredata dall’introduzione a cura di un non “addetto ai lavori”, il presidente emerito Giorgio Napolitano, sedicente estimatore dello scrittore tedesco.

Gli ingredienti per una arrembante e smaccata operazione ideologica sono tutti qui: un “mostro sacro” della letteratura, con le sue prese di posizione contro la barbarie nazista, sicuramente cosmopolita e a favore di un “umanesimo democratico”; il più eminente riferimento politico e propugnatore a ogni costo dell’europeismo in Italia; una situazione, quella odierna, di instabilità politica e di crisi d’egemonia per i governi dei paesi dell’UE, Germania compresa. Non ci sarebbe nemmeno bisogno di leggere ciò che Napolitano scrive nell’introdurre l’opera, ma vale sempre la pena guardare tra gli ingranaggi dell’industria culturale, la “macchina mitologica” per eccellenza in mano al nemico.

Al di là degli scontati luoghi comuni riguardo al periodo storico (gli “opposti estremismi” della Germania di Weimar come vera “causa” del nazismo, vulgata ormai banale da Ernst Nolte in poi) è interessante la chiusura del saggio:

“[Quella di Thomas Mann] è una lezione che torna ad ammonirci e illuminarci, nelle crisi sociali, culturali e politiche di questo inizio del XXI secolo in Europa, in un contesto di inedito cambiamento e disordine mondiale. Un’Europa che non è diventata tedesca, che si è unita, progredendo straordinariamente, nella libertà e nella democrazia, e che – nel reagire oggi a dure sfide come quelle della Brexit e del populismo anti-europeo – mostra di tendere a una sempre più stretta integrazione sovranazionale: un’Europa così fatta può contare su un’autentica Germania europea. Ed è una Germania che dell’Europa è divenuta pilastro essenziale, attraverso una vera e propria mutazione generazionale e culturale di massa rispetto alle aberrazioni del passato. Ebbene, non è forse questo il compiersi della profezia annunciata da Mann, il realizzarsi della soluzione e prospettiva – una Germania europea – che ha rappresentato la bandiera, da lui per primo impugnata, in anni di tragico buio per l’umanità?”

Ancora una volta un esponente di spicco dell’establishment, tra i primi responsabili della torsione autoritaria che viviamo oggi in Italia, usa il trucchetto argomentativo della “democrazia europea minacciata dai populismi”, chiaramente spuntati nottetempo come i funghi e non alimentati consapevolmente dalle classi dirigenti europee. E lo fa scomodando uno dei più importanti scrittori europei del Novecento. Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere.

Non è qui il caso di formulare un bilancio critico dell’opera di Thomas Mann, delle sue prese di posizione in merito alla costruzione di un’Europa libera dal nazismo (e dalle condizioni che lo resero possibile). Chi vuole conoscere nello specifico cosa Mann pensasse della politica, della forma borghese della democrazia, delle situazione internazionale tra le due guerre e oltre, non ha che da leggere le sue opere. Sia inoltre ben chiaro che non è nostra intenzione compiere l’operazione di segno opposto e arruolare Mann tra le fila dell’intellettualità comunista o anti-UE. Si tratta soltanto di restituire un’immagine più giusta e decorosa di un artista complesso, che visse continui ripensamenti e ambiguità nella sua parabola intellettuale, e di seminare qualche dubbio tra chi si lasciasse convincere da questa anacronistica attribuzione ex-post, da questa immagine quanto mai forzata di un Thomas Mann maestro e ispiratore dell’attuale Unione europea (la sola esistente e possibile, peraltro).

Proviamo quindi a domandarci cosa potrebbe pensare del ruolo di “cane da guardia” dell’austerità ricoperto dal grande capitale tedesco e da Bruxelles nella crisi dei paesi euro-mediterranei, lui così critico verso l’accanimento delle potenze europee sulla Germania dopo la prima guerra mondiale?

Che direbbe l’autore del Doctor Faustus – il romanzo allegorico sulla decadenza del ceto intellettuale tedesco e delle sue compromissioni con il brodo di coltura irrazionalistico in cui crebbe il fascismo – del golpe filonazista in Ucraina sostenuto dall’UE?

E ancora, che opinione avrebbe Thomas Mann – che durante il maccartismo dava la sua adesione al Comitato per il Primo Emendamento contro il clima da caccia alle streghe instauratosi negli USA – del clima autoritario vigente in Italia, in Catalogna o in Francia?

Sono tutte domande legittime, cui possiamo rispondere solo tramite congetture, ma mettono senz’altro in crisi tanto l’operazione ideologica appena descritta, quanto il mito dell’UE come “baluardo della pace e della democrazia” che continuano a propinarci senza posa, ma che ogni giorno di più fa acqua da tutte le parti.

Fonte

Nessun commento:

Posta un commento