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28/12/2017

Scherzo telefonico a Parubij, il neo-nazista che firma memorandum con la Boldrini

L’articolo esce in contemporanea su Contropiano e Antidiplomatico

Nuova performance del duo Leksus & Vovan. A distanza di pochi giorni dalla telefonata alla rappresentante USA alle Nazioni Unite, Nikki Haley, nel giro di quarantotto ore i pranker russi Aleksej Stoljarov e Vladimir Kuznetsov hanno conversato dapprima con il presidente (italiano) dell’Assemblea parlamentare della NATO, Paolo Alli, impersonando lo speaker della Rada ucraina Andrej Parubij e, successivamente, con quest’ultimo, nei panni di Paolo Alli.

Se il colloquio telefonico con il “famiglio” di Angelino Alfano non ha avuto momenti particolarmente esplosivi, a parte la burla in sé, quello con Parubij si è distinto, oltre che nel merito della conversazione, soprattutto nel metodo. Il nazista con cui le cariche parlamentari di casa nostra non disdegnano di firmare Memorandum d’intesa ha “conversato” infatti, per ben quaranta minuti, con un robot: L&V avevano registrato il precedente colloquio con Alli, sbobinando quindi le repliche appropriate alle affermazioni di Parubij e dell’interprete.

Alli aveva dichiarato al falso Parubij che l’Alleanza atlantica non è esattamente entusiasta dell’idea di Kiev di indire un referendum per l’adesione alla NATO, dato che potrebbe finire con un risultato opposto alle attese. Parubij risponde che la decisione non è definitiva e il governo non ha ancora deciso la domanda da formulare sulla scheda: si tratta per ora soltanto di “un’idea da discutere con esperti e con i nostri partner occidentali”. La NATO è al momento preoccupata, dice Alli, del “possibile ingresso dell’Ucraina, dal momento che vari membri lo reputano prematuro e non appoggiano l’accelerazione del vostro piano” e aggiunge che ora “è importante l’attuazione degli accordi di Minsk. L’atteggiamento dei paesi membri dipende in gran parte dal successo di tale attuazione”.

Inoltre, di fronte a un referendum, viene detto, c’è comunque il pericolo dell’interferenza russa, come è accaduto con le elezioni presidenziali americane e come si teme possa avvenire con le prossime elezioni italiane. Con l’intervento del “collaboratore di Alli”, il colloquio entra nel vivo della possibile ingerenza putiniana, che sta ora sviluppandosi in una nuova fase: dopo la guerra ibrida e le intromissioni degli hacker, ora il Cremlino ha dato il via all'influenza psicologica. Dunque il falso collaboratore e Parubij parlano del videoclip “Azino 777” e del suo “Come sollevare babla” e convengono sull’urgenza di avvisare il segretario generale NATO, Jens Stoltenberg, della pericolosità di tale video e anche del libro, appena pubblicato a Mosca, sulla metodica psicologica “Vovan & Leksus”, messo a punto al quartier generale russo, dal nome in codice “Per chi suona il telefono”.

Tale è Andrej Parubij. Se poco c’è da dire a proposito dell’italico alfaniano, il neonazista partner della liberugualista Presidente della Camera può vantare, come scriveva Argumenty I Fakty al momento della sua nomina a speaker della Rada, un responso ufficiale di “leggera forma di ritardo mentale, accompagnata da periodici episodi di afasia”, diagnosticatogli in giovinezza al policlinico centrale di Ervonograd. Più tardi: leader giovanile del raggruppamento nazionalista “Spadshchina” (Eredità) e poi cofondatore nel 1991 del Partito nazional-socialista d’Ucraina, passando per il suo restyling nel 2004 in Svoboda, insieme al vecchio camerata Oleg Tjagnibok, dopo la tappa de Patrioti d’Ucraina, con il “führer” e comandante di Azov, Andrej Biletskij e giù, giù, fino alla strage della Casa dei sindacati a Odessa... il resto è storia (quasi) nota.

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Con tale camerata si è intrattenuta la fustigatrice nostrana delle fake news mondiali, sicuramente in lista per una prossima telefonata di Leksus & Vovan. Uno squadrista, d’altronde degno del proprio capomanipolo che, pochi giorni fa, intervenendo al Ministero degli esteri ucraino, si è ingarbugliato nelle proprie stesse parole, confessando (in)volontariamente (minuto 12:56 del video) che “nessuno probabilmente, meglio di noi ucraini, conosce l’infamia del regime ucraino”. Il fatto interessante è che nessuno, nell’auditorio, pare abbia obiettato alcunché. Ci mancherebbe.

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