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12/12/2017

La strategia nucleare di Putin

Gerusalemme è stata al centro solo ufficialmente degli incontri che ieri il presidente russo Putin ha avuto prima al Cairo e poi ad Ankara: in un solo giorno l’inquilino del Cremlino è volato tra Medio Oriente e Nord Africa per tre visite lampo ma indicative del ruolo russo nella regione.
 
Prima in Siria, dove dalla base aerea russa nella provincia di Latakia al cospetto del presidente Assad ha annunciato il ritiro parziale dell’esercito. E poi Egitto e Turchia dove i meeting con i presidenti al-Sisi e Erdogan si sono incentrati sui rapporti bilaterali, energetici e militari. Mosca pigliatutto, verrebbe da dire. Di certo Putin sa come muoversi tra le pieghe dei fallimenti e i passi falsi degli Stati Uniti, per portare avanti gli obiettivi strategici russi: mettere i piedi nel Mediterraneo e promuovere il proprio neo-imperialismo come alternativa a quello statunitense.

Una realtà che fa il paio con i dati pubblicati in questi giorni dallo Stockholm International Peace Research Institute: nel 2016 Mosca ha visto crescere la vendita di armi all’estero del 3,8%, portandosi al terzo posto nella classifica dei paesi per vendita di equipaggiamento militare dopo Stati Uniti e Gran Bretagna. E se gli Usa continuano a garantirsi la fetta più grande (oltre il 50% delle vendite totali) mentre quella russa rappresenta il 7,1%, il dato va relativizzato: Mosca ha evitato l’isolamento internazionale e si pone oggi come super potenza militare e politica in ogni angolo del mondo.

I due incontri di ieri ne hanno dato la misura: al Cairo, accolto dal presidente al-Sisi, Putin ha cementato un rapporto sempre più stretto. Alleati nella crisi libica, dove entrambi sponsorizzano più o meno direttamente il generale Khalifa Haftar, partner commerciali ormai consolidati con l’Egitto che ha accettato di ospitare navi e jet da guerra russi in basi da aprire lungo la costa egiziana e che ha firmato contratti da miliardi di dollari per l’acquisto di armi russe, elicotteri e caccia, ieri i due hanno finalizzato un accordo miliardario: la centrale nucleare di Dabaa, 130 km a nord ovest del Cairo, la prima dell’Africa del nord. Tre reattori da 1.200 megawatt l’uno che dovrebbero creare almeno 4mila posti di lavoro oltre alle migliaia dell’indotto.

L’obiettivo è completare la costruzione, che sarà realizzata dalla compagnia russa Rosatom, entro il 2028-2029. Dovrà garantire prezzi competitivi e coprire una buona parte delle necessità energetiche di una popolazione in costante crescita. Con buona pace dell’ambiente: non sono pochi gli analisti che criticano la mossa nucleare di al-Sisi in un paese in cui le infrastrutture idriche e elettriche sono carenti e dove la siccità colpisce con cadenza regolare intere comunità.

Il mega prestito russo che coprirà l’85% dei costi di costruzione e funzionamento prevede l’investimento di 25 miliardi di dollari che comprenderanno anche la fornitura di combustibile per 70-80 anni, la manutenzione dell’impianto e il trattamento del combustibile esaurito. Non solo: durante il meeting al-Sisi ha parlato dell’intenzione russa di incrementare gli investimenti nella zona industriale che Mosca ha voluto nel Canale di Suez.

Armi al centro anche nella visita successiva, ad Ankara. Ieri Erdogan e Putin hanno annunciato la conclusione, tra pochi giorni, dell’accordo di vendita per il sistema difensivo missilistico S-400, il più avanzato dell’industria militare russa, capace di portare tre diversi tipi di missili e di colpire 300 target a lancio, fino ad un’altitudine di 27 chilometri.

Una vendita che si somma all’aumento del 30% degli scambi commerciali nel corso del 2017, affari che hanno fatto dimenticare il gelo lungo quasi due anni tra Mosca e Ankara a causa del diverso approccio verso la guerra siriana e l’abbattimento di un jet russo da parte dei caccia turchi. Tutto dimenticato: anche in Turchia al centro della discussione è finito il nucleare e il progetto di impianto – anche questo finanziato dalla Russia – ad Akkuyu. Domenica nella provincia di Mersin, nel sud del paese, si è tenuta la cerimonia di lancio del progetto alla presenza del ministro dell’Energia e dei rappresentanti della russa Rosatom. Il primo reattore dovrebbe essere operativo nel 2023.

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