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12/12/2017

Gerusalemme - Il nulla politico dell'UE

di Michele Giorgio – Il Manifesto

«Non c’è nessuna iniziativa di pace (dell’Ue), nessun tentativo di riprendere i negoziati tra palestinesi e israeliani che possa avvenire senza il coinvolgimento degli Stati Uniti». Su queste parole di Federica Mogherini, alta rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, è spirato ieri il “nuovo protagonismo mediorientale” dei leader europei, così lo aveva definito qualcuno.

La spumeggiante e piuttosto insolita voglia di dirla tutta del presidente francese Macron – che domenica all’Eliseo aveva condannato il riconoscimento fatto da Donald Trump di Gerusalemme capitale di Israele e aveva detto al suo ospite, il premier Benyamin Netanyahu, che la città santa deve essere la capitale anche della Palestina – ieri è arrivata sfiatata al Consiglio dei ministri degli esteri europei, come una bottiglia di Coca cola lasciata aperta. Troppo dolce e senza gas.

Mogherini durante e dopo l’incontro con Netanyahu non ha messo in alcun modo in discussione il ruolo degli Usa che pure in 24 anni di mediazione tra israeliani e palestinesi non ha prodotto alcun risultato. Washington piuttosto ha avallato le politiche che hanno affondato la soluzione a Due Stati, a cominciare dalla colonizzazione dei Territori palestinesi occupati, fino al riconoscimento unilaterale di Gerusalemme capitale di Israele.

Il fatto che Mogherini abbia affermato che «l’unica soluzione possibile rimane quella dei Due Stati, secondo i confini del 1967, con Gerusalemme capitale di entrambi», non è un passo in avanti. Le dichiarazioni europee non seguite da decisioni concrete sono aria fritta in un quadro dove il tempo gioca sempre a favore del premier israeliano. «Ora assistiamo a questo vortice di condanne e proteste per il riconoscimento di Gerusalemme capitale di Israele ma tra dieci o quindici giorni, se non ci saranno sviluppi, la crisi comincerà a sgonfiarsi a non essere più di attualità per i governi occidentali e anche per quelli arabi attenti a non incrinare i rapporti con Israele. E proprio su questo puntano Netanyahu e Trump», diceva ieri al manifesto lo scrittore e politologo israelo-americano Jeff Halper, autore di “La guerra contro il popolo. Israele, i palestinesi e la pacificazione globale”.

«Netanyahu – ha aggiunto – non deve far altro che chiamare alla ripresa del negoziato con i palestinesi. La trattativa per la trattativa, senza alcun obiettivo vero». Israele, ha concluso Halper, «non ha alcuna soluzione per il conflitto se non quella che già abbiamo davanti agli occhi, lo status quo, l’occupazione permanente dei Territori, perché il suo governo è contro la nascita di uno Stato palestinese. E ora che Trump e gli Stati Uniti gli hanno regalato Gerusalemme, (il primo ministro) tirerà a guadagnare tempo per spegnere le proteste e le aspirazioni dei palestinesi».

Per Netanyahu ieri l’incontro con i ministri degli esteri dell’Ue non è stata una passeggiata ma sostenere, come ha fatto un’agenzia di stampa italiana, che l’Europa abbia voltato le spalle a Israele è fuorviante, una fake news. Il nulla di fatto è un buon risultato per il premier israeliano in un ambiente, quello europeo, che lui definisce «ipocrita».

«Ho detto ai ministri europei di smetterla di viziare i palestinesi, che continuano ostinatamente a rifiutarsi di riconoscere lo Stato di Israele». Invece i palestinesi l’hanno già riconosciuto Israele, dopo la firma degli Accordi di Oslo nel 1993, con una seduta speciale a Gaza del loro parlamento, il Consiglio Nazionale. Netanyahu in realtà vuole il riconoscimento di Israele come “Stato del popolo ebraico” che i palestinesi rifiutano perché potrebbe pregiudicare le residue speranze di ritorno nella loro terra d’origine per i profughi delle guerre del 1948 e 1967 ed indebolire lo status dei palestinesi con cittadinanza israeliana.

Che Netanyahu tornerà indenne dall’Europa, lo sapevano bene gli esponenti palestinesi riuniti ieri davanti all’America House di Gerusalemme Est a protestare contro la dichiarazione di Donald Trump. «Gli appoggi di cui gode Israele sono innumerevoli e l’Europa e i Paesi arabi se vogliono davvero schierarsi dalla parte del diritto, dalla parte della Gerusalemme araba, devono fare molto di più. Siamo stanchi delle solite frasi» spiegava Hatem Abdel Qader, personalità tra le più note di Gerusalemme Est e rappresentante del partito Fatah nella zona araba della città.

In quello stesso momento in varie parti della Cisgiordania, come alla periferia di Ramallah e Betlemme e tra le zone H1 e H2 di Hebron, centinaia di palestinesi sono scesi in strada a protestare contro Trump e Israele. In serata Israele ha di nuovo bombardato Gaza dopo un lancio di razzi o colpi di mortaio palestinesi. E non si è saputo nulla del vertice trilaterale al Cairo tra il presidente palestinese Abu Mazen, il re giordano Abdallah e il presidente egiziano el Sisi.

Fonte

Le istituzioni UE e i politicanti faccendieri che le animano fanno veramente ribrezzo, arroganti coi più deboli (tutti quelli che subiscono le politiche di austerità, i migranti, chi reclama il diritto all'autodeterminazione ecc.) e zerbini coi potenti (in questo caso i sionisti d'Israele).
Ennesimo motivo in più per buttare quanto prima gambe all'aria questa unione di interessi sempre più particolari e avulsi dalla popolazione.

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