Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

10/11/2017

Cosa si nasconde dietro il progetto “euro-nukes”

Vincent Brousseau ha lavorato per 15 anni presso la BCE, in particolare nel Sancta Santorum della politica monetaria, ed è uno dei maggiori esperti francesi sull’euro. Ma essendo anche un grande conoscitore della scena politica tedesca e di questioni geostrategiche e militari, ha preparato un dossier del massimo interesse su quello che sta succedendo in Germania intorno alla possibilità di eludere il divieto alle armi nucleari impostole dopo la seconda guerra mondiale, e mettere silenziosamente le mani sulla forza d’urto francese tramite la creazione di una “bomba nucleare europea” («Euro-nukes»). Colpo di mano militare molto inquietante in un periodo in cui le previsioni geopolitiche sono di grande incertezza e turbolenza, ma naturalmente sottovalutato dagli utili idioti della “costruzione europea” e passato per lo più sotto silenzio dalla grande stampa.

Dossier strategico di Vincent Brousseau, 15 luglio 2017

Cos’è il trattato di Mosca?

Alcuni mesi fa, un comunicato dell’agenzia Reuters (di metà novembre 2016) ricordava incidentalmente che nessun accordo di pace è stato firmato tra il Giappone e la Russia dopo la seconda guerra mondiale. Questi due Stati sono quindi, dal punto di vista giuridico, ancora in guerra dal 1945.

Il pomo della discordia ancora presente tra Tokyo e Mosca che impedisce di firmare il trattato di pace rimane la questione delle isole Curili del Sud, ex giapponesi, che Stalin conquistò nel 1945 e l’URSS e poi la Russia hanno sempre rifiutato di restituire.

La notizia di fine anno scorso, dal tono ottimista, assicurava tuttavia che erano stati fatti dei progressi verso questo trattato di pace. Va da sé che, da un punto di vista pratico, tra questi due paesi la pace regna da diversi decenni, ma è il caso di notare che la firma di tali trattati può essere ancora una questione lunga.

Alleata del Giappone durante la Seconda Guerra Mondiale, la Germania ha vissuto la stessa situazione dal 1945 al 1990. È un trattato del 1990 che ha formalmente chiuso le ostilità, 45 anni dopo la capitolazione del Reich. Questo Trattato, il cui titolo ufficiale è “Trattato sullo stato finale della Germania“, è comunemente noto come il Trattato di Mosca. E’ chiamato anche “Trattato 2+4” o “Trattato 4+2” perché fu firmato e ratificato tra:

– i rappresentanti delle due Germanie dell’epoca (Germania occidentale denominata “Repubblica federale tedesca” o “RFT” e Germania orientale “Repubblica democratica tedesca “o” DDR”),

– i rappresentanti delle quattro potenze alleate della seconda guerra mondiale: Francia, Stati Uniti, Regno Unito e URSS.

La firma di questo trattato il 12 settembre 1990 a Mosca aprì la strada alla riunificazione tedesca.

Molto breve, questo trattato, che consiste in un preambolo e dieci articoli, stabilisce con precisione lo status internazionale della Germania unita nel cuore dell’Europa, con il tacito consenso di tutti i suoi vicini. Il trattato regola molti temi sugli affari esteri dei due stati tedeschi, come la demarcazione delle frontiere esterne, l’adesione alle alleanze e le forze militari. Con questo trattato, la Germania dovrebbe nuovamente assumere piena sovranità e diventare uno stato come qualsiasi altro.

Firma del “Trattato di Mosca” il 12 settembre 1990, che ripristina la “sovranità totale” della Germania.
Questo Trattato di Mosca, che consacra la riunificazione e ristabilisce in linea di principio la sovranità della Germania, contiene tuttavia alcune restrizioni molto importanti.

Pertanto, la Germania non è autorizzata a modificare i propri confini, neanche sulla base di un accordo con il paese di frontiera interessato.

Questo, a priori, può sembrare assurdo, ma non lo è, perché l’impegno è preso dalla Germania non nei confronti del paese di frontiera (che in linea di principio potrebbe liberarla da tale impegno), ma verso ciascuno dei quattro alleati, considerati individualmente. Così la Russia potrebbe opporsi a un’ipotetica modifica del confine, ad esempio, ceco-tedesco, anche se i due paesi interessati fossero d’accordo. Va da sé che ciò costituisce una restrizione di ciò che si intende comunemente con la parola “sovranità”.

Dal lato britannico, responsabile della redazione e della ratifica del Trattato di Mosca era Margaret Thatcher. La Thatcher, ancor più di Mitterrand, la sua controparte all’epoca, nutriva una vera diffidenza verso un ritorno della Germania nel consesso delle grandi potenze. Un articolo del Financial Times di inizio 2017 ha ricordato questo utile dettaglio, quasi dimenticato. La Thatcher, dice l’articolo, pensava anche di instaurare un’“alleanza” con l’URSS all’esplicito scopo di contenere l’ascesa di una Germania riunificata, e motivava questa scelta facendo riferimento al periodo del 1941-1945 , quando Londra e Mosca erano alleati contro Berlino. Questo rende bene l’atmosfera.

Un’altra importante e ben nota restrizione si trova nell’articolo 3 del Trattato di Mosca, che pone un divieto permanente alla Germania di avere accesso alle armi nucleari.

Sulla base di questo articolo, la Germania non può né ricercare, né acquisire, né testare, né detenere o utilizzare qualsiasi arma atomica. E questo impegno, di nuovo, è assunto nei confronti di ciascuno dei quattro alleati, considerati individualmente.

Ciò significa che, se per qualche motivo la Germania decidesse di ignorare il trattato e di avviare un procedimento di accesso alle armi atomiche, la Russia – o anche qualsiasi altra delle tre potenze – sarebbe autorizzata di diritto a impedirlo con un’azione militare. Anche qui, si capisce che la sovranità della Germania non è stata restaurata in modo pieno.

Quali sono le posizioni dell’opinione pubblica russa e tedesca su questo argomento?

– La Russia ha, per ovvie ragioni storiche, un forte sentimento di paura verso la Germania. Né il sentimento popolare, né alcun governo russo, come un tempo il governo sovietico, sarebbero disposti a tollerare la minima violazione di questo divieto nucleare.

– La Germania ha, per gli stessi evidenti motivi storici, un forte senso di vergogna per il suo passato bellicoso. L’opinione pubblica tedesca è completamente a favore della rigorosa osservanza del divieto nucleare militare tedesco, ed è sempre stato così. Nessun governo tedesco o ex governo tedesco occidentale si è mai opposto pubblicamente a questa limitazione. C’era un certo sospetto che la Germania orientale tentasse di aggirare il divieto, ma probabilmente sono solo voci infondate.

E tuttavia, è preciso dovere di un governo prevedere ogni scenario. E i tedeschi sono persone metodiche e serie che usano prevedere tutto, anche l’improbabile. Quindi mi risulta difficile immaginare che i leader politici tedeschi non abbiano mai pensato a come rendere il loro paese una potenza atomica.

Cosa si intende per forza atomica?

Lo status di potenza nucleare non si ottiene semplicemente dal possesso di tre testate nucleari immagazzinate sotto un hangar. Comprende un notevole numero di altre cose.

Bisogna non solo avere le armi, ma avere la loro catena produttiva, sapere come mantenerla e proteggerla, averne testato l’efficacia, aver testato naturalmente le stesse armi, sapere ed essere in grado di tenerle al sicuro, avere una catena di comando rigorosa (in particolare per evitare di non essere in grado di utilizzarle, a seguito del tradimento o della morte di un solo uomo).

Devi avere persone addestrate per costruire siti, mantenerli, realizzare dei modelli dell’arma e dei suoi vettori in termini fisici e matematici, costruire i vettori, costruire l’arma in quanto tale, costruire e testare i dispositivi di trasmissione degli ordini in modo sicuro.

Si consideri, per esempio, tutta la logistica necessaria alla Francia per mantenere in permanenza la sua flotta di sottomarini nucleari lanciamissili balistici (SSBN) o lo sforzo scientifico richiesto per riuscire a simulare virtualmente gli effetti dell’esplosione – cosa fondamentale da quando i test nucleari sono vietati.

Ognuna delle cinque potenze nucleari ufficiali ha dovuto quindi sostenere un investimento enorme in tempo, persone e capitali, per decenni. È perciò totalmente irrealistico immaginare che un nuovo soggetto possa diventare una potenza nucleare dall’oggi al domani.

Se Charles de Gaulle non avesse voluto l’ingresso del suo paese nel ristretto club delle potenze nucleari, sarebbe molto difficile per la Francia raggiungere questo obiettivo oggi. È per questo che in Francia sono poche le proposte che il paese rinunci a questo status; provengono da persone che sono più legate ad un ordine mondiale transnazionale che alla sovranità nazionale della Francia. Citerò per esempio la proposta fatta nel 2009 da MM. Juppé, Rocard, Norlain e Richard , oggi quasi dimenticata.

Pertanto, un possibile accesso del nostro vicino tedesco allo status di potenza nucleare sembra a priori un rischio lontano. Anche se, per ipotesi, la Germania pretendesse di eludere l’articolo 3 del Trattato di Mosca, il lavoro da intraprendere sarebbe talmente grande che i quattro alleati avrebbero molto tempo a disposizione per accorgersi della manovra e farla fallire.

Ma abbandoniamoci a un piccolo esercizio di paranoia. Dopo tutto, se io fossi tedesco, senza dubbio avrei già pensato ai modi per aggirare l’ostacolo.

È così impossibile?

Come ho evidenziato prima, diventare una potenza nucleare comporta l’acquisizione di diverse cose che non hanno nulla a che fare l’una con l’altra.

Alcune sono immateriali (creare una rigorosa catena di comando, o addestrare ingegneri e scienziati); per loro stessa natura, queste cose possono essere fatte in maniera relativamente discreta.

Al contrario, il test nucleare iniziale è tutt’altro che discreto; e nel caso della Germania è proibito due volte: una volta a causa dell’articolo 3 del Trattato di Mosca, e l’altra a causa del divieto globale per i test nucleari.

Ma tra questi due estremi?

Tra questi due estremi c’è ad esempio l’acquisizione delle tecnologie necessarie per i missili intercontinentali, o la creazione di una catena di produzione – la realizzazione fisica e la convalida, vale a dire altri tipi di test – e le catene di produzione di altri dispositivi di lancio. Ad esempio, sottomarini.

Tutte queste azioni non possono essere fatte con assoluta discrezione, ovviamente, ma sono meno appariscenti del test di Mururoa del 24 agosto 1968.

Ora, da alcune notizie di attualità, nel corso degli ultimi semestri, risultano dei sintomi che tendono a confermare che potrebbe esserci un silenzioso interesse da parte della Germania a compiere questi passi verso l’accesso al nucleare. Parlerò solo di due di questi sintomi, pur essendo consapevole che possono spiegarsi in modo diverso – e che sono, infatti, spiegati in modo diverso. Ma in questo campo non si è mai troppo diffidenti...

Questi due esempi sono:

– l’ingresso della Germania in Airbus;

– la vendita, o meglio il regalo, fatto dalla Germania a Israele di sommergibili del tipo denominato Dolphin.

Il silenzioso interesse della Germania per la bomba

In primo luogo, l’Airbus. Il gruppo Airbus è stato creato nel 2000 da parte degli Stati francese e spagnolo e da due gruppi privati, uno francese e uno tedesco, sulla base della struttura omonima esistente dagli anni ’70. La scelta del nome, EADS, che non è né francese né spagnolo, né tedesco, testimonia la pretesa “volontà dell’Europa” riguardo al progetto. La quota dello Stato francese nella partecipazione al gruppo è passata dal 48% nel 1999 allo... 11% nel 2015, mentre la quota dello Stato federale tedesco è dell’11% dal 2014.

Inoltre, il gruppo è anche costruttore di missili strategici della Force océanique stratégique (FOST) francese e, di conseguenza, titolare di alcune tecnologie molto avanzate, che riguardano il nucleare ma anche il settore spaziale. (L’aspetto spaziale è particolarmente legato al fatto che le testate di questi missili sono “rientranti”, cioè svolgono parte del viaggio nello spazio e devono rimanere funzionali dopo il rientro nell’atmosfera.)

Stiamo parlando di tecnologie molto avanzate, paragonabili solo alle loro controparti russe e americane. Totalmente fuori dalla portata dei “piccoli candidati” al nucleare come la Libia o la Corea del Nord, sono costate alla Francia un lavoro di diversi decenni.

La struttura di Airbus offrirebbe allo Stato tedesco un modo per recuperare queste tecniche, se decidesse in questo senso? La risposta è che si tratta di una questione di tempo.

Se la Germania ha davanti a sé un orizzonte di qualche anno, è impensabile che non ci riesca. Naturalmente, si suppone che la Germania non dovrebbe voler fare una cosa del genere, ma trovo questa garanzia piuttosto debole.

Diamo un’occhiata alla storia dei Dolphin.

Sono sottomarini di costruzione tedesca. Certamente c’è un mondo tra queste macchine e un SNLE francese. Ma resta il fatto che sono in grado di lanciare testate nucleari con un vettore di missili da crociera. Queste navi sono vendute allo Stato di Israele a tariffe molto vantaggiose, e i primi sono stati decisamente regalati.

Questa strana generosità ha suscitato delle domande.

Leggiamo sul sito irenees.net dell’associazione Modus Operandi, la seguente osservazione:

“Le vere ragioni non sono mai state espresse in maniera esplicita, ma come per voler ‘farsi perdonare’, la Germania si è semplicemente offerta di finanziare integralmente i primi due sottomarini (640 milioni di dollari) e di condividere le spese per il terzo.”

Farsi perdonare? Questa è una spiegazione comoda. Ma c’è una spiegazione meno innocua.

Come ho ricordato, l’accesso allo status di potenza nucleare comporta un notevole numero di passi, tra cui la costruzione, il funzionamento e la verifica delle linee di produzione tramite dei test. “Test”, l’ostacolo è questo. La Germania è stata in grado di creare la linea di produzione dei Dolphin, ma certamente non è in grado di verificare che il prodotto finito possa effettuare un lancio nucleare a causa dell’articolo 3 del Trattato di Mosca.

Tuttavia, può aggirare l’ostacolo facendo fare il test... alla marina israeliana.

Si comprende quindi che il vero pagamento di ciò che sarebbe, altrimenti, un puro e semplice regalo, potrebbe consistere in questo: la convalida del prodotto, che è essenziale e che era la più grande difficoltà. Nessuna forza nucleare è tale senza test e convalide, sia per i vettori e i dispositivi di lancio, sia per le cariche nucleari stesse.

Del resto, questa operazione non è sfuggita alla vigilanza degli esperti, compresi i media russi, dal momento che Sputnik le ha dedicato una sezione speciale nel mese di aprile 2015, per rivelare ai suoi lettori che “Berlino fornirà a Israele un sottomarino a capacità nucleare “.

Ci sono motivi per credere che la direzione politica tedesca non abbia necessariamente rinunciato ad acquisire lo status nucleare, un giorno, nonostante le particolari difficoltà della Germania a perseguire un tale obiettivo.

Ma siccome questo obiettivo non è facile da raggiungere, vediamo se esiste un modo più intelligente. È qui che entra in gioco l’Europa.

La proposta “Kiesewetter”

Roderich Kiesewetter è un deputato tedesco (CDU), membro della commissione parlamentare per gli affari esteri del Bundestag, ed ex ufficiale di stato maggiore del Bundeswehr.

È anche membro, insieme a Andrew Duff, un altro individuo che ho già introdotto ai membri e ai sostenitori dell’UPR, del “European Coucil on Foreign Relations” (ECFR).

I due uomini hanno in comune una insolita specialità: sondano il terreno.

Questa attività consiste nel mettere delle idee sul tavolo, presentandole come proprie, senza coinvolgere personalità o istituzioni ufficiali, sia tedesche che europee (come Juncker o la Commissione Europea). L’obiettivo è vedere se queste idee non provocano particolari reazioni da parte degli altri politici, della stampa e dell’opinione pubblica, o se provocano al contrario una levata di scudi.

Ora, nel novembre 2016, Roderich Kiesewetter ha lanciato un’idea, presentandola come sua, in linea con il suo doppio incarico militare più Affari Esteri.

Questa idea è quella di utilizzare la costruzione europea per aggirare gli ostacoli che ho descritto sopra. Ed è un’idea brillante. Invece di preoccuparsi di avanzare subdolamente verso lo status nucleare, acquisirlo di diritto; in quanto il divieto riguarda la Germania, è possibile acquisirlo non come Germania ma come membro dell’Unione Europea.

L’idea è nata già da un po’ di tempo, e si conforma a una tendenza attuale dello spirito tedesco, che è quella di presentarsi come un bravo membro del mondo occidentale e democratico, piuttosto che un cattivo tedesco capace delle idee più abominevoli. (Per inciso, mi spiego così l’improbabile propensione dei nostri amici tedeschi per la lingua inglese: questione di immagine, soprattutto nei confronti degli altri occidentali.)

Questo pretesto avrebbe potuto essere la Crimea. Avrebbe potuto essere l’«ascesa del populismo». Non avrebbe potuto essere la Brexit, che ha l’effetto di portare fuori dalla UE un paese nucleare, lasciandolo nella NATO. Alla fine, sarà l’elezione di Trump.

La giustificazione è perfetta in relazione alle circostanze:

– l’atteggiamento trasgressivo e la vaghezza di Trump sugli impegni di Washington nella NATO;

– il rischio di perdere l'”ombrello nucleare” americano, agitato nei media euro-atlantici;

– la “minaccia” di una Russia sospettata delle peggiori intenzioni da parte di questi medesimi media.

Sicuramente, l’opportunità di sondare il terreno è perfetta. Se ne prende atto.

Reuters ha quindi presentato l’idea di “Kiesewetter” in una notizia del 16 novembre 2016. Se chi mi legge tiene a mente quanto appena detto, ogni riga del messaggio (in inglese) dovrebbe apparire chiara e trasparente.

Naturalmente, la proposta è accompagnata dalla riaffermazione che “la Germania stessa” non deve diventare una potenza nucleare. Tuttavia questa frase fa parte della retorica obbligatoria. Diamo un’occhiata più da vicino al contenuto concreto della proposta.

La notizia di Reuters rimane vaga ed echeggia soltanto le parole di Kiesewetter, di “dare garanzie nucleari a tutta l’Europa”. Ma egli ricorda anche che la fonte del finanziamento dovrebbe essere un bilancio militare europeo comune – già programmato e che deve partire nel 2019, un dettaglio interessante che non mi pare sia stato riportato da TF1 o da Le Monde.

Tuttavia, un articolo di un altro “think tank” europeo, Carnegie Europe, non ha avuto questi pudori e addirittura parla di “Euro-nukes” (bombe atomiche europee), a cui la Francia potrebbe acconsentire a causa del carico fiscale per lei rappresentato dalla sua forza di dissuasione nucleare. Questa è la sola forma concretamente possibile di “garanzie”. Ma negli “Euro-nukes” c’è tutto: la costruzione, la conservazione, la catena di comando “europea”, che comprende quindi politici e militari tedeschi. Il progetto Kiesewetter sarebbe di gran lunga il modo più efficace per la Germania di ottenere tempestivamente lo status di potenza nucleare.

L’interesse della Germania per il nostro seggio al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite

Dato che le disgrazie non vengono mai sole, l’elezione di Emmanuel Macron probabilmente incoraggerà certi ambienti europeisti a far emergere a breve la proposta di fare del seggio permanente francese al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite un seggio franco-tedesco.

Questa idea – che completerebbe il suicidio della Francia come grande potenza – non è nuova. François Asselineau ne ha parlato in diverse conferenze, sottolineando che è già stata lanciata molte volte nel corso degli anni da Daniel Cohn-Bendit. Ad esempio, quando ha lanciato il suo appello sul Nouvel Obs del 21 luglio 2012 perché la Francia abbandoni il suo seggio permanente al Consiglio di sicurezza “a favore di un seggio franco-tedesco, come avanguardia di un seggio europeo”. Idea ribadita in modo più allusivo e indiretto nel Nouvel Obs del 13 ottobre 2012.

Ma in questi giorni parte della stampa nazionale francese finge di scoprire con entusiasmo questa idea, e il quotidiano Libération addirittura suggerisce che l’opinione pubblica non vedrebbe l’ora che Emmanuel Macron prenda questa decisione...

Ritornando all’idea attribuita a Kiesewetter delle “bombe atomiche europee”, è interessante notare che il 6 marzo 2017 il New York Times ha a sua volta contribuito a dare credito e ad inculcare l’idea nelle menti.

Il prestigioso quotidiano americano scrive infatti: “Un’idea, una volta impensabile, sta guadagnando attenzione nei circoli politici europei: un programma di armi nucleari dell’Unione europea. Secondo un piano di questo tipo, l’arsenale francese verrebbe riorientato verso la protezione del resto d’Europa e sarebbe messo sotto un comando comune europeo, con un piano di finanziamento, una dottrina della difesa o una combinazione dei tre. Sarebbe implementato solo se il continente non potesse più contare sulla protezione americana.”

Niente altro da aggiungere.

Conclusione: alto tradimento?

È chiaro che gli eventi vengono gradualmente messi in atto per far sì che la Francia abbandoni consapevolmente i suoi due massimi punti di forza, che sono il suo seggio permanente al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e l’indipendenza della propria forza nucleare.

Tale evoluzione sarebbe perfettamente compatibile con lo spirito europeista, anche se le sue motivazioni non sono necessariamente puramente europeiste.

Infatti, su cosa si basa l’europeismo? Sulla volontà di smantellare gli Stati nazionali e di cancellare la loro sovranità. Ora, la forza atomica e il seggio permanente – che dobbiamo, sia l’uno che l’altro, all’azione strategica e ostinata di Charles de Gaulle – sono veramente i due ultimi santuari della sovranità nazionale francese.

C’era dunque da aspettarsi che le forze euro-atlantiche – e le élite tedesche – avrebbero cercato di attaccarli, come tutto il resto.

Il processo è avviato. Avrà luogo l’alto tradimento? E Emmanuel Macron è stato portato all’Eliseo dall’oligarchia per questo estremo scopo?

Il fatidico conto alla rovescia avviene mentre il popolo francese, sotto il controllo mentale dei media mainstream, non capisce o si rifiuta di capire cosa sta succedendo.

Più che mai, il Frexit dall’UE, dall’Euro e dalla NATO sono l’ultima chance prima della fine della Storia della Francia come potenza indipendente e sovrana.

Vincent Brousseau

15 luglio 2017

Fonte
Firma del “Trattato di Mosca” il 12 settembre 1990, che ripristina la “sovranità totale” della Germania.

Nessun commento:

Posta un commento