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12/11/2017

#11Novembre. Manifestazione fortissima, alla faccia loro


Scriviamo questo resoconto la mattina dopo, perché – lo confessiamo senza problemi – eravamo anche noi tutti in piazza, quasi increduli di quanta gente fosse scesa a manifestare. E siamo rientrati stanchi, felici e bisognosi di pensare bene a cosa dire.

Inevitabilmente, la prima osservazione riguarda “il nemico”. Mai avevamo visto un così compatto muro di omertà mafiosa contro una mobilitazione di massa. Un muro di silenzio mediatico che costituisce ormai il complemento strutturale della strumentazione più volgarmente repressiva. Sia prima che durante e dopo lo sciopero generale e la manifestazione di ieri. E dire che di giornalisti in piazza se ne sono visti, hanno registrato interviste, fatto domande. Di tutto ciò nulla è arrivato a diventare “prodotto finito”, ossia informazione destinata a raggiungere il pubblico.


Evidente dunque, che “l’ordine regna in redazione”. Meglio dare notizia di qualsiasi stupidaggine, piuttosto che rendicontare di una fetta consistente di un “blocco sociale in formazione” che porta in strada non solo malcontento, ma rivendicazioni, dignità e capacità di indicare un avversario chiaro, un responsabile del malessere sociale crescente. Neanche le capocciate sul naso riuscirebbero a far cambiare atteggiamento a certi “professionisti” della disinformazione di regime, ormai impegnati a far crescere il fascismo nello spazio informativo nella speranza di alimentare abbastanza paura da dirottare sui “partiti di governo” (dai “fascisti ripuliti” fino ai bersaniani più sfigati) il prossimo voto.

Ne prendiamo atto e proviamo noi a coprire la lacuna.

Quella di ieri è stata una prima, importante prova di riunificazione sociale e politica. Non della “sinistra” (parola da abbandonare, ormai), ma di un blocco sociale capace di darsi una visione politica. Ha sbagliato chi non c’era, e sbaglierà ancora se resterà fuori da questo processo.


Le immagini danno il senso dell’ampia composizione sociale e “etnica” che si è riunita. Mentre nelle redazioni blaterano, in piazza si è concretizzata più di altre volte l’unità materiale di lavoratori di qualsiasi colore e con qualsiasi contratto: italiani “popolani”, settentrionali e meridionali, neri, magrebini, asiatici e latinoamericani. Ed anche dipendenti pubblici, operai metalmeccanici, vigili del fuoco in divisa (con la polizia che voleva sequestrare – ad inizio corteo – uno scudo in dotazione perché “di metallo”), precari di tutte le età, facchini della logistica, disoccupati organizzati e non, studenti alle prime sortite fuori dai problemi settoriali (alternanza scuola-lavoro, tetti che crollano, ecc); occupanti e inquilini, delle case popolari o degli “enti in dismissione” che fanno ogni giorno i conti con sfratti, ingiunzioni, truffe. In questo senso si è rivelato decisivo il contributo della Usb reduce da uno sciopero generale che si “è sentito”.


L’invito della Piattaforma sociale Eurostop è stato insomma raccolto da un fronte più ampio, fino a diventare il Comitato 11/11. In equivoco lo striscione d’apertura: “Via il governo delle banche, della precarietà e dei manganelli”, che legava insieme i beneficiari di un modo di governare, la condizione esistenziale di chi è obbligato a lavorare “sotto padrone” e le pratiche repressive incaricate di mantenere entro i confini dell’insignificanza ogni protesta.


La fantasia e la vitalità irrefrenabile dei tanti giovani presenti ha prodotto un clima di festa contagioso, come se soltanto ritrovandosi tutti insieme nello stesso luogo e per la stessa ragione ci si rendesse finalmente conto di non essere in pochi, come accade quotidianamente per gli innumerevoli conflitti locali. Come se si potesse solo ora realizzare che se siamo così tanti, allora qualcosa si può fare, qualche obiettivo si può raggiungere. Come se fosse stato finalmente rotto l’isolamento in cui ognuno è costretto, alla faccia dei media che continuano a praticare la censura.

Un fiume di persone che vogliono essere protagoniste della vita sociale e politica, non una pattuglia di arrabbiati che “sanno dire solo no”. Un fiume di gente che comprende benissimo come il governo sia al servizio di interessi sociali del tutto contrapposti e sotto lo stretto controllo di una “struttura sovranazionale” priva di qualsiasi legittimità democratica.

Le foto sono di Patrizia Cortellessa

Il video della manifestazione e a seguire alcune interviste realizzate da Radio Città Aperta.

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