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13/10/2017

Siria - Truppe turche a Idlib coperte dai qaedisti

La notte scorsa convogli di veicoli militari turchi hanno oltrepassato i confini della provincia di Idlib, nel nord-ovest della Turchia. La nuova operazione, annunciata nei giorni scorsi da manovre militari e dichiarazioni pubbliche, si è concretizzata con l’ingresso nella zona di de-escalation decisa dagli accordi di Astana che Ankara ha siglato con Iran e Turchia.

Secondo fonti turche, si tratterebbe di 12 veicoli militari e 80 soldati, ma i giornalisti presenti alla frontiera tra Siria e Turchia parlando di decine di veicoli e Abu Khairo, comandante dell’Esercito Libero Siriano (formazione di opposizione che da un anno sostiene l’operazione terrestre turca nel nord della Siria), ha riferito di almeno 30 carri armati transitati per il valico di Bab al-Hawa. Gli ingressi proseguiranno nei prossimi giorni.

Non è chiaro quale sia l’immediato obiettivo militare turco, se di mera deterrenza nei confronti dei gruppi presenti nella provincia – non gli islamisti ma le unità kurde presenti ad Afrin, cantone di Rojava nel mirino di Ankara – o di intervento concreto.

Nei giorni scorsi fonti avevano paventato un accordo in fieri tra la Turchia e Hayat Tahrir al-Sham, federazione islamista guidata dall’ex al-Nusra e milizia più potente di quelle presenti a Idlib: nessuno scontro diretto tra “ex alleati”. A darne riprova è sempre Abu Khairo secondo il quale Tahri al-Sham avrebbe scortato i veicoli turchi. “Il convoglio militare turco – ha detto all’agenzia Middle East Eye un altro comandante dell’Els – sta entrando sotto la protezione di Tahrir al-Sham per prendere posizione nella linea del fronte con le Ypg (le unità popolari di difesa kurde, ndr)”.

Di certo c’è la costruzione di siti di osservazioni militari nella zona, secondo quanto dichiarato dall’esercito turco questa mattina, nell’idea ufficiale di implementare la zona di de-escalation prevista. Un’area che in realtà la Turchia punta ad ampliare al prossimo rund di negoziati in Kazakistan a fine mese, includendo proprio Afrin, con l’obiettivo di separare il cantone kurdo occidentale da quelli di Kobane e Jazira, al centro e a est di Rojava.

L’intreccio di alleanze ufficiose torna ad accendere l’attenzione sulle reali mire della Turchia che ha usato per anni le fazioni di opposizione, “moderate” e islamiste, prima in chiave anti-Assad e poi anti-kurda. Se sul primo fronte ha fallito, prova a rimediare con il secondo attraverso il caos. Perché, ormai da lungo tempo, è impossibile definire le linee di demarcazione tra un gruppo e l’altro: unità dell’Els operano al fianco della Turchia non contro l’Isis o al-Nusra, ma contro le Ypg; mentre altre unità del gruppo, considerato per anni l’opposizione armata legittima al presidente Assad, sono parte più o meno integrante della galassia islamista e salafita guidata dall’ex al-Nusra.

E se sale la paura tra i civili che temono una nuova escalation di violenza, a preoccupare è l’intreccio indistricabile tra uno dei protagonisti della guerra civile, la Turchia, e gruppi di matrice islamista e ispirazione qaedista: Ankara pare propensa a salvarli e per quanto possibile farli partecipi del futuro del nord della Siria. Nel frattempo li utilizzerà. Contro i kurdi e Rojava.

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